La prevenzione sotto un paio di baffi. ÈMovember:
il mese dedicato alla salute maschile -Mosta
permoustache-
ideato dalla Movember Foundation in Australia nel 2003, e giunto in
Italia nel 2012.
A novembre di ogni anno, il movimento internazionale, che oggi coinvolge
oltre 20 Paesi per un totale di 5 milioni di persone, invita tutti atagliarsi
la barba e a farsi crescere soltanto i baffi per ricordare agli uomini
di avere cura della propria salute: si cambia faccia, e dunque
atteggiamento, a scopo salutistico. L’iniziativa mondiale è rivolta
soprattutto allalotta
contro iltumore
della prostatae quello del testicolo, con
l’obiettivo di favorire la diagnosi precoce e la ricerca.Il
tumore alla prostata è il più frequente nella popolazione maschile over
50e colpisce ogni anno un uomo ogni otto (con
35.300 casi stimati nel 2018). Eppure, le ricerche dicono che la
conoscenza di questa malattia tra la popolazione è scarsissima.
Movember: gli over 50 non vanno dall’urologo
La prostata, questa sconosciuta. Da una recente indagine su 2.500 uomini
in Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito, condotta
dall’Associazione Europea di Urologia e presentata a metà ottobre scorso
al 91° Congresso Siu, a Riccione, in occasione dell’Urology Week, è
emerso un dato allarmante:la
metà degli intervistati non sa di avere una prostata(o
la attribuisce alle donne) e il 22% non sa comunque dove sia
posizionata.
Non basta:il
43% del campione non si recherebbe dal medico se trovasse delsangue
nelle urine, il 23% aspetterebbe più di un mese prima di
preoccuparsi di un eventuale frequente stimolo di urinare, il 28%
andrebbe dal medico solo dopo oltre una settimana dalla comparsa dibruciore
o dolore alla minzione.
Non stupiscono allora i dati di un altro studio, realizzato tra fine
settembre 2018 e inizio ottobre su oltre 350 ultracinquantenni,
rappresentativi della popolazione di riferimento (per età, distribuzione
geografica e istruzione) e presentata proprio in occasione di Movember.
L’indagine rivela chequasi
la metà dei cinquantenni non è mai andata dall’urologoe
più ditre
persone su dieci non hanno mai effettuato il test del PSA (l’antigene
prostatico specifico). In sintesi:quasi
un uomo su quattro (il 23%) non ha mai fatto nulla per la diagnosi
precoce del tumore della prostata.
Movember, serve più consapevolezza sulla prevenzione
Il 76% delle persone coinvolte della ricerca, in effetti, è convinto che
da questo tumore si guarisca sempre. Ed è vero cheoggi
sopravvive il 90% di chi si ammala. Masenza
prevenzione la diagnosi precoce è impossibile, soprattuttonel
caso di un tumore, come quello alla prostata, che nelle sue
fasi inizialiè
asintomatico. E anche più tardi, in fase avanzata, presenta
segnali aspecifici, come la difficoltà a urinare, il bisogno di farlo
spesso o la presenza di sangue nelle urine o nello sperma. Sintomi che,
però, sono gli stessi di altre patologie, benigne, come l’ipertrofia
prostatica.
Il punto è che, al di là dei decessi (oltre 7mila l'anno), la scarsa
conoscenza di questo tumore porta a ignorare un dato importante: ecioè
l’impatto invalidante della malattia sulla qualità di vita, anchesessuale.
Quasi tutti gli intervistati (l’83%), sono consapevoli di non saperne
molto.
Ilproblema
dunque, potrebbe essere di natura culturalese si
pensa, per altro, che molte persone evitano di sottoporsi
all’esplorazione digito-rettale dall’urologo, una visita essenziale per
l’individuazione del tumore della prostata, e si accontentano invece del
semplice test del PSA, che però può non sempre essere affidabile.La
campagna Movember serve a sensibilizzare e riflettere su tutto questo,
con l’obiettivo diaumentare
la conoscenza della salute maschile tra gli uominie
la consapevolezza dell’importanza della prevenzione per la propria
salute.
Per approfondire guarda anche: “Biopsia alla prostata”
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SCRITTO DA:
MARA PITARI
Giornalista & web content editor
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Nel minaccioso monito racchiuso in questa frase si
condensa uno spaccato di vita quotidiana e pubblica
igiene dell’antica Roma. Con dovuta perifrasi, la frase
spesso riportata sui muri della città significa infatti:
“Attento a te, viandante che cerchi dove liberare il tuo
intestino”. E sottintende: non farlo in luogo
inappropriato, ad esempio davanti alla porta della mia
casa…
Questo riferimento, insieme a molti altri di cui si
trova traccia fin dalle civiltà più antiche, fa
comprendere come l’evoluzione delle abitudini
“defecatorie” sia tutt’altro che un fatto banale,
essendo frutto di una laboriosa sintesi fra natura e
cultura.
La storia del WC porta infatti con sé da un lato la
questione “civica” dello smaltimento dei liquami e degli
escrementi umani, che in ultima analisi è la ragione per
cui fu necessario dotare le città quantomeno di sistemi
fognari comuni e poi anche di dispositivi domestici,
deputati allo scarico nelle singole abitazioni.
Dall’altro ha a che fare con molte altre considerazioni
di ordine culturale, appunto: legate ad esempio al
mutare delle consuetudini igieniche, non di rado
condizionate da superstizione religiosa e magia, a
stretto confine con la medicina; ma anche al senso del
pudore e al suo mutare nel tempo, toccando quindi la
sfera psicologica e simbolica.
Come si può immaginare, il WC, dal termine inglese Water
Closet coniato nel 1778, è stata una vera e propria
conquista, una battaglia di civiltà vinta faticosamente
attraverso i secoli e sempre con un andamento
altalenante ed incerto, passando per standard igienici
per noi in molti casi raccapriccianti: dai fasti del
leggendario Palazzo di Cnosso alle Terme Romane, elevate
a luogo di incontro per eccellenza in cui stipulare
affari e intrattenere relazioni sociali sotto gli occhi
dei saggi filosofi (nell’immagine di apertura, Talete
alle terme di Ostia); dal sudiciume universale dell’età
di mezzo, tanto infernale da avere condizionato
l’immaginario dantesco, alle “sedie comode” dei grandi
monarchi europei, a cominciare dal Re Sole, che teneva
udienze su “seggette” sontuosamente decorate, ma pur
sempre destinate ad usi ben poco nobili…
E, come se non bastasse, anche la superstizione, la
religione e le credenze pseudo scientifiche ostacolarono
significamente questa evoluzione. Pensiamo alle Sante
medievali, protagoniste di eroiche quanto insensate
astinenze dalla defecazione in nome di una purezza solo
spirituale. Per non parlare delle bizzarre vicende del
clistere.
Utilizzato dagli Egizi ad imitazione dell’Ibis, uccello
sacro spesso raffigurato nell’atto di “purgarsi”, cioè
di penetrare con il becco il proprio orifizio anale per
immettervi acqua salata ritenuta purgativa, divenne dopo
il Medioevo un rimedio curativo pressochè universale,
fino all’incredibile innovazione parascientifica secondo
cui, per evitare il cattivo odore delle feci, si doveva
inondarsi di liquidi con essenza profumata, o
addirittura, sovvertendo ogni logica fisiologica e
metabolica alimentarsi mediante clisteri contenenti
cibo…
Dopo il tramonto della civiltà delle terme, avevamo
lasciato l’Europa dell’Età di mezzo dominata da un
sozzume universale. E così la ritroviamo con le grandi
città ottenebrate da miasmi insostenibili anche negli
anni del cosiddetto Rinascimento.
Piuttosto che tentare di risolvere il problema
strutturale dello smaltimento degli escrementi, si provò
a coprirne gli odori con il profumo e solo secoli dopo,
grazie ai progressi scientifici, quando si cominciò ad
intuire la pericolosità delle esalazioni fecali,
portatrici di epidemie e morte, si cominciò a pensare di
dotare le città di fognature e anche l’evoluzione dei
servizi igienici, pubblici e privati, subì
un’accelerazione.
Avvenne in Inghilterra, patria ingegneristica del WC, e
non a caso terra della rivoluzione industriale, cui si
deve l’invenzione che ha sancito la vittoria dell’igiene
sulla sporcizia, della cultura sulla natura.
L’igiene divenne uno status symbol, che contrapponeva
braccianti e nuovi borghesi, divenne una materia da
insegnare a scuola, divenne sinonimo di civiltà. Gli
sforzi per creare reti fognarie efficienti si
moltiplicarono, fino a quando, nella seconda metà del
’900, la cultura del bagno si affermò definitivamente.
Dopo le devastazioni della Seconda Guerra Mondiale, si
passò alla fase di ricostruzione e il boom economico
assecondò il desiderio di rinnovamento, le speranze di
una vita migliore e la voglia di lasciarsi alle spalle
anni di sofferenze.
Ma neanche allora feci ed escrementi vennero rimossi del
tutto dalla nostra storia: il legame inscindibile con la
fisiologia corporale (e quindi con ogni individuo, ma
anche con la coscienza collettiva), divenne materia di
indagine della psicoanalisi.
Cosa ci ha portati a reprimere ciò che Freud definisce
“carattere anale” in favore di una pulizia associata
all’idea di ordine e parsimonia? La questione resta
aperta: il tabù sopravvive pressoché incolume fino ai
nostri giorni e rimane un argomento ancora in grado di
scuotere e scandalizzare, suscitando reazioni che
oscillano fra sdegno, rifiuto, imbarazzo e incontenibile
ilarità.
Insomma, il tema è controverso e, mentre ci impegniamo a
celarlo dietro ai dovuti eufemismi, scusandoci ancora
una volta per le poche eccezioni in cui vi imbatterete
nelle prossime pagine, viene in mente il caso
emblematico della “merda d’autore” (con rispetto
parlando, s’intende…).
Chi avrebbe mai immaginato che un giorno una lattina di
escrementi sarebbe stata battuta all’asta per ben 17.000
sterline (l’anno è il 1998) e che sarebbe diventata un
oggetto da esporre, magari in salotto?
Modello 730/2018: breve guida per la detrazione delle
spese mediche
Quali sono le spese mediche generiche e specialistiche
ammissibili con le ultime indicazioni contenute nella guida al
visto di conformità a cura dell’Agenzia delle Entrate (circolare
n. 7/E/2018)
Lespese
sanitarierappresentano la categoria più
diffusa tra glioneri
detraibili presenti nel modello 730che danno
diritto a un risparmio d’imposta del 19% della spesa sostenuta.
Ecco quali sono le spese mediche generiche e specialistiche
ammissibili con leultime
indicazionicontenute nella guida al visto di conformità a
cura dell’Agenzia delle Entrate (circolare n. 7/E/2018).
Vengono comunemente definite spese mediche generiche:
le prestazioni rese da un medico generico, vale a dire privo
di specifica specializzazione;
le prestazioni rese da un medico specializzato in una branca
diversa da quella della propria specializzazione;
le spese per il rilascio di certificati medici per usi
diversi (patente, porto d’armi, usi sportivi, idoneità
sportiva);
le spese per l’acquisto di medicinali e farmaci, anche
omeopatici.
Per poter inserire la spesa medica nel modello dichiarativo è
necessario esibire la fattura o ricevuta sanitaria rilasciata
dal medico, la ricevuta del ticket nel caso in cui la
prestazione sia resa nell’ambito del servizio sanitario
nazionale, lo scontrino parlante per i farmaci.
Lespese
mediche specialistiche, invece, sono rappresentate
dalle prestazioni rese da un medico specialista nella
particolare branca cui attiene la sua specializzazione.
Si tratta, ad esempio, delle prestazioni rese da:
medico omeopata;
cardiologo;
dentista;
psichiatra;
psicologo e psicoterapeuta;
medico legale;
dietologo;
biologo nutrizionista.
Rientra tra le prestazioni specialistiche l’ampia gamma degliesami
di laboratorioquando vengono eseguiti presso centri
autorizzati operanti sotto la responsabilità tecnica di uno
specialista. In via indicativa si tratta degli esami di
laboratorio ordinari, gli elettrocardiogrammi, gli
elettroencefalogrammi, la TAC, le risonanze magnetiche, le
ecografie, le indagini laser, la dialisi, l’anestesia epidurale,
le indagini di diagnosi prenatale, l’amniocentesi, la
villocentesi, l’inseminazione artificiale, la ginnastica
correttiva e riabilitativa degli arti, nonché particolari
terapie quali la chiroterapia, la cobaltoterapia, la
iodioterapia e la neuropsichiatria.
