l biotestamento è legge dello Stato: via libera
definitivo al Senato con 180 sì
(ansa)
Ok alle norme che regolano il fine vita. Regge
l'asse Pd-M5S. Cattolici divisi
ROMA- Dopo uno stallo
durato otto mesie forti tensioni
all'interno della maggioranza tra Pd e
centristi, appelli di senatori a vita e sindaci
di tutta Italia, ilbiotestamentoincassa
il via libera definitivo dell'aula di Palazzo
Madama e diventa legge dello Stato.
La legge che regola il fine vita è stata
approvata con 180 sì, 71 contrari e sei
astensioni.
Al termine del voto finale, l'aula ha lungamente
applaudito l'approvazione del provvedimento. In
aula erano presenti ancheMina
Welbye altri esponenti
dell'associazione Luca Coscioni, presente anche
a piazza Montecitorio con un sit-in.
Biotestamento: cosa prevede la legge -
Videoscheda
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Decisivi per il varo del provvedimento l'intesa
fra M5s e Pd che, tramite il capogruppo Luigi
Zanda, ne ha chiesto la calendarizzazione
immediata la scorsa settimana, oltre alla
scarsa belligeranza del centrodestra e le
divisioni all'interno dello stesso mondo
cattolico. In favore della protesta di piazza,
infatti, sono rimasti solo i promotori del
Family Day, mentre si sono smarcate altre sigle,
tra cui il Movimento per la Vita italiano.
Il testo, l'ultima legge importante portata a
casa prima della fine della legislatura, passa
adesso nelle mani del presidente della
RepubblicaSergio
Mattarellache dovrà
firmarlo per la promulgazione.
SALUTE
Infettivologi riuniti a Salerno, sinergie contro
l'antibiotico-resistenza
L'uso smodato ha vanificato i loro effetti e reso i
batteri più resistenti
SALERNO - Focus sugli antibiotici al Congresso
Nazionale di Salerno della SIMIT - Società
Italiana di Malattie Infettive e Tropicali -
alla vigilia del lancio del Piano Sanitario
Nazionale che sarà emanato dal Ministero della
Salute a fine ottobre.
Ogni anno, nel mondo circa 700mila decessi sono
causati dall'antibiotico-resistenza; l'uso
smodato di antibiotici infatti ha vanificato i
loro effetti e reso i batteri più resistenti,
con trend in continua crescita e costi sempre
più elevati. Il prolungamento dei tempi di
degenza per infezione in ospedale è la voce
economicamente più notevole, basti pensare che
una giornata di ricovero costa circa 800 euro.
"Il tema dei germi multiresistenti presuppone un
approccio multidisciplinare, nel contesto del
quale gli infettivologi costituiscono
indubbiamente una delle professionalità di primo
piano" - sottolinea Pierluigi Viale, Professore
Ordinario di Malattie Infettive - Alma Mater
Studiorum Università di Bologna e Direttore
Unità Operativa di Malattie Infettive -
Policlinico S. Orsola Malpighi - Bologna. "Uno
degli aspetti da perseguire assolutamente è
sicuramente migliorare l'uso degli antimicrobici
- prosegue Viale -. E' una grossa responsabilità
per il mondo infettivologico. Sono necessarie
due considerazioni di tipo politico: chi ha la
responsabilità di formazione dei medici del
futuro deve rivedere i piani di acculturamento
per migliorare la consapevolezza sull'uso degli
antibiotici. In secondo luogo, per poter
svolgere un'azione capillare di governo della
terapia antimicrobica servono adeguate risorse".
Serve un maggior coordinamento nazionale.
"La novità del Piano Sanitario Nazionale di
contrasto all'antibiotico resistenza si basa su
un concetto innovativo, detto 'one health', che
introduce un approccio unitario di gestione
delle resistenze" spiega Marco Tinelli,
Segretario Nazionale SIMIT. "Ciò significa che
la gestione del controllo delle infezioni sarà
organizzata a livello circolare comprendendo gli
ospedali, il territorio e gli allevamenti
animali. Il piano introduce così obiettivi e
azioni con maggiore coordinamento nazionale per
tutte le infezioni, il che significa maggiore
concertazione tra le regioni e superamento dei
piani parcellizzati. Questa operazione, che
coniuga centralizzazione e sinergie, necessiterà
anche di nuove risorse".