Sono detraibili ai fini fiscali anche tutte leprestazioni
sanitarie erogate dalle figure para sanitarie professionaliindicate
nel D.M. salute 29 marzo 2001, e riportate nel recente decreto
Lorenzin sul riordino delle professioni mediche (L. n. 3/2018).
Si tratta delle figure professionali di:
infermiere e infermiere pediatrico;
ostetrica/o;
podologo;
fisioterapista;
logopedista;
ortottista – assistente di oftalmologia;
terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva;
tecnico della riabilitazione psichiatrica;
terapista occupazionale;
educatore professionale;
tecnico audiometrista;
tecnico sanitario di laboratorio biomedica;
tecnico sanitario di radiologia medica;
tecnico di neurofisiopatologia;
tecnico ortopedico;
tecnico audioprotesista;
tecnico della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione
cardiovascolare;
igienista dentale;
dietista;
tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di
lavoro;
assistente sanitario.
Le prestazioni rese dalle professionipara
sanitarieappena indicate sono detraibili
anche senza la prescrizione medica.
È, invece, richiesta laprescrizione
medicaper la detrazione delle spese
relative:
alle cure termali con esclusione delle spese di soggiorno;
alle prestazioni chiropratiche, purché eseguite in centri
all’uopo autorizzati e sotto la responsabilità tecnica di
uno specialista;
ai trattamenti di mesoterapia o ozonoterapia effettuati da
personale medico o da personale abilitato dalle autorità
competenti in materia sanitaria.
La detrazione spetta adeterminate
condizioniper le:
Le prestazioni di dermopigmentazione (tatuaggio) delle
ciglia e sopracciglia effettuate per rimediare a danni
estetici causati dall’alopecia universale nonché le
prestazioni di luce pulsata per sopperire ai danni estetici
provocati dall’irsutismo. Al riguardo occorre la
certificazione medica attestante la necessità
dell’intervento, che deve essere eseguito presso strutture
sanitarie autorizzate.
La conservazione delle cellule del cordone ombelicale ad uso
“dedicato” per il neonato o consanguinei con patologia e con
approvazione scientifica e clinica. La conservazione deve
avvenire esclusivamente presso strutture trasfusionali
pubbliche o individuate dalla disciplina vigente in materia.
La detrazione non spetta, invece, per le spese relative
a:
conservazione delle cellule staminali del cordone ombelicale
ad uso “autologo”, cioè per future esigenze personali;
prestazioni rese dai pedagogisti, in quanto quella del
pedagogista non può essere considerata una professione
sanitaria;
prestazioni di massofisioterapia rese da soggetti aventi
titoli conseguiti dopo il 17 marzo 1999, anche in presenza
di prescrizione medica;
trattamenti di haloterapia (o Grotte di sale);
acquisto e realizzazione di una piscina, ancorché utilizzata
per scopi terapeutici (idrokinesiterapia), considerato che
l’agevolazione interessa il trattamento sanitario e non
anche la realizzazione o l’acquisto delle strutture nelle
quali il trattamento può essere svolto;
frequenza di corsi in palestra anche se accompagnati da una
prescrizione medica.
Anche se la legge Lorenzin (art. 7, L. n. 3/2018) ha posto le
basi per il riconoscimento delle professioni sanitarie diosteopataechiropratico,
in attesa dei relativi regolamenti di attuazione, al momento,
l’Agenzia delle Entrate nega la possibilità di detrarre le spese
per le prestazioni rese da questi ultimi. Per l’anno d’imposta
2017, vale ancora la regola secondo la quale le prestazioni di
osteopatia e chiropratica, riconducibili alle competenze
sanitarie previste per le professioni sanitarie riconosciute,
sono detraibili se rese da iscritti a dette professioni
sanitarie.
(Reuters Health) – L’influenza aumenterebbe di sei volte il rischio di andare
incontro a infarto del miocardio, nei primi sette giorni di malattia. È quanto
emerge da uno studio pubblicato dalNew
England Journal of Medicinee coordinato da Jeffrey Kwong,
dell’Institute forClinical
Evaluative Sciencesdi Toronto.
Lo studio
I ricercatori hanno analizzato 364 pazienti con infarto tra il 2008 e il 2015,
residenti nella provincia dell’Ontario e di età superiore a 35 anni. Per infarto
sono state ricoverate 20 persone nei sette giorni successivi alla diagnosi di
influenza, rispetto a una media di 3,3 a settimana nelle 52 settimane prima e
nelle 51 settimane successive alla finestra di sette giorni della malattia
infettiva. Il rischio di infarto, inoltre, diminuiva significativamente
dall’ottavo giorno in poi dalla diagnosi di influenza. Delle persone che
avrebbero subito un infarto durante il periodo di recupero dall’influenza, il
69% non era vaccinato, mentre per il 76% quello del periodo influenzale p stato
il primo attacco cardiaco. Inoltre, il rischio di infarto risultava leggermente
aumentato per gli adulti oltre i 65 anni e per le persone infette dall’influenza
di tipo B, anche se questi aumenti non risultavano statisticamente
significativi.
Stress per l’organismo
“L’influenza è un fattore di stress per l’organismo. Può aumentare
l’infiammazione, il cuore batte più velocemente e può attivare le piastrine,
aumentando la possibilità che si formino coaguli. Tutti fattori che possono
contribuire all’insorgenza di un infarto”, conclude Kwong, che sottolinea,
comunque, come lo studio sia stato condotto su persone che avevano sintomi
influenzali evidenti. “Non sappiamo – chiarisc – se questi risultati sono
applicabili alle persone che hanno infezioni più lievi”. Secondo Erica Jones,
del HeartHealth Program della Weill Cornell Medicine di New York, il risultato,
però, non sarebbe sorprendente. Inoltre, l’esperta, che non era coinvolta nello
studio, sottolinea l’importanza della vaccinazione. “Anche se il vaccino
antinfluenzale non è perfetto protegge e fa sì che l’influenza sia meno grave,
anche se lo studio non ha valutato questo aspetto”. Se si contrae l’infezione,
poi, “è importante non ignorare i sintomi che potrebbero suggerire un attacco di
cuore, come dolori al petto e respiro corto”.
Fonte: New England Journal of
Medicine
Gene Emery
(Versione italiana Quotidiano
Sanità/Popular Science)
Il primo caso in Italia di applicazione delle nuove norme a una malata
di Sla
Per depositare le
proprie disposizioni sul fine vita ci si può rivolgere a un notaio o
pubblico ufficiale, ma è possibile farlo anche davanti a un medico del
Servizio sanitario nazionale. Le volontà sono sempre
revocabili ed ognuno potrà disporre il rifiuto dei trattamenti sanitari,
incluse la nutrizione e l'idratazione artificiali.La
legge sulle 'Disposizioni anticipate di trattamento' (Dat), o Biotestamento,
regolamenta le decisioni sul fine-vita. La legge prevede che "ogni persona
maggiorenne, capace di intendere e volere, in previsione di una eventuale
futura incapacità di autodeterminarsi, può, attraverso
Disposizioni
anticipate di trattamento, esprimere le proprie convinzioni epreferenze
in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto
a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, ivi
comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali", e di farlo
senza soffrire, dunque sotto sedazione. -
CHI PUO' FARLO:
Le persone maggiorenni e capaci di intendere e di volere. -
A COSA SERVONO LE
DAT:A far sì che, in previsione dell'eventuale
impossibilità di esprimersi, si possa dare il consenso, o il rifiuto,
rispetto a trattamenti sanitari, esami diagnostici e terapie. -
I REQUISITI:
Bisogna aver ricevuto informazioni adeguate sui benefici e sui rischi delle
cure e degli esami, nonché sulle possibili alternative e sulle conseguenze
del rifiuto terapeutico. -
COME SI ESPRIMONO
LE DAT: Mediante un atto pubblico, o una scrittura privata
autenticata, oppure con scrittura privata semplice, consegnata all'ufficiale
dello Stato civile del proprio Comune di residenza, o alle strutture
sanitarie. -
QUANTO DURANO:
Non si prevede un termine massimo. E' possibile rinnovare, modificare o
revocare le DAT in ogni momento. Il Biotestamento è esente dall'obbligo di
registrazione tributaria, dall'imposta di bollo e da qualsiasi altro tributo
o imposta. -
IL RUOLO DEL
MEDICO: I 'camici bianchi' devono rispettare il biotestamento:
possono disattenderlo in tutto, o in parte, e solo in accordo con il
fiduciario (quando la persona non è più in grado di autodeterminarsi), se
non corrisponde alle condizioni cliniche del paziente, o se sono
sopraggiunte terapie (imprevedibili quando sono state scritte le Dat) che
offrano al paziente concrete chance di miglioramento. -
IL RUOLO DEL
NOTAIO:Spetta al notaio, in caso di atto pubblico e
scrittura privata autenticata, verificare che le Dat abbiano tutti i
requisiti di legge.
Malata di Sla dice
basta, primo caso dopo biotestamento
Ha combattuto per
cinque anni la sua battaglia contro la Sla,poi ha
scelto di dire basta e di staccare la spina, incoraggiata dalla legge sul
Biotestamento entrata in vigore il 31 gennaio, dopo la pubblicazionesulla
Gazzetta ufficiale. Patrizia Cocco, bella e solare donna nuorese di 49 anni,
se n'è andata con il sorriso,sabato scorso,
stringendo la mano di sua mamma e dei suoi cari. E' stata la prima in Italia
ad aver voluto applicare la legge sul fine vita, dopo aver dato il suo
assenso ai medici alla rinuncia alla ventilazione meccanica e all'inizio
della sedazione palliativa profonda.
"E' stata una
scelta di Patrizia molto lucida e coraggiosa -ha
detto il suo avvocato, nonché cugino, Sebastian Cocco -. La nuova legge
permette ai medici di dare subito esecuzione alla volontà del paziente,senza
doversi rivolgere al giudice, come succedeva prima della sua entrata in
vigore, e così a Patrizia è stato permesso di fare la sua scelta".
"La legge, che tutela tra l'altro il diritto alla salute e
all'autoderminazione, lei la aspettava da anni, da quando sentiva di essere
imprigionata nella malattia, dentro la quale sopravviveva a una vita che
lei, in quelle condizioni, non voleva vivere", ha aggiunto l'avvocato Cocco.
Patrizia aveva
chiesto informazioni anche all'Associazione Luca Coscionisu
come porre fine alla sua vita. Non poteva permettersi il suicidio assistito
in Svizzera, raccontano all'associazione, e le era stato consigliato
di chiedere al medico di astenersi dall'accanimento terapeutico, come aveva
ottenuto un altro malato,Walter Piludu, dopo una
battaglia in tribunale. Ma la nuova legge le ha evitato il ricorso ai
giudici. La notizia ha scosso profondamente la città di Nuoro. Patrizia tra
pochi giorni avrebbe compiuto 50 anni. Ha lavorato come commessa, poi aveva
aperto un'agenzia di viaggi. In
centinaia ieri sono andati al funerale e si sono stretti ai familiari nella
chiesa di San Domenico Savio,dove una folla commossa
ha accompagnato questa donna caparbia e determinata per l'ultimo viaggio.
"Vola in alto amica bella, là dove risiede la nostra stima per te. La tua
dolcezza e la tua bellezza ci
hanno regalato un'amicizia speciale e sofferta",hanno
scritto due amiche di Patrizia su Facebook, in mezzo a centinaia di messaggi
rivolti alla sua scomparsa prematura.
1 febbraio 2018
Prescrizione di farmaci e aspetti
economici
Oggi nello svolgimento della sua
professione il clinico non può esimersi
dal considerare anche alcuni aspetti di
economia legati alla prescrizione dei
farmaci. In particolare: “Se riflettiamo
che lo switch da una terapia con farmaco
branded a una terapia con generici
potrebbe far risparmiare importanti
risorse al sistema Paese e agli stessi
pazienti è comprensibile come questi
risparmi potrebbero favorire capitoli
dell’assistenza sanitaria che potrebbero
giovarsi di un maggior afflusso di
energie” - commenta sul tema il Prof.
Gioacchino Tedeschi. In ambito
neurologico spesso i pazienti sono
anziani e affetti da più patologie per
cui il rapporto che il medico ha con il
malato è particolarmente importante. Uno
degli aspetti su cui il clinico dovrebbe
porre particolare attenzione è proprio
spiegare al paziente che i farmaci
generici sono bioequivalenti ai loro
originator e sovrapponibili in termini
di efficacia e sicurezza ai branded di
riferimento.
Trenta morti: è la peggiore epidemia influenzale. Presto nuovi vaccini
Mai così forte dal 2004, già colpiti 4 milioni. L'impatto è ststo
superiore al previsto, 140 casi gravi
Con quasi 4
milioni di italiani già allettati, quella attuale è la "peggiore epidemia
influenzale degli ultimi 14 anni" e "probabilmente a fine stagione
ci saranno più allettati di quanto inizialmente previsto".Mentre
il contagio continua la suo corsa, colpendo in una sola settimana 832mila
persone, a fare il punto è Walter Ricciardi presidente dell'Istituto
Superiore di Sanità(Iss). Ci sono anche tre donne in
gravidanza tra i 140 casi gravi di influenza confermati da settembre a oggi,
mentre sono già ben 30 i decessi. La Lombardia è la regione in cui, causa
anche una migliore sorveglianza, se ne sono registrati di più: 45 casi gravi
e 5 decessi.
"La
circolazione del virus influenzale quest'anno è molto intensa, superioreanche
quella della stagione pandemica del 2009/10 e paragonabile solo alla
stagione 2004/05", specifica Antonino Bella del Dipartimento Malattie
Infettive dell'Iss e curatore del rapporto epidemiologico Influnet. "Non c'è
dubbio - specifica Ricciardi -che
la diffusione dell'influenza quest'anno sia superiore a quanto atteso". Le
stime infatti parlavano di un impatto che era stato calcolato attorno ai 5
milioni di casi totali. I dati, aggiunge, "sono eclatanti". Il
nuovo bollettino Influnet registra infatti 3 milioni 883 mila contagi
avvenuti da inizio stagione fino a metà gennaio, "quindi in un momento in
cui il virus ancora sta circolando molto" e ancora ufficialmentecon
sarebbe stato superato il picco dell'epidemia, momento dal quale in poi i
casi cominciano a scendere. In particolare, nella seconda settimana
del 2018, il numero degli italiani colpiti dall'influenza è stato pari a
circa 832.000.
Numero ancora da
consolidare ma sostanzialmente stabile rispetto alla prima settimana
dell'anno, quando i numeri non consolidati parlavano di 802.000
casi, mentre quelli consolidati di 841.800. Il livello di incidenza in
Italia, nella seconda settimana del 2018, sulla base delle segnalazionidei
medici sentinella, è ancora "molto alto" ed è pari a 13,73 casi per mille
assistiti. La fascia di età maggiormente colpita
è quella dei bambini al di sotto dei cinque anni in cui si osserva
un'incidenza pari a circa 30,8 casi per mille assistiti. Due i motivi
principali di questa alta diffusione dei contagi, chiarisce Ricciardi."Il
primo è che le coperture vaccinali sono state scarse negli anziani, nei
sanitari e negli italiani in generale. In secondo luogo, circa il 60% dei
vaccini somministratiera trivalente e copriva solo
tre ceppi mentre il vaccino quadrivalente, che fornisce copertura anche
contro il quarto ceppo, è stato somministrato solo nel 40% dei casi.
Questa - puntualizza - è una lezione che deve servirci per il futuro: chi
compra i vaccini, ovvero le Regioni, dovrebbe farlo comprando quelli a
maggior copertura e non quelli più economici".
InVeneto
il vaccino antinfluenzale quadrivalente è stato acquistato ed erogato per
tutte le categoriea rischio e per gli operatori
sanitari", ha replicato l'assessore alla Sanità della Regione, Luca Coletto
''Riusciamo a tenere i conti in ordine, ma non sulla pelle della gente.
Peraltro la circolare ministeriale di inizio stagione - haaggiunto
Coletto non indicava la necessità e nemmeno l'opportunità di usareil
quadrivalente e non il trivalente, ma conteneva solo un mero elenco di
vaccini disponibili".
Nuovo vaccino
Il vaccino contro
l'influenza si prepara a cambiare: è allo studio una nuova versione basata
su un virus mutante, particolarmente vulnerabile agli attacchi del sistema
immunitario.Si
somministra con uno spray nasale e i risultati positivi ottenuti
negli animali lasciano pensare che il vaccino potrebbe essere efficace
contro più ceppi dei virus dell'influenza. In dirittura d'arrivo i test
sull'uomo. Pubblicato sulla rivista Science, il risultato è stato ottenuto
dal gruppo dell'università della California a Los Angeles guidato da Ren
Sun.La
ricerca, durata quattro anni, potrebbe aprire la strada a quello che da
molti anni è considerato il Sacro Graal della ricerca in questo campo, ossia"un
vaccino universale contro l'influenza, che dovrebbe ovviare al bisogno di un
vaccino annuale, fornendo una protezione che duri nel tempo", hanno rilevato
in un commento su Science, gli immunologi John Teijaro e Dennis Burton,
dell'americano The Scripps Research Institute.
Il segreto del
virus mutante è la sua grandissima sensibilità agli attacchi del sistema
immunitario: il virusè stato cioè modificato in modo
da disattivare i meccanismi che in condizioni normali utilizza per
neutralizzare le difesa dell'organismo. "Disabilitando questa funzione, il
virus si indebolisce",ha
detto Yushen Du, primo autore dello studio. Così disarmato, viene facilmente
aggredito dal sistema immunitario. Quest'ultimo chiama a raccolta le sue
forzeper combatterlo e produce indisturbato le
proteine che il sistema immunitario schiera in prima linea contro il virus.
La risposta immunitaria stimolata dalla somministrazione del virus mutante,
ha rilevato Du, "è molto forte". I ricercatori hanno impiegato quattro anni
per ottenere il virus mutante e in linea di massima, questa tecnica potrebbe
valere per i tanti ceppi dei virus influenzali ogni anno in circolazione edè
proprio questo aspetto a suggerire ai ricercatori che potrebbe finalmente
essersi aperta la strada versoun vaccino universale.
Altrettanto rivoluzionaria è la modalità di somministrazione per mezzo di
uno spray nasale: questo promette un vaccino più 'facile', che non richiede
un'iniezione e che si può auto-somministrare a casa.
Complicanze e polmoniti tra gli anziani, si va verso il picco
epidemico
Continuano ad
aumentare i casi di influenza, mentre ci si avvicina al picco stagionale,
e la 'colpa' è anche di un virus 'imprevisto' la cui circolazione si è
intensificata negli ultimi giorni. Ad affermarlo è Fabrizio Pregliasco
(nella foto), ricercatore dell'Università di Milano e Direttore
sanitario IRCCS Galeazzi: "Si
tratta del virus cosiddetto Yamagata, verso il quale il vaccino
trivalente non garantisce una totale protezione".
"Quello che
stiamo verificando - spiega il virologo - è un aumento recente della
circolazione del virus Yamagata, che è una famiglia dei virus
influenzali di tipo B.Tale
virus circolava già lo scorso anno ma non ha colpito in modo massiccio,
mentre a prevalere la scorsa stagione è stato invece il virus B
denominato Vittoria. Anche quest'anno non si prevedeva una sua
diffusione, perché i virus influenzali più diffusi e circolanti sono
quelli di tipo A". Il fatto, sottolinea Pregliasco, è che "le
vaccinazioni antinfluenzali disponibili sono quella trivalente, che
protegge dai virus AH1N1, AH3N2 ed il virus B, equella
quadrivalente che prevede una protezione più ampia contro il virus B.
Al contrario, la trivalente non assicura una protezione totale contro
quest'ultimo virus, le cui 'famiglie' circolanti possono essere varie".
L'impennata di
casi che si sta registrando nell'ultimo periodo, afferma il virologo,"può
essere dunque parzialmente imputata al fatto che le persone che hanno
avuto somministrato il vaccino trivalente possono essere risultate non
protette rispetto alla famiglia Yamagata del virus B". Tuttavia,
sottolinea, "il
motivo principale dell'aumento dei casi è dovuto al fatto che i virus B
colpiscono prevalentemente i giovani ed i bambini, che continuano a fare
da 'untori' facilitando la diffusionedella
patologia e l'aumento dei casi". Secondo l'ultimo
bollettino della rete di sorveglianza Influnet dell'Istituto superiore
di sanità, nella scorsa settimana si sono registrati 802.000 nuovi casi
e sono già in totale 3 milioni gli italiani che sono stati colpiti
dall'influenza.La
fascia di età maggiormente colpita è quella dei bambini al di sotto dei
cinque anniin cui si osserva un'incidenza pari a
circa 28,5 casi per mille assistiti e quella tra 5 e 14 anni pari a
15,1.
Ancora in
aumento anche il numero di casi nei giovani adulti in cui l'incidenza è
pari a 13,4 e negli anziani con 8,1 casiper mille
assistiti. Proprio tra gli anziani, conferma Pregliasco, "si
registra inoltre la maggiore incidenza di complicanze, con un
aumento di oltre il 20% di accessi ai Pronto soccorso soprattutto per
casi di polmonite, una complicanza da non sottovalutare".
Nel Medioevo camminavamo in modo diverso (e più salutare)
Nel Medioevo camminavamo in modo molto diverso da oggi, ma di sicuro
(almeno secondo gli studiosi) molto più salutare
NelMedioevocamminavamo
in modo molto diverso e, per gli esperti, più salutare. Lo svelano
diversericerche
scientifichesecondo cui nel corso dei secoli
l’uomo avrebbe iniziato a camminare in un modo totalmente sbagliato. Il
problema sarebbe iniziato conl’introduzione
dei tacchinelle scarpe. Questa comodità avrebbe
spinto le persone a muoversi posando a terra tutto il piede, tallone
compreso. Nulla di più sbagliato perché, come dimostrano vari studi,
questo modo di camminare provocherebbe nel tempo graviproblemi all’intera
struttura scheletrica.
Per gli esperti non siamo assolutamente progettati permuoverci
in questo modo, ma il nostro corpo sarebbe stato creato per
farcicamminarein
punta di piedi. Proprio così: il metodo migliore per procedere avanti
sarebbe farlo sulle punte,con
delicatezza e lentamente, proprio come fanno i ballerini.
Questo tipo di camminata era particolarmente in voga nel Medioevo e nel
Rinascimento, quando le persone indossavano scarpe che avevano più la
forma di un guanto che delle calzature che conosciamo oggi. La fragilità
di queste scarpe spingeva gli individui a camminare molto piano esempre
in punta di piedi,facendo molta attenzione.
Questo modo di muoversi avrebbe consentito agli individui di evitareproblemi
alla colonna vertebrale, ma anche di spostarsi con maggiore
facilità. A quanto pare infatti i movimenti sulle punte sono, nel lungo
periodo, meno faticosi e consentono dipercorrere
molti chilometrisenza accusare dolori o
stanchezza. Ma c’è di più, perché la “camminata in punta di piedi”,
sarebbe propria anche dei bambini, che adotterebbero questo metodo
quandomuovono
i primi passi.
L’invenzione delle moderne scarpe, che presentano iltacco,
avrebbe cambiato tutto, spingendo le persone a modificare questa
salutare e primitiva tendenza e spingendole a camminare posando tutto il
piede a terra e non più solo le punte. Una buona regola che, per molti
esperti,dovremmo
riprendereper sentirci meglio.
Secondo Hiram Castillo Michel della
European Synchotron Radiation Facility
di Grenoble, le infezioni cutanee sono
comuni effetti collaterali dei tatuaggi,
e spesso si riferiscono al contempo
granulomi ed allergie, che compaiono
direttamente nell’area tatuata.
Gli effetti collaterali cronici come i
tumori sono più difficili da
individuare, dato che di solito non
emergono prima di anni o decenni
dall’esposizione. Il deposito di
elementi dall’inchiostro nei linfonodi
non era mai stato investigato sinora, ma
dato che non sono attualmente
disponibili dati sull’esposizione ad
elementi tossici, il pubblico dovrebbe
essere consapevole dei potenziali rischi
comportati da colori che vengono in
genere ritenuti sani.
Sinora i regolamenti relativi alla
sicurezza dei tatuaggi sono stati
incentrati principalmente sull’igiene e
sulla prevenzione delle infezioni.