Legge 104, come usufruire dei permessi in caso
di part-time
Per la Cassazione se il part time supera il 50%
dell'orario, i giorni di permesso restano inalterati
Se
un lavoratore che usufruisce deipermessi
della legge 104passa a un orario
part time, può godere dello stessa quantità di
permessi? A stabilirlo è laCassazionecon
la sentenza numero 22925/2017, distinguendo dal tipo
di part time e dal numero di giorni lavorativi
settimanali.
LA DECISIONE –La Suprema
Corte ha preso come riferimento normativo la
Direttiva 97/87/Ce sull’accordo quadro per iltempo
parziale, che, per i giudici, vieta le
discriminazioni a carico dei lavoratori a tempo
parziale, ma non impedisce di ricalcolare i permessi
mensili della legge 104 con il passaggio all’orario
part time. E ha stabilito che laddove il rapporto di
lavoro si trasformi inpart-time
verticale, il lavoratore ha diritto a
fruire integralmente dei permessi riconosciutigli
dalla legge 104/1992 goduti in precedenza, ma
soltanto qualora il nuovo orario settimanale
comporti una prestazione perun
numero di giornate superiore al 50% di quello
ordinario.
.
Unmute
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PERMESSI CON PART TIME ORIZZONTALE – Con il
part time orizzontale il lavoratore lavora solo
alcune ore al giorno (4 ore) e può godere dei3
giorni di permesso, ma per ogni giornata
spettanomeno
oreperchè sono minori quelle
lavorate, così come per il numero di giorni di
ferie.
PERMESSI CON PART TIME VERTICALE – Con il
part time verticale il dipendente lavora tutta la
giornata ma solo alcuni giorni della settimana e il
numero dei giorni di permessova
ridimensionatoin proporzione
con arrotondamenti.
I giudici della Cassazione sono intervenuti su un
caso di part time verticale: “appare ragionevole
distinguere l’ipotesi in cui la prestazione di
lavoro part time sia articolata sulla base di un
orario settimanale che comporti una prestazione per
un numero di giornate superiore al 50% di quello
ordinario, da quello in cui comporti una prestazione
per un numero di giornate di lavoro inferiori, o
addirittura limitata solo ad alcuni periodi
nell’anno e riconoscere, solo nel primo caso, stante
la pregnanza degli interessi coinvolti e l’esigenza
di effettività di tutela del disabile, il diritto
alla integrale fruizione dei permessi in oggetto”.
Per la Cassazione se il lavoratore è presente
settimanalmentealmeno
4 giorni su 6, può usufruire dei 3 giorni
di permesso.
L’MMG e le visite domiciliari tra
pretese dei pazienti e diritto
La visita domiciliare in regime di
convenzione è subordinata alla sola
condizione della intrasportabilità
del paziente.
Nell’attività del Medico di
Medicina Generale (MMG) è
frequente la richiesta di visite
domiciliari spesso richieste per
casi non urgenti o differibili
oppure per difficoltà del
paziente che esulano dal suo
stato di salute.
Altrettanto frequente è la
minaccia, esplicita o tacita,
del paziente di denunciare il
MMG per omissione di soccorso se
questi non si reca
tempestivamente al proprio
domicilio.
Pertanto, prima di affrontare il
problema della visita
domiciliare va chiarito un
clamoroso falso storico sulla
qualifica giuridica
dell’omissione di soccorso.
Il reato di omissione di
soccorso previsto dall’art. 593
del codice penale prevede che: “Chiunque,
trovando abbandonato o smarrito
un fanciullo minore degli anni
dieci, o un'altra persona
incapace di provvedere a se
stessa, per malattia di mente o
di corpo, per vecchiaia o per
altra causa, omette di darne
immediato avviso all'autorità è
punito con la reclusione fino a
un anno o con la multa fino a
2.500 euro. Alla stessa pena
soggiace chi, trovando un corpo
umano che sia o sembri
inanimato, ovvero una persona
ferita o altrimenti in pericolo,
omette di prestare l'assistenza
occorrente o di darne immediato
avviso all'autorità.