L’inchiostro impiegato nei tatuaggi in
genere contiene pigmenti organici, ma
può includere anche nickel, cromo,
manganese, cobalto o diossido di
titanio, alcuni dei quali sono
considerati cancerogeni o
sensibilizzanti, e sono potenzialmente
pericolosi per la salute.
Onde valutare correttamente questo
rischio sarebbero necessarie ulteriori
indagini sulla quantità media di queste
sostanze nella cute, allo scopo di
stimare la misura in cui esse
aumenterebbero il rischio oncologico
nell’arco della vita.
I ricercatori prevedono anche di
continuare ad investigare il carico dei
pigmenti e dei metalli pesanti su altri
organi interni a distanza, in modo da
identificare i potenziali siti di
migrazione degli inchiostri. La
biodistribuzione, il metabolismo e la
potenziale escrezione delle sostanze
sono punti chiave necessari per
valutarne la tossicità.
E’ possibile prevedere un maggior tasso
metabolico specialmente quando i
pigmenti organici vengono trasportati
verso il fegato, e le proprietà
tossicologiche dei prodotti di reazione
sono sinora completamente ignote.
Fonte: Sci Rep online 2017,
pubblicato il 12/9
I tatuaggi possono causare tumori.
Un recente studio dimostra che i pigmenti
impiegati nell’inchiostro da tatuaggio
migrano sino ai linfonodi, portando ad un
loro ingrossamento cronico.Per
quanto gli effetti a lungo termine del
fenomeno siano ancora poco studiati e
conosciuti, questi dato ha creato una certa
inquietudine nei media, indicando i tatuaggi
come possibile causa di tumori, anche se si
tratta di risultati ancora troppo
preliminari per giungere ad una qualsiasi
conclusione.
Censis, il 43% non sa delle complicanze. Calo vaccini tra gli over 65
Tra 15mila e
18mila: sono tanti gli anziani che lo scorso anno sono morti a causa delle
complicanze dell'influenza stagionale. Un numero che allarma perchè
raddoppiato rispetto agli anni precedenti, quando i decessi per influenza si
attestavano a circa 8mila. Eppure, nonostante queste percentuali
preoccupanti,gli
italiani over-50 non hanno paura dell'influenza e ne sottovalutano i rischi,
mentre la copertura vaccinale continua ad essere di gran lunga sotto la
soglia di sicurezza fissata al 95%.
E'la
fotografia che emerge dall'ultima indagine del Censis 'La vaccinazione
antinfluenzale - l'opinione degli italiani', realizzata su un
campione di 1000 cittadini e con il supporto non condizionante di Sanofi
Pasteur. A dirsi "preoccupato" per la prossima stagione
influenzale alle porte è il presidente dell'Istituto superiore di sanità,
Walter Ricciardi: "Si
tratta di stime - precisa - e non abbiamo, ovviamente, 18 mila certificati
di morte 'per influenza'. Ma sono stime estremamente ponderate,affidabili.
Partiamo dal fatto che ogni anno, sistematicamente, abbiamo una stima di 8
mila morti per complicanza da influenza. Ma gli eventi sentinella che
abbiamo registrato nelle città italiane nella scorsa stagione,tra
novembre 2016 e febbraio 2017, hanno indicato che i dati erano estremamente
superiori alla media, in modo abnorme. Ed il problema è la
copertura vaccinale contro l'influenza, che in certe aree del Paese per gli
anziani non va oltre il 30%".
Dunque "siamo
molto preoccupati - ha avvertito - poichè se anche in questa stagione si
registreranno le stesse coperture vaccinali, il trend dei decessi
continuerà". E l'indagine Censis conferma tali timori: la copertura
vaccinale tra gli over-65 (per i quali la vaccinazione è offerta
gratuitamente e somministrata dal medico di famiglia)ha
infatti raggiunto un picco massimo nella stagione 2005-2006 (68,3%), ma poi
si è progressivamente ridotta fino a 16 punti percentuali in meno.
Così, nella scorsa stagione 2016-2017, ha raggiunto solo il 52%.
Dall'indagine emerge anche che solo il 43% degli over-50 sa che l'influenza
può determinare complicanze mortali, anche se quasi tutti conoscono la
vaccinazione antinfluenzale (96,8%).Ma
se il 93% ritiene che la vaccinazione sia consigliabile per i soggetti
affetti da patologiedell'apparato respiratorio, solo
il 59,1% pensa che sia indicata per tutte le persone che non vogliono
ammalarsi.
Ed ancora: solo il
3,4% ammette di avere molta paura dell'influenza e quando ci si accorge di
averla contratta, è il 16% a contattare immediatamente il medico,
mentre il 45,8% si rivolge al medico solo se i sintomi non migliorano, il
24,4% si cura autonomamente con farmaci da banco e il 13,8% lascia che
l'influenza "faccia il suo corso" senza prendere farmaci.Ma
ciò che maggiormente preoccupa gli esperti resta comunque il calo delle
vaccinazioni tra gli anziani, nonostante per loro i vaccini siano gratuiti:
"Va ricordato - ha affermato la responsabile area Welfare e Salute
del Censis, Ketty Vaccaro, curatrice dell'indagine - che l'Italia è il Paese
con la maggiore percentuale di anziani dopo il Giappone, anche se la Liguria
ha ad esempio superato lo stesso Giappone".La
prevenzione, conclude, "è quindi fondamentale, considerando che nei
prossimi anni il trend di invecchiamento della popolazione continuerà".
Al via la campagna contro l'influenza: pronti i vaccini
Il farmaco è già disponibile presso tutte le farmacie italiane
Da domenica
15 ottobre è partita la campagna vaccinale contro l’influenza 2017-18: fino
alla fine di dicembre il vaccino antinfluenzale è disponibile nelle farmacie
italiane. Secondo le prime analisi, l’influenza di quest’anno interesserà
circa 4-5 milioni di italiani con picchi meno aggressivi rispettoa
quella dell’anno scorso, che aveva costretto a letto ben 7 milioni di
italiani."La speranza per questa stagione è di
riprendere la crescita della vaccinazione dopo anni di
ingiustificato calo” afferma Fabrizio
Pregliasco, virologo presso il Dipartimento di Scienze biomediche
per la salute dell’Università di Milano e responsabile scientifico del
portale Osservatorio Influenza.
“Già
lo scorso anno c’è stata una stabilizzazione nel numero di vaccinati,
valore però ancora ben lontano dalla copertura del 75%raccomandata dall’Oms
per questi soggetti, per cui vale la pena ricordare, le complicanze
dell’influenza possono essere anche letali”. “Se specialisti e medici
di base lavorano in sinergia” conclude
Pregliasco “il risultato non può che tradursi in una maggiore copertura,con
un beneficio non solo per la salute dei singoli, ma anche per i costi
socio-sanitari che i ricoveri per complicanze da influenza comportano“.
Bisogna però
ricordare anche chi, invece, non deve assumere il vaccino contro l’influenza:
prima di tutto i bambini con meno di sei mesi, dal momento che mancano studi
clinici controllati che dimostrino l’innocuità del vaccino in questa fascia
di popolazione. A seguire, le persone con precedente reazione allergica
grave (anafilassi)al
vaccino o a un suo componente e le persone chehanno
in corso una malattia
acuta.
Per queste ultime,
la vaccinazione deve essere rimandata e può essere effettuata dopo la
guarigione. Infine, il vaccino non va fatto a persone che hanno
manifestato la sindrome di Guillain-Barrè entro sei settimane da una
precedente vaccinazione.
Tac selvaggia e cure aggressive, ecco le dieci procedure inutili
L'elenco dei trattamenti inappropriati e dannosi per pazienti e sanità
C'è la
prescrizione indiscriminata di antibiotici, che oltre ad essere dannoso per
i pazientirappresenta uno spreco enorme di risorse
economiche, ma anche la tac usata indiscriminatamente, e persino gli
interventi di rimozione dei tumori alla prostata. A mettere in fila le dieci
pratiche più inappropriatenegli
ospedali, che qualche volta sono solo fonte di danni economici ma in altri
casi aumentano i rischi per il paziente, è stata l'università
del Maryland,in uno studio pubblicato dalla
rivista Jama Internal Medicine che mette l'accento su un problema che
secondo alcune ricerche può riguardare addirittura un quarto delle
procedure.
Iricercatori
hanno analizzato oltre 2200 articoli pubblicati nel 2016 relativi a
procedure utilizzate inappropriatamente, identificando i dieci
ritenuti più importanti per il potenziale impatto sulla pratica clinica.A
finire nella classifica sono stati l'ecocardiografia
transesofagea, una tecnica diagnostica complessa che può essere
sostituita da test più semplici; l'angiografia
polmonare Tac, sempre più usata nei pronto soccorso ma che ha
alternative meno rischiose; la tomografia
computerizzata usata su pazienti con sintomi polmonari lievi, che li
espone a radiazioni inutili senza aggiungere benefici al paziente.Addirittura,
sottolinea lo studio, fino al 2% di tutti i tumori diagosticati negli Usa
potrebbe derivare da questo tipo di radiazioni; l'ecografia
della carotide, chenel 90% dei casi è usata
inappropriatamente; il trattamento aggressivo del
cancro alla prostata, per cui sarebbe meglio un approccio più
cautelativo che non cambia la mortalità ma diminuisce gli effetti
collaterali; l'ossigeno dato a pazienticon
broncopneumopatia cronico ostruttiva ma deficit moderato, che uno studio ha
dimostrato non dare nessun beneficio; gli
interventi sulle rotture del menisco nei
casi di osteoartrite, a cui andrebbe preferito un approccio più conservativo
basato sulla riabilitazione; il supporto
nutrizionale ai pazienti gravi, che non cambia l'esito della
malattia; l'uso indiscriminato di antibiotici;
l'uso di tecniche di imaging sul cuore,
triplicati negli ultimi anni anche per pazienti a basso rischio1.
"Troppo
spesso - afferma Daniel Morgan dell'università del Maryland, l'autore principale
-, i medici non si basano sulle ultime evidenze scientifiche. Speriamo che
questo studio sensibilizzi sui trattamenti sovrautilizzati". Il tema,
sottolineano gli stessi autori, è molto dibattuto negli ultimi anni, e si
iniziano afare
le prime stime sul costo della 'medicina sbagliata', in un momento in cui
tutti i sistemi sanitari sono alle prese con problemi economici.Secondo
una serie di articoli sul tema pubblicati dalla rivista Lancet, ad esempio,
addirittura un quarto delle procedure mediche utilizzate comunemente è
inefficace o comunque superfluo.Anche
secondo un recente rapporto Ocse una percentuale considerevoledella
spesa sanitaria, che può arrivare a un quinto, è inappropriata, e potrebbe
essere 'liberata' a favore di procedure più utili.
fonte: ansa
Cos'è il ritmo circadiano, base del nostro 'orologio biologico'
Roma, 2 ott. (AdnKronos Salute) - La vita sulla Terra si
adatta quotidianamente alla rotazione del nostro pianeta e
gli organismi viventi, inclusi gli esseri umani, hanno un
'orologio biologico' interno che li aiuta ad anticipare e ad
adattarsi al ritmo regolare della giornata. Ma come funziona
effettivamente questo orologio? Jeffrey C. Hall, Michael
Rosbash e Michael W. Young, vincitori del premio Nobel 2017
per la Medicina e la fisiologia grazie ai loro studi su
questo interessante tema, sono riusciti a 'sbirciare'
all'interno di questa funzionalità e a chiarire le sue
proprietà interne. Le loro scoperte hanno aiutato a spiegare
come le piante, gli animali e gli esseri umani adattano i
loro ritmi biologici in modo che siano sincronizzati con i
movimenti della Terra.
Utilizzando i moscerini della frutta come organismo modello,
gli scienziati sono riusciti a isolare un gene che regola il
normale ritmo biologico quotidiano. Hanno dimostrato che
questo gene codifica una proteina che si accumula nelle
cellule durante la notte, mentre viene poi degradata durante
il giorno. Nell'uomo tutto questo avviene con una enorme
precisione: il nostro orologio interno adatta la nostra
fisiologia alle diverse fasi della giornata, regolando
funzioni critiche come i livelli ormonali, il sonno, la
temperatura corporea e il metabolismo. Il nostro benessere
vacilla, di conseguenza, quando c'è un disallineamento
temporaneo tra l'ambiente esterno e il ritmo interno, quando
ad esempio si verifica un 'jet lag'. E la scienza indica
anche che il cronico mancato equilibrio tra il nostro stile
di vita e il ritmo circadiano è associato ad un aumento del
rischio di varie malattie.
La maggior parte degli organismi viventi anticipa e si
adatta ai cambiamenti quotidiani dell'ambiente. Durante il
XVIII secolo, l'astronomo Jean Jacques d'Ortous de Mairan
studiò le piante di mimosa e scoprì che le foglie si
aprivano durante il giorno e si chiudevano al crepuscolo. Si
chiese cosa sarebbe successo se la pianta fosse stata posta
nell'oscurità costante. Verificò che le foglie continuavano
in questo loro movimento anche senza la luce del sole,
seguendo un ritmo interno. Durante gli anni '70, Seymour
Benzer e il suo studente Ronald Konopka dimostrarono che le
mutazioni di un gene fino allora sconosciuto (e da loro
ribattezzato 'period') interrompevano l'orologio circadiano
nei moscerini della frutta.
Ma come fa questo gene a influenzare il ritmo circadiano? A
scoprirlo sono stati i premi Nobel di quest'anno, che hanno
studiato anche loro i moscerini della frutta. Nel 1984,
Jeffrey Hall e Michael Rosbash, che lavorano in stretta
collaborazione all'Università Brandeis di Boston, e Michael
Young alla Rockefeller University di New York, sono riusciti
a isolare il gene 'period'. Hall e Rosbash hanno poi
scoperto che 'Per', la proteina codificata dal gene
'period', si accumula durante la notte e degrada durante il
giorno. E che in pratica i suoi livelli oscillano durante le
24 ore in sincronia con il ritmo circadiano.
L'obiettivo fondamentale successivo fu quello di capire come
queste oscillazioni circadiane potessero essere generate e
sostenute. Jeffrey Hall e Michael Rosbash hanno quindi
ipotizzato che la proteina 'Per' bloccasse l'attività del
gene 'period'. Ma, per farlo, la stessa proteina, prodotta
nel citoplasma, deve raggiungere il nucleo della cellula,
dove si trova il materiale genetico. Come è possibile che
riesca a farlo? A chiarirlo nel 1994 fu Young, che scoprì un
secondo gene, 'timeless' ('senza tempo'), che codifica la
proteina detta 'Tim', sempre essenziale per il mantenimento
del normale ritmo circadiano. Lo scienziato mostrò che
quando 'Tim' si lega a 'Per', le due proteine sono in grado
di entrare nel nucleo cellulare e di bloccare l'attività del
gene 'period'.
Questo meccanismo spiegava come si crea l'oscillazione dei
livelli di proteine nella cellula, ma cosa controlla la
frequenza delle oscillazioni? Michael Young ha identificato
un ennesimo gene, ribattezzato 'doubletime' ('doppio
tempo'), che codifica la proteina Dbt, la quale ritarda
l'accumulo della proteina 'Per'. Questo ha chiarito come
l'oscillazione viene regolata per aderire al ciclo delle 24
ore. Successivamente, i premi Nobel hanno compiuto altre
scoperte sulle componenti molecolari dell'interessante
meccanismo, ad esempio quella sulla presenza di altre
proteine necessarie per l'attivazione del gene 'period' e
del meccanismo con cui la luce riesce a sincronizzare il
nostro orologio interno. I loro studi hanno dunque
contribuito a generare un vastissimo campo di ricerca, con
ricadute concrete sulla nostra salute. Una curiosità: il
termine 'ritmo circadiano' deriva dai termini latini (circa
diem) che significano 'intorno' e 'giorno'.
La
Bpco ( bronchite cronica ostruttiva ) : i pazienti mentono sulle loro reali condizioni
In nove casi su dieci, i pazienti affetti da Bpco non comunicano al medico la
loro reale condizione. Un gap comunicativo che spesso impatta sullo stato di
salute delle 210 milioni di persone colpite in tutto il mondo da questa
malattia. A rivelarlo è uno studio pubblicato dall'International Journal of Copd
(Chronic obstructive pulmonary disease). L'indagine ha messo in evidenza che
solo l’11% dei pazienti si dichiara "abbastanza franco" nel rapporto coi medici,
l'89% ammette di essere "generalmente non franco" e nessuno ammette di essere
totalmente franco. Le principali "bugie" sono quelle di chi sostiene di aver
smesso di fumare, di chi afferma di svolgere gli esercizi prescritti per
mantenere attiva la muscolatura respiratoria, o semplicemente c'è chi non
comunica il suo disagio e le sue difficoltà nella vita quotidiana. Ancor più
grave è la sottostima di questo fenomeno da parte dei professionisti: il 42% dei
medici di base ritiene che i pazienti siano abbastanza franchi, il 53% ritiene
che non lo siano e il 5% pensa che siano totalmente franchi. "Il gap
comunicativo - ha spiegato l'autore dello studio, Bartolomeo Celli, professore
di medicina presso la Harvard Medical School di Boston - ha delle conseguenze
dirette sulla salute del paziente. Se non c'è una comunicazione aperta tra la
figura del medico e quella de paziente, non si possono attuare tutte quelle
contro- misure necessarie per un maggior controllo della patologia”.
I PPI, che vengono ampiamente prescritti per il controllo dell’acidità gastrica,
potrebbero essere collegati ad un incremento del rischio di mortalità. Questi
farmaci sono disponibili su prescrizione e da banco in molte nazioni, e sono in
genere considerati sicuri, ma diversi studi li hanno collegati a vari tipi di
rischio, fra cui quello di ictus e mortalità intraospedaliera.
I dati più recenti in materia giungono da uno studio condotto da Yan Xie del
Veteran Affairs Saint Louis Health Care System su un database di più di 6
milioni di soggetti, ed ha portato a concludere che le evidenze a supporto dei
numerosi effetti collaterali di questi farmaci sono schiaccianti, e potrebbe
essere necessario istituire una farmacovigilanza e limitare l’uso dei PPI alle
circostanze ed ai periodi in cui sono strettamente indicati.
Essi vengono spesso sovra-prescritti, raramente sospesi e spesso introdotti in
modo inappropriato durante una degenza ospedaliera, ed il loro impiego viene
esteso per lunghi periodi senza un’adeguata indicazione medica. Il presente
studio è stato il primo a riscontrare un incremento del rischio di mortalità
correlato ai PPI nella popolazione generale ma, comunque, un incremento del 25%
su un rischio di base molto basso è limitato. Rimangono problematici i casi in
cui essi vengono prescritti per un dolore addominale generico, ma in mancanza di
efficacia il farmaco viene comunque mantenuto indefinitamente perché il medico
dimentica di controllare se vi sia stato realmente un effetto terapeutico.
Il meccanismo alla base dell’associazione con la mortalità non è stato ben
compreso, ma essa è probabilmente mediata dalla comparsa di uno o più effetti
collaterali associati ai PPI, come nefropatie, demenza, ipomagnesemia, infezioni
da C. difficile e fratture osteoporotiche.
Il presente studio era comunque di natura osservazionale e questo lascia spazio
all’influenza di fattori interferenti residuali. Ad esempio è possibile che non
siano proprio i PPI ad essere collegati alla mortalità, ma che essi siano
collegati ad una patologia medica che è a sua volta correlata ad un incremento
della mortalità. (BMJ Openonline
2017, pubblicato il 3/7)
Fimmg, campagna per il corretto uso dei gastroprotettori
«L’uso non
appropriato dei gastroprotettoripuò nuocere alla
salute. Parlane con il tuo medico». E’ l’avvertenza che fino al 31 ottobre
verrà stampata su tutte le ricette emesse dai medici di famiglia siciliani,
così come prevede il piano di comunicazione varato l’altro ieri dalla Fimmg
regionale. L’obiettivo è quello di“preparare”
assistiti e malati in vista dell’entrata in vigore, dal 1 novembre, del
decreto che impone ai mmg di compilare una scheda di monitoraggio a ogni
prescrizione di farmacisoggetti alle note Aifa 1 e
48. Entrato in vigore ad agosto e subito congelato dalla Regione sino alla
fine di ottobre per le reazioni di medici e farmacie, il provvedimento mira
ad allineare i consumi siciliani di gastroprotettori alle medie nazionali
usando il deterrente della burocrazia.Di
qui il piano della Fimmg, che in un paio di mesi cercheràdi
dimostrare che informazione ed educazione sanitaria agevolano
l’appropriatezza quanto se non più del pugno di ferro.
A parte
l’avvertenza sulle ricette(che dovrebbe cominciare a
comparire già dai prossimi giorni, visto che il sindacato ha già dato
disposizioni alle software house perché aggiornino i gestionali dei medici),
tra gli interventi c’è anche l’affissione di cartelli informativ negli studi
e nelle Asl (che ricordano come«l’uso
a lungo termine dei gastroprotettori è collegato a un aumento del 25% di
effetti collaterali»), la diffusione ai mmg di dati e slide tratti dalla
letteratura scientifica e infine azioni coordinatenei
confronti degli specialisti. «Da quanto riferiscono i medici » scrive Fimmg
nella nota che annuncia il piano «si evince che le riduzioni di dosaggio o
la sospensione della terapia on-demand, anche momentanea, è molto accettata
dai pazienti, purché sia presentata come una misura a tutela dellaloro
salute in base agli studi più recenti. Il counselling dovrebbe
essere impostato in modo che i pazienti siano partecipi delle scelte sulla
scorta dei dosaggi, del tempo di somministrazione, dei periodi di
trattamento».
La scoperta: annusare il cibo fa ingrassare
MEDICINA
(FOTOGRAMMA)
Pubblicato il: 10/07/2017 19:54
Chi ha
lasensazione
di ingrassareanche solo annusando un piatto prelibato,
potrebbe essere vicino alla verità. Un team di ricercatori americani ha
infatti scoperto cheil senso dell'olfatto gioca un ruolo
nei chili di troppo.
In uno
studio sui topi, gli scienziati dell'University of California hanno usato la
terapia genica per 'silenziare' il senso dell'olfatto in un gruppo di
topolini obesi. Ebbene, hanno scoperto che i topi che non potevano sentire
gli odori perdevano peso rispetto agli altri.
A
sorprendere i ricercatori, il fatto che i due tipi di roditori mangiassero
lo stesso quantitativo di cibo, in termini di calorie. Ma i topi con
l'olfatto silenziato perdevano più peso. Mentre quelli dall'olfatto più
fine, ingrassavano di più.
Annusare i cibi, suggeriscono gli autori, potrebbe spingere il corpo aconservare
le calorie piuttosto che a bruciarle. Lo studio, pubblicato su 'Cell
Metabolism', potrebbe essere utile per far luce sui meccanismi alla base di
anoressia, bulimia e obesità. Non solo, se i risultati saranno confermati
nell'uomo, si potrebbe pensare a un sistema che 'accende' e 'spegne' il
circuito metabolico legato all'olfatto a comando, per aiutare le persone a
perdere peso.
I medici del Great Ormond Street Hospital stanno pensando di verificare
le cure del Bambin Gesù
Imedici
dell'ospedale londinese Great Hormond Street non staccheranno le macchine
che tengono in vita il piccolo Charlie Gand. La comunicazione ai genitori,
come riferisce la Bbc, è stata fatta dallo stesso ospedale "alla luce dei
nuovi elementi" emersi su un possibile nuovotrattamento
sperimentale del bimbo malato sulla base delle ricerche effettuate da due
ospedali internazionali. "Elementi che ci sono stati comunicati
nelle ultime 24 ore e che crediamo che sia giusto studiare".
La sorte
di Charlie nelle mani del giudice
Adesso sarà il giudice Nicholas Francis, responsabile della sezione minori
dell'Alta Corte di Giustizia che esaminerà il caso lunedì alle 14 locali (le
15 in Italia)a
decidere se approvare la decisione dell'ospedale. Lo stesso giudice che l'11
aprile scorso aveva sancito il diritto dei medici a staccare la spina. Sono
stati i medici del Great Hormond Street a chiedere un nuovo parere alla
Corte di Fleet Street dopo che 7 esperti della rara malattia che ha colpito
sin dalla nascita Charlie hanno scritto una lettera ai colleghi londinesi
ponendo alla loro attenzione i risultati di ricerche non ancora pubblicate
sulle riviste scientifiche sulla malattia del piccolo di 11 mesi.