Se da siffatta condotta del
colpevole deriva una lesione
personale, la pena è aumentata ;
se ne deriva la morte, la pena è
raddoppiata”.
Innanzitutto la disposizione
penale riguarda qualsiasi
persona, infatti la norma
utilizza il termine “chiunque”,
e, non solo il medico.
In giurisprudenza il termine
“trovare” non significa soltanto
imbattersi, rinvenire, ma
comprende il caso che la persona
la quale versi in pericolo sia
stata portata alla presenza di
chi abbia la possibilità di
prestare assistenza.
Non si può realizzare il reato
al di fuori della presenza della
persona che ne ha bisogno,
pertanto, il medico che chiamato
a prestare la sua opera non si
presenti sicuramente non può
rispondere del reato in
questione.
Le visite ambulatoriali e
domiciliari, sono disciplinate
dall’art. 47 dell’Accordo
Collettivo nazionale del 2005
(ACN) il quale prevede: “l'attività
medica viene prestata nello
studio del medico o a domicilio,
avuto riguardo alla non
trasferibilità dell'ammalato. La
visita domiciliare deve essere
eseguita di norma nel corso
della stessa giornata, ove la
richiesta pervenga entro le ore
dieci; ove invece, la richiesta
pervenga dopo le ore dieci, la
visita dovrà essere effettuata
entro le ore dodici del giorno
successivo”.
Da questa disposizione
contrattuale ne discende che la
visita domiciliare in regime di
convenzione è subordinata alla
sola condizione della
intrasportabilità del paziente.
L’unico discrimine previsto dal
primo comma dell’art. 47,
è quello della non
trasferibilità dell’ammalato.
Sul piano semantico aggettivi
come non trasferibile, non
trasportabile, inseriti in un
certo contesto documentale non
possono che avere riguardo alle
condizioni di salute della
persona con esclusione di altri
dati come quelli attinenti a
situazioni ambientali,
disponibilità di mezzi, distanza
dall’ambilatorio medico,
condizioni climatiche…..
Quindi per la visita domiciliare
risulta obbligatorio il
riferimento alle sole comuni
nozioni di scienza medica, alle
quali si uniforma il MMG che
quella valutazione è chiamato a
compiere.
Il medico può servirsi con la
dovuta cautela delle
informazioni che sovente gli
vengono date, a distanza, spesso
telefonicamente, prima della
visita, per stabilire, la
necessità, il tempo e il luogo
dell’esame diretto del paziente.
A confermare questa tesi è stata
la Corte di Cassazione Penale
con la sentenza n.41646/2001.
Il fatto riguardava un MMG, che
chiamato al domicilio di un suo
assistito, dopo aver compiuto la
visita aveva preteso il
pagamento di una somma di denaro
per la prestazione.
Rinviato a giudizio ai sensi
dell’art. 318 del codice penale
per “corruzione per un atto
d’ufficio”, ha basato tutta la
sua difesa, sul concetto di
trasportabilità e/o
intrasportabilità del paziente.
In questo caso occorre tenere
presente due norme giuridiche
una penale che prevede la
fattispecie dell’art. 318 cp
(corruzione per un atto
d’ufficio) e l’altra di natura
contrattuale o regolamentare
inserita nell’Accordo Collettivo
Nazionale che recepisce la
convenzione dei MMG.
L’art. 318 cp testualmente
recita: “Il
pubblico ufficiale, che per
compiere un atto del suo
ufficio, riceve, per sé o per un
terzo, denaro od altra utilità,
una retribuzione che non gli è
dovuta, o ne accetta la
promessa, è punito con la
reclusione da sei mesi a tre
anni. Se il pubblico ufficiale
riceve la retribuzione per un
atto d’ufficio da lui già
compiuto, la pena è della
reclusione fino a un anno”.
La norma di carattere
regolamentare è invece contenuta
nell’art 33 dell’ Accordo
Collettivo Nazionale per la
disciplina dei rapporti con i
Medici di Medicina Generale
oggi sostituito con l’art. 47,
prima citato, dell’A.C.N.
del 2005, che è rimasto di
identico