Il protocollo
Per il piccolo Charlie Gard c'è ancora un barlume di speranza, giustificata
dai risultati incoraggianti di una serie di test di laboratorio. Non c'è
tempo per completare le ricerchepreliminari,
scrivono gli esperti internazionali coordinati dall'Ospedale Bambino Gesù di
Roma nel protocollo messo a punto, ma ci sono gli estremi per riconsiderarele
decisioni già prese. Il testo del documento, su carta intestata
dell'Ospedale romano, dove sono state omesse le firme dei medici, è stato
postato dalla zia del bambino sul profilo Facebook di sostegno, 'Charlie's
Army'. Gli esperti dell'equipeinternazionale
che ha redatto il documento propongono una terapia a base di
deossinucleosidi, delle molecole simili ai 'mattoni' del Dna. Nel
documento dimostrano, sulla base di studi già pubblicati su riviste
scientifiche e di dati ancora non pubblicati, che queste molecole sono in
grado di superare la barriera emato-encefalica, quella che separa i vasi
sanguigni dal cervello.
E quindi avere
effetto sull'encefalopatia che ha colpito il piccolo, che secondo i medici
britannicirende impossibile qualunque cura. "Esistono
evidenze scientifiche - scrivono - a sostegno del fatto che i
deossinucleotidi esogeni applicati a cellule umane con mutazione RRM2B in
coltura accrescono la replicazione e favoriscono il miglioramento della
sindrome da deplezione del Dna".La
mutazione a cui si riferiscono i medici è la stessa che colpisce il piccolo.
Secondo il Daily Mail, la lettera è firmata da esperti Usa, britannici,
italiani e spagnoli, che si sarebbero spinti a dire alla mamma di
Charlie che la terapia ha il 10% di possibilità di funzionare. "Siamo
consapevoli - concludono gli esperti - del fatto che la terapia con
deossinucleotidi per il deficit RRM2B sia sperimentalee,
in teoria, dovrebbe essere testata su modelli murini(esperimenti
sui topi, ndr). Tuttavia, non c'è tempo sufficiente per svolgere questi
studi e giustificare il trattamento per Charlie Gard, che è affetto da una
grave encefalopatia dovuta a mutazioni RRM2B.Alla
luce di questi importanti nuovi risultati riguardanti la biodisponibilitàdei
deossinucleotidi somministrati per via esogena nel sistema nervoso centrale,
chiediamo rispettosamente che questa terapia possa essere somministrata a
Charlie Gard"
Il Ddl è al Senato. Sostegno da parte dell'ordine dei medici al testo di
Romani
"Autogiustificare"
i primi tre giorni di assenza per malattia dal lavoro: e' una proposta che
la Fnomceo - su impulso del Presidente dell'Ordine dei Medici Chirurghi e
Odontoiatri di Piacenza, Augusto Pagani - porta
avanti da quattro anni, e che è stata lo scorso dicembre oggetto di un
Ordine del Giorno approvato all'unanimità dal Consiglio Nazionale,che
ha dato mandato al Presidente Chersevani e a tutto il Comitato Centrale di
sollecitare una revisione, in tal senso, della Legge Brunetta.
Un testo con
questa norma e' stato ora assegnato alla CommissioneAffari
Costituzionali del Senato. Il Disegno di Legge e' stato presentato da
Maurizio Romani (Gruppo Misto), Vicepresidente della Commissione Igiene e
Sanità.Il
testo prevede che in presenza di un disturbo che il lavoratore ritiene
invalidante ma passeggero, sarà lui stesso - sotto la sua esclusiva
responsabilità - a comunicarlo al medico, che si farà semplice tramite per
la trasmissione telematica all'Inps e al datore di lavoro.Il
Disegno di Legge incide poi, ridimensionandole, sulle pene ai medici, anche
per porre rimedioad alcune contraddizioni ed
eccezioni di incostituzionalità rilevate nella Legge Brunetta.
Le novità.Il
testo, composto di due soli articoli, prevede che in presenza di un disturbo
che il lavoratore ritiene invalidante ma passeggero, sarà lui stesso - sotto
la sua esclusiva responsabilità -a
comunicarlo al medico, che si farà semplice tramite per la trasmissione
telematica all'Inps e al datore di lavoro. L'articolo due recita infatti
così: "In tutti i casi di assenza per malattia protratta per un
periodo inferiore a tre giorni il lavoratore comunica con sua esclusiva
responsabilità il proprio stato di salute al medico curante, il quale
provvede ad inoltrare apposita comunicazione telematica all'Istituto
nazionale della previdenza sociale, nonché al datore di lavoro".
Pene dei medici
ridotte. Il ddl incide anche, ridimensionandole, sulle pene ai
medici stabilite dalla legge Brunetta in caso di falsa attestazione.
"Attualmente - aggiunge Scassola - i medici possono perdere la convenzione,
andare davanti al giudice penale o essere sanzionati per migliaia di euro
solo per aver fatto un certificato in condizioni particolari,ad
esempio per via telefonica. Questo ovviamente non è corretto in
senso etico-deontologico, ma nell'attività compulsiva di tutti i giorni è
una cosa che può capitare. E oggi le pene sono esorbitanti rispetto
all'entità di questo tipo di errori".
Contro i furbetti.
"Chi fa il furbo - spiega Romani, il primo firmatario della nuova legge - si
assume la responsabilità di aver fatto un'autogiustificazione falsa: non ha
più le spalle coperte dal certificato del proprio medico curante, che si
limita a fare da "postino" inviando all'Ipns la dichiarazione del paziente,
e se la vede direttamente con il medico fiscale mandato dall'Inps. L'iter è
appena cominciato ma, se c'è la volontà politica, si può approvare entro la
fine della legislatura".
"La Fnomceo
esprime vivo apprezzamento e sostiene il Disegno di Leggepresentato
dal senatore Romani - afferma Maurizio Scassola, Vicepresidente della
Federazione -. Ci sono disturbi, come il mal di testa o lievi
gastroenteriti, la cui diagnosi non può che essere fatta sulla base di
sintomi clinicamente non obiettivabili.Il medico, in
questi casi, deve limitarsi, all'interno del rapporto di fiducia che lo lega
al paziente, a prendere atto di quanto lamentato. Riteniamo che
un'auto-attestazione potrebbe essere utile, prima ancora che a sollevare il
medico, aresponsabilizzare
il paziente, come del resto già avviene,con ottimi
risultati, in molti paesi anglosassoni. Auspichiamo dunque un iter rapido e
l'approvazione entro fine legislatura".
Cosa ne pensi?
giu132017
Certificati di malattia, cambia il panorama delle visite fiscali. Le novità
Non solo visite fiscali effettuate dai medici Inps anche sui dipendenti pubblici
a partire - ufficialmente - da settembre 2017: il testo unico sul pubblico
impiego e una circolare Inps hanno introdotto novità che in qualche modo
cambiano il panorama delle visite fiscali.
•L'articolo 18 del testo unico sul pubblico impiego inserisce una frase in più
nel testo relativo alla certificazione di malattia del medico di famiglia, che
per Inps ha valore diagnostico: "I relativi certificati contengono anche il
codice nosologico." Il medico di famiglia quindi oltre alla diagnosi, che per i
dipendenti pubblici non era prevista, ora dovrà inserire pure la codificazione
ICD9, disponibile anche al sito del Ministero della Salute
• Non è chiaro se con il nuovo corso rientreranno tra gli obbligati al
certificato telematico di malattia anche categorie fin qui esentate come i
magistrati, gli avvocati dello stato, docenti e ricercatori universitari,
diplomatici, prefetti, forze della Polizia di Stato, personale penitenziario,
vigili del fuoco. Che in genere continuano a chiedere certificato su carta
bianca (in realtà molto dipende dalle norme fissate dai relativi uffici).
• Per le fasce orarie di reperibilità, il testo unico parla di armonizzare la
disciplina dei settori pubblico e privato. Si parla di uniformare orari dei
privati (10-12 e 17-19) con le fasce 10 -13 e 15-18 dei dipendenti Pa, e di
visite pure nei festivi. Silvio Trabalza vicesegretario Fimmg-Inps, sottolinea
che «anche su questo punto non si hanno certezze. L'intento della Pa sarebbe
armonizzare le fasce orarie portandole a 6 ore al giorno per tutti, ma la
decisione va presa di concerto con il Ministero del Lavoro competente sulle
fasce del privato, anche se la stessa Inps, per bocca del Presidente Boeri, si
sarebbe schierata addirittura per le 7 ore giornaliere. Dal punto di vista
tecnico, ritengo che difficilmente si possa iniziare le visite (e quindi far
iniziare le fasce orarie) prima delle 10.00 avendo il sistema informatico
dell'Inps necessità di effettuare le elaborazioni».
• Il testo unico prevede la procedura veloce - licenziamento con sospensione in
48 ore e iter di non oltre un mese - per i dipendenti pubblici che attestano
falsamente la presenza in servizio. Licenziabile anche chi giustifica l'assenza
con falsi certificati medici o con certificati di medici che non hanno
direttamente constatato la patologia. Sotto il profilo penale, la sanzione è la
reclusione da 1 a 5 anni e multa da 400 a 1600 euro: la stessa sanzione che
rischia il medico compiacente nella legge Brunetta.Il
medico rischia anche la revoca della convenzione e addirittura la radiazione
dall'albo.
• Una circolare Inps ha chiarito lo scorso mese che il dipendente non può
rientrare al lavoro se prima non ha fatto rettificare la data di prognosi dallo
stesso medico che ha redatto il certificato di malattia. Tale certificato per
Inps ha valore di domanda di prestazione (non per i lavoratori autonomi, Cococo
e borse di studio) e l'Istituto non vuole inviare inopportuni controlli
domiciliari né erogare indennità non dovute. Se la prognosi è ancora in corso i
datori non possono consentire al lavoratore la ripresa dell'attività. Chi non si
fa trovare alla visita di controllo o non comunica (o comunica tardi) la ripresa
anticipata del lavoro, incorre nelle sanzioni per i casi di assenza
ingiustificata a visita di controllo: 100% dell'indennità per massimo 10 giorni
in caso di prima assenza; 50% nel restante periodo di malattia in caso di
seconda assenza; 100% dell'indennità dalla data della terza assenza. Affinché la
rettifica sia considerata tempestiva, deve arrivare prima del rientro in
azienda.
Un tetto massimo di assenze per malattia durante l'anno anche in caso di
gravi patologie che richiedonoterapie
salvavitaquali chemioterapia
ed emodialisi
Il prossimo 22
giugno entrerà in vigore infatti ilnuovo
codice disciplinare per glistatali.Le
nuove regole del decreto 75/2017 sono state pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale numero 130 del 7 giugno. Lo statalebocciato
per tre anni di fila potrà essere licenziato, ma la scure si abbatterà
anche sui furbetti del cartellino, sugli assenteisti e per chi è reo di
“scarso rendimento” a causa di reiterate violazioni degli obblighi per cui è
già stato sanzionato.
NUOVE NORME –Saranno
previste norme, si legge sul decreto 75/2017, “in materia di responsabilità
disciplinare dei pubblici dipendenti finalizzate ad accelerare e rendere
concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l’esercizio
dell’azione disciplinare”.
Nel mirino delle nuove misure anchechi
dichiara il falso per ottenere posti e promozionie
per chi viola in modo grave e reiterato i codici di comportamento comeaccettare
regali costosi e abusare dell’auto di rappresentanza. Dito
puntato, poi, verso chi si assenta dallavoroquando
più serve, rischiando di creare difficoltà, magari in coincidenza con un
grande evento, l’iscrizione alle scuole o la presentazione del 730.
Sarà
l’Aran a negoziare, in sede di trattativa, il computo dei giorni di assenza
collegati al l’effettuazione diterapie
salvavita“anche se non
coincidenti con i giorni di terapia e a condizione che si determinino
effetti comportanti incapacita lavorativa”. Un ampio capitolo dell’atto di
indirizzo del resto è dedicato apermessi,
assenze e malattia, un tema delicato che da settembre sarà affidato ai
controlli dell’Inps secondo quanto previsto dal nuovo testo unico del
pubblico impiego.
Madia prevede
inoltre una disciplina specifica suipermessi
orari per visite mediche, terapie, prestazioni specialisticheed
esami diagnostici fruibili a giorni e addirittura a ore. Ma anche permessi
brevi a recupero, permessi per motivi familiari e riposi connessi alla
‘banca delle ore’ che viene indicata come “base di partenza per ulteriori
avanzamenti nella direzione mi una maggiore conciliazione e tra tempi di
vita e dilavoro”.
NUOVI PALETTI –Tuttavia
anche in questi casi sono previstinuovi
paletti.L’
assenza deve essere giustificata con un’attestazione rilasciata dal medico o
dalla struttura, anche privata, che ha svolto la visita o la prestazione o
tramessa all’amministrazione presso cui lavora il dipendente pubblico.
La direttiva
prevede ancheun
“monte ore” annualeper
la fruizione di tali permessi con l’indicazione che 6 ore di permesso
corrispondono a un’intera giornata dilavoro.
Infine, si prevede un periodo di servizio minimo nell’arco della giornata
almeno pari alla metà dell’orario e, salvi casi d’urgenza, adeguati periodi
di preavviso.
Obbligatori 12 vaccini ma dall'anno prossimo e solo per
i nuovi nati Ecco le misure del decreto: per la scuola
basterà essere iscritti nelle liste d'attesa Un anno di tempo
per mettersi in regola con i vaccini. Il decreto che
impone l'obbligo della profilassi da 0 a 16 anni è
arrivato al Quirinale ieri per la firma del Presidente
della Repubblica, Sergio Mattarella. Subito dopo la
firma verrà pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Dunque sì
all'obbligo ma con un anno di moratoria come avevano
richiesto anche le Regioni per motivi organizzativi e
come aveva preannunciato il ministro della Salute,
Beatrice Lorenzin, qualche giorno fa. Impossibile
pensare di vaccinare una platea che oscilla intorno alle
800.000 persone prima dell'inizio del prossimo anno
scolastico con soli due mesi di tempo. L'obbligo
vincolante di fatto slitta al 2018 e sarà valido per
tutti i nati dal 2017 in poi. Per chi è nato prima
restano in vigore i precedenti piani vaccinali. Uno
schema più flessibile che forse aiuterà a smorzare le
feroci polemiche che hanno accompagnato l'approvazione
del provvedimento, contro il quale comunque l'esercito
dei novax ha già preannunciato una manifestazione il
prossimo 11 giugno. Il decreto la prossima settimana
verrà incardinato in Commissione Sanità al Senato che
potrebbe anche apportare correzioni. I vaccini
obbligatori diventano 12 ma non si dovranno eseguire 12
punture. Si parte infatti con l'esavalente:
anti-poliomelitica, anti-difterica, anti-tetanica,
anti-epatite B, anti-pertosse e anti Haemophilus
influenzae tipo B. L'esavalente si farà in tre dosi: a 3
e 5 mesi e un anno. Poi si eseguirà l'antimeningococcica
B che per chi inizia entro i 5 mesi sarà suddivisa in 4
dosi. Poi la quadrivalente: anti-morbillo, anti-rosolia,
anti-parotite e anti-varicella con sole due dosi a 13
mesi circa con un richiamo a 5 anni. Infine la
profilassi per il meningococco C a circa 14 mesi con un
richiamo entro i 18 anni. Quindi niente iscrizione al
nido o all'asilo senza profilassi e pesanti sanzioni
lungo tutto l'obbligo scolastico da 6 a 16 per le
famiglie dei bambini non vaccinati. Ma non da
quest'anno. Per la scuola poi basterà dimostrare di
essere in lista d'attesa per la vaccinazione pere
frequentare senza problemi. Sanzioni che non scatteranno
mai in modo automaDopo rifiuti ripetuti multe fino a
7.500 euro e denuncia al tribunale tico. La scuola
verificherà l'avvenuta vaccinazione. In caso di mancata
profilassi il dirigente scolastico segnalerà alla Asl il
bambino scoperto e la struttura sanitaria convocherà i
genitori per sottoporlo all'immunizzazione. Solo in caso
di riEMEf I casi di morbillo ancora in aumento. E
l'89°/° dei malati non era vaccinato dopo un ripetuto
diniego scatteranno prima le multe previste da 500 a
7.500 euro e solo come extrema ratio la segnalazione dal
Tribunale dei Minori con l'eventuale sospensione della
patria potestà. «Eravamo preoccupati soprattutto per la
tempistica -spiega l'assessore lombardo al Welfare,
Giulio Gallera (FI)- Non sarebbe stato possibile
consegnare a migliaia di persone i certificati vaccinali
entro i primi di settembre e si sar
IL MEDICO DI MEDICINA GENERALE E LE VISITE DOMICILIARI
La visita domiciliare in regime di convenzione è subordinata
alla sola condizione della intrasportabilità del paziente.
Nell’attività del Medico di Medicina Generale (MMG) è
frequente la richiesta di visite domiciliari spesso
richieste per casi non urgenti o differibili oppure per
difficoltà del paziente che esulano dal suo stato di
salute.
Altrettanto frequente è la minaccia, esplicita o tacita,
del paziente di denunciare il MMG per omissione di
soccorso se questi non si reca tempestivamente al
proprio domicilio.
Pertanto, prima di affrontare il problema della visita
domiciliare va chiarito un clamoroso falso storico sulla
qualifica giuridica dell’omissione di soccorso.
Il reato di omissione di soccorso previsto dall’art. 593
del codice penale prevede che: “Chiunque,
trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore
degli anni dieci, o un'altra persona incapace di
provvedere a se stessa, per malattia di mente o di
corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne
immediato avviso all'autorità è punito con la reclusione
fino a un anno o con la multa fino a 2.500 euro. Alla
stessa pena soggiace chi, trovando un corpo umano che
sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o
altrimenti in pericolo, omette di prestare l'assistenza
occorrente o di darne immediato avviso all'autorità.
Se da siffatta condotta del colpevole deriva una lesione
personale, la pena è aumentata ; se ne deriva la morte,
la pena è raddoppiata”.
Innanzitutto la disposizione penale riguarda qualsiasi
persona, infatti la norma utilizza il termine
“chiunque”, e, non solo il medico.
In giurisprudenza il termine “trovare” non significa
soltanto imbattersi, rinvenire, ma comprende il caso che
la persona la quale versi in pericolo sia stata portata
alla presenza di chi abbia la possibilità di prestare
assistenza.
Non si può realizzare il reato al di fuori della
presenza della persona che ne ha bisogno, pertanto, il
medico che chiamato a prestare la sua opera non si
presenti sicuramente non può rispondere del reato in
questione.
Le visite ambulatoriali e domiciliari, sono disciplinate
dall’art. 47 dell’Accordo Collettivo nazionale del 2005
(ACN) il quale prevede: “l'attività
medica viene prestata nello studio del medico o a
domicilio, avuto riguardo alla non trasferibilità
dell'ammalato. La visita domiciliare deve essere
eseguita di norma nel corso della stessa giornata, ove
la richiesta pervenga entro le ore dieci; ove
invece, la richiesta pervenga dopo le ore dieci, la
visita dovrà essere effettuata entro le ore dodici del
giorno successivo”.
Da questa disposizione contrattuale ne discende che la
visita domiciliare in regime di convenzione è
subordinata alla sola condizione della intrasportabilità
del paziente.
L’unico discrimine previsto dal primo comma dell’art.
47, è quello della non trasferibilità
dell’ammalato.
Sul piano semantico aggettivi come non trasferibile, non
trasportabile, inseriti in un certo contesto documentale
non possono che avere riguardo alle condizioni di salute
della persona con esclusione di altri dati come quelli
attinenti a situazioni ambientali, disponibilità di
mezzi, distanza dall’ambilatorio medico, condizioni
climatiche…..
Quindi per la visita domiciliare risulta obbligatorio il
riferimento alle sole comuni nozioni di scienza medica,
alle quali si uniforma il MMG che quella valutazione è
chiamato a compiere.
Il medico può servirsi con la dovuta cautela delle
informazioni che sovente gli vengono date, a distanza,
spesso telefonicamente, prima della visita, per
stabilire, la necessità, il tempo e il luogo dell’esame
diretto del paziente.
A confermare questa tesi è stata la Corte di Cassazione
Penale con la sentenza n.41646/2001.
Il fatto riguardava un MMG, che chiamato al domicilio di
un suo assistito, dopo aver compiuto la visita aveva
preteso il pagamento di una somma di denaro per la
prestazione.
Rinviato a giudizio ai sensi dell’art. 318 del codice
penale per “corruzione per un atto d’ufficio”, ha basato
tutta la sua difesa, sul concetto di trasportabilità e/o
intrasportabilità del paziente.
In questo caso occorre tenere presente due norme
giuridiche una penale che prevede la fattispecie
dell’art. 318 cp (corruzione per un atto d’ufficio) e
l’altra di natura contrattuale o regolamentare inserita
nell’Accordo Collettivo Nazionale che recepisce la
convenzione dei MMG.
L’art. 318 cp testualmente recita: “Il
pubblico ufficiale, che per compiere un atto del suo
ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra
utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne
accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei
mesi a tre anni. Se il pubblico ufficiale riceve la
retribuzione per un atto d’ufficio da lui già compiuto,
la pena è della reclusione fino a un anno”.
La norma di carattere regolamentare è invece contenuta
nell’art 33 dell’ Accordo Collettivo Nazionale per la
disciplina dei rapporti con i Medici di Medicina
Generale oggi sostituito con l’art. 47, prima
citato, dell’A.C.N. del 2005, che è rimasto di
identico contenuto.
Affinché un comportamento del MMG - in questo caso la
richiesta di denaro per la visita domiciliare -
possa quindi integrare gli estremi del reato di cui
all’art. 318 codice penale è necessario che il medico
pretenda la somma indebitamente e non si realizzi la
situazione che la visita domiciliare sia una prestazione
coperta dalla convenzione.
Nel caso analizzato dalla Corte di Cassazione Penale è
evidente che la questione ruota intorno alla
trasferibilità o meno del paziente.
La trasportabilità, ha notato la Corte, non viene
dettagliata in alcun protocollo di carattere clinico o
professionale e non può comunque che riferirsi alla
persona del paziente “con
esclusione di altri dati come quelli attinenti a
situazioni ambientali, disponibilità di mezzi e quanti
altri eventualmente valutabili a diversi fini, risulta
obbligatorio il riferimento alle sole comuni nozioni di
scienza medica”.
Quindi il medico ha come riferimento solo la situazione
clinica del paziente e del suo stato soggettivo quale lo
“stadio di evoluzione
della malattia ovvero dal trauma sofferto, ma anche da
fattori complementari come età e condizioni generali
della persona, tale che il solo fatto dello spostamento,
sia pure con opportune
cautele e con
l’ausilio di familiari o di altri e con l’uso dei
normali mezzi di trasporto, possa con rilevante
probabilità causare gravi rischi per la salute o creare
condizioni di vita particolarmente penose”.
Il concetto di trasportabilità, ha precisato la Corte,
non si identifica con quello di urgenza, neppure con
quello di emergenza e nemmeno con quello di non
consigliabilità o di non opportunità.
Allo stato quindi il giudizio sulla trasportabilità non
può essere altro che posto dopo che il medico ha
visitato il paziente con il duplice vantaggio di evitare
ogni mercanteggiamento sulla salute dell’assistito e di
formulare un giudizio che non sia solo basato su quanto
riferito dall’utente o dai suoi familiari, ma un
giudizio clinico sull’effettivo stato di salute
rilevato.
Nell’Accordo Collettivo che disciplina il rapporto con
il pediatra di libera scelta, rispetto a quello del MMG,
la norma è più precisa “la
visita domiciliare, qualora ritenuta necessaria, secondo
la valutazione del pediatra, avuto riguardo alla non
trasportabilità dell’ammalato…”.
Rispetto alla convenzione dei MMG quella del Pediatra
sembra lasciare una completa discrezionalità al
pediatra.
In conclusione il MMG, per quanto stabilito dall’art. 47
dell’A.C.N. di Medicina Generale, in caso di richiesta
di visita domiciliare ha due possibilità: quella di
valutare dalle informazioni ricevute la trasportabilità
del paziente e quindi ritenere di non effettuare la
visita, oppure, nell’incertezza o nella scarsa chiarezza
delle informazioni ricevute, procedere ad eseguire la
visita medica domiciliare tranne poi esigere la parcella
nel caso il paziente risultasse trasportabile.
Riassunto
Il medico di base può farsi retribuire le visite che
effettua a domicilio, specialmente quando la visita si
riveli non indispensabile. Non commette, infatti, reato
il medico di famiglia che, su richiesta del paziente,
non in condizioni gravi da non poter essere
trasportato presso il suo studio, si rechi
nell'abitazione per visitarlo e richieda la parcella.
Lo ha stabilito la Prima Sezione Penale della Corte di
Cassazione annullando, "perché il fatto non sussiste",
la sentenza di condanna per corruzione inflitta dal
Tribunale di Milano ad un medico di base che, dopo
essere stato sollecitato dalla madre di una giovane
paziente affetta da febbre alta, si era recato a casa
per effettuare la visita, chiedendone il
pagamento. Secondo la Suprema Corte si tratta di una
visita a carattere ''privatistico'' che non rientra
nell'ambito delle prestazioni in regime di convenzione
con il Servizio Sanitario Nazionale.
Siaip: intolleranze alimentari, sono troppi i test-bufala
Redazione DottNet | 06/05/2017 08:04
Il documento della Società fa chiarezza su metodi e diagnosi
"Troppe
le prove farlocche sulle intolleranze alimentari". Il proliferare di test
privi di fondamento scientifico, come il Dria, quello di
neutralizzazione, la kinesiologia applicata, la biorisonanza, l'analisi del
capello, l'iridologia, ha spinto la Siaip a produrre un documento in cui si
fachiarezza
sulle diagnosi di intolleranza e allergia alimentare.Dell'argomento
si è parlato al Congresso della Società Italiana di Allergologia e
Immunologia Pediatrica a Firenze.
"Allergie e
intolleranzealimentari
sembrano essere diventate frequentissime negli ultimi anni, ma nella
maggioranza dei casi il fenomeno è legato a diagnosi non corrette",
ha sottolineato Mauro Calvani, coordinatore della Commissione Allergia
Alimentare della Società. "I veri allergici tra i bambini non superano il
5-10%", ha spiegato. Alla diagnosi si può arrivare, è stato chiarito, solo
dopo un corretto iter diagnostico che prevede, tra gli altri, l'eliminazionetemporanea
e la reintroduzione dell'alimento sospettato e l'utilizzo di test ben
standardizzatie di
basso costo. Ad esempio gli Skin Prick Test, il dosaggio delle IgE
specifiche per gli alimenti e degli anticorpi per il glutine, il breath test
per il lattosio, e se necessario esami più complessi come l'esecuzione di
una biopsia intestinale.
Tratti somatici: quelli più tramandati
sono punta del naso, zigomi e angolo degli occhi
Lo
sapevate che ci sono alcuni tratti somatici che si tramandano di padre in figlio
più frequentemente di altri? Per la precisione sono la fossetta sottonasale (o
prolabio), ovvero la zona sopra le labbra, la zona sotto il labbro inferiore, la
punta del naso, gli zigomi e l’angolo interno degli occhi. A rivelarlo è uno
studio pubblicato suScientific
Reportse condotto daGiovanni
Montanadel King’s College
di Londra, che ha esaminato modelli in 3D dei volti di quasi 1.000 gemelle
identiche (omozigoti con il DNA identico al 100%) e non (eterozigoti, con DNA
identico per il 50% come due fratelli non gemelli).
Tante volte di un bambino si dice che “è tutto sputato” il papà o la mamma. In
realtà però non tutta la fisionomia del viso è modellata strettamente dal DNA,
ma solo alcuni tratti specifici. Anche i gemelli identici hanno delle differenze
sul viso, anche se difficilmente percepibili, proprio perché sono dominanti i
tratti ereditari, uguali per i due gemelli.
Usando un software ad hoc lo scienziato ha tracciato mappe dell’ereditarietà dei
vari tratti del volto e tracciato le parti più fortemente stabilite dai geni e
quindi che si tramandano di padre in figlio, identificando anche i geni
responsabili di modellare quei tratti stessi. emerso quindi che tratti specifici
del volto quali la fossetta sottonasale, la zona sotto il labbro inferiore, la
punta del naso, gli zigomi e l’angolo interno degli occhi sono trasferiti dai
genitori ai figli mediante i geni.
Le mappe possono essere utili per studiare i geni che danno forma al viso (ed
eventuali anomalie del viso legate a difetti genetici) e nostrano che anche i
gemelli cosiddetti identici possono variare molto in quanto a caratteristiche
del viso ma poiche’ le aree chiave sono controllate dai geni noi li percepiamo
come se fossero identici
Ebbene
sì, mangiare con gli occhi è possibile. Il segreto è in un
meccanismo del cervello che collega direttamente la vista del cibo
all’appetito e che è stato osservato in azione nei pesci zebra.
Pubblicata suNature
Communications, la scoperta si deve ad un gruppo di ricercatori
giapponesi dell’Istituto Nazionale di Genetica (Nig) guidati daAkira
Muto. Da qui si potrà partire per capire il modo in cui il
cervello controlla l’appetito e potrebbe aiutare a comprendere anche
i disturbi alimentari.
”Negli animali vertebrati – ha precisato Muto – il comportamento
alimentare è regolato da un’area del cervello chiamata ipotalamo,
che funziona come una centralina che controlla ed elabora le
informazioni sui bisogni energetici dell’organismo e quelle sulla
disponibilità di cibo”. I pesci zebra, come gli esseri umani, ha
aggiunto, ”utilizzano principalmente la vista per riconoscere il
cibo e sappiamo che l’ipotalamo riceve le informazioni visive sulle
prede”.
Tuttavia, finora non era chiaro come le informazioni visive sulle
prede fossero trasmesse al centro dell’appetito dell’ipotalamo.
Grazie alle tecniche che usano la luce per attivare le singole
cellule del cervello, i ricercatori hanno osservato in tempo reale
l’attività delle cellule nervose nelle larve del pesce zebra. E’
stato così possibile dimostrare che la vista delle prede attiva la
centralina dell’appetito dell’ipotalamo.
Di conseguenza esiste un circuito nervoso che collega direttamente
la vista del cibo a questa centralina. ”Lo studio dimostra – ha
osservato Muto – che la percezione visiva del cibo e’ legata al
comportamento alimentare. Questo è un passo importante per capire
come viene regolato l’appetito, sia in condizioni normali, sia nei
disturbi alimentari”.
Rinite
+ ibuprofene = infarto cardiaco?
21. marzo 2017
Le malattie da raffreddamento e l'assunzione di
antireumatici non steroidei (FANS) sono tra i
fattori che aumentano il rischio d’infarto cardiaco,
che può aumentare persino di 7,2 volte se i FANS
vengono assunti durante un'infezione del tratto
respiratorio.
Soprattutto nei mesi invernali molti soffrono
di infezioni simil-influenzali con sintomi da
raffreddamento. Per alleviare i dolori
articolari e l’affaticamento generale molte
persone assumono antireumatici non steroidei
(FANS), o ricevono questi farmaci su
prescrizione del proprio medico di famiglia.
Sono diffusi ibuprofene e diclofenac. Tuttavia,
questi agenti possono avere conseguenze fatali,
come ha evidenziato un recente studio pubblicato
sul Journal of Infectious Diseases. Per
quanto riguarda il trattamento delle infezioni
respiratorie con FANS, i pazienti e i medici che
li prescrivono dovrebbero prestare attenzione in
futuro, in quanto questi agenti possono
moltiplacare il rischio d’infarto cardiaco in
questo contesto terapeutico.
Esaminato per la prima volta: effetto
cumulativo di FANS e malattie da raffreddamento
In uno studio osservazionale, gli scienziati
hanno analizzato i dati del programma sanitario
di Taiwan nel corso di un periodo di sette anni
(2005-2011). Le serie di dati includevano anche
informazioni su 9.793 pazienti che erano stati
ricoverati in ospedale a causa di un infarto
cardiaco. L’obiettivo dell’analisi dei dati era
scoprire se due potenziali fattori di rischio
per un infarto cardiaco – una malattia
respiratoria acuta e l’utilizzo di FANS –
avessero un effetto combinato in termini di
rischio d’infarto miocardico.
In caso di automedicazione: rischio di
infarto 3,4 volte maggiore
Gli scienziati hanno determinato il normale
rischio di ogni paziente di subire un attacco
cardiaco e lo hanno confrontato con quello nei
periodi di malattia respiratoria acuta e durante
l’uso di FANS. Se i due fattori di rischio erano
presenti, il rischio d’infarto cardiaco
aumentava significativamente. L’assunzione di
questi antidolorifici durante una malattia
respiratoria acuta era associato a un aumento
del rischio d’infarto cardiaco di 3,4 volte
maggiore. La somministrazione parenterale di
FANS in ospedale aumentava il rischio di ben 7,2
volte rispetto ai periodi in cui nessuno dei due
fattori di rischio era presente.
Il direttore dello studio Cheng-Chung Fang
della clinuca universitaria nazionale di
Taiwan, credito: National Taiwan University
Durante una malattia da raffreddamento acuta,
ma senza l’assunzione di FANS, il rischio di
attacco cardiaco dei pazienti aumentava di 2,7
volte, durante l’assunzione di FANS senza
malattia respiratoria acuta di 1,5 volte. Studi
precedenti avevano già collegato le infezioni
respiratorie e una certa selezione di FANS
all’aumento del rischio d’infarto miocardico,
tuttavia finora i due fattori di rischio non
erano stati analizzati insieme.
Infarto miocardico della punta della parete
anteriore (2) dopo la chiusura (1) del ramo
discendente anteriore (LAD) dell’arteria
coronarica sinistra (LCA), diagramma
schematico. Credito: CC BY-SA 3.0
Meglio non assumere FANS durante un
raffreddore
“I medici dovrebbero tenere a mente che una
terapia con FANS durante un raffreddore acuto
aumenta il rischio d’infarto cardiaco”, avverte
l’autore dello studio Cheng-Chung Fang dalla
clinica universitaria nazionale di Taiwan. In
alternativa, suggerisce il paracetamolo, sebbene
questa sostanza non sia stata testata nello
studio.
Come processi responsabili gli scienziati
sospettano la biosintesi di citochine
proinfiammatorie e protrombotiche durante una
malattia da raffreddamento. Questa favorisce
l’accumulo di macrofagi nelle lesioni arteriose.
“Inoltre, le infezioni respiratorie acute
innescano processi sistemici di coagulazione e
indurimento che possono portare alla trombosi”,
scrivono i ricercatori diretti da Fang.
Sebbene i FANS agiscano effettivamente come
anti-infiammatori, l’inibizione della
cicloossigenasi riduce la concentrazione della
prostaglandina I2 antitrombotica e
aumenta la nuova formazione di leucotrieni, con
conseguente aggregazione delle piastrine e
vasocostrizione. I FANS possono anche aumentare
la pressione sanguigna e causare occlusione
vascolare attraverso variazioni dell’equilibrio
di sodio e acqua. “L’assunzione di FANS durante
un’infezione respiratoria acuta favorisce
l’insorgenza di infarto cardiaco in modo
meccanicistico”, dichiara Fang.
Il rischio persiste per anni
Come in altri studi epidemiologici
retrospettivi, anche in questo caso non è stata
motivata una relazione causale dei fenomeni
osservati. Tuttavia, i risultati si allineano
alle recenti scoperte sui rischi cardiovascolari
dei FANS. Uno studio del 2012 aveva studiato
l’effetto dei FANS nei pazienti che avevano già
subito un attacco cardiaco. Di conseguenza,
l’uso di FANS nel primo anno dopo un attacco
cardiaco è associato all’aumento del rischio di
decesso del 59 per cento. Rispetto ai pazienti
che non avevano assunto FANS, il rischio di un
nuovo infarto cardiaco aumentava del 30 per
cento.
Anche negli anni successivi, il rischio
cardiovascolare non scendeva. Cinque anni dopo
l’infarto, l’assunzione di FANS aumentava ancora
il rischio di decesso del 63 per cento e il
rischio d’infarto del 41 per cento, laddove il
nuovo infarto si verificava meno frequentemente
con l’aumento della distanza temporale dal
primo.
Già da luglio 2015 la FDA avverte di infarti
cardiaci associati all’uso di FANS. Nello stesso
anno, anche l’EMA ha emesso un avvertimento per
tutti i pazienti con alte dosi di ibuprofene. Il
rischio equivale a quello di COX-2 inibitori e
diclofenac. Nelle malattie respiratorie acute i
medici dovrebbero soppesare attentamente con i
pazienti se l’assunzione di FANS sia
effettivamente necessaria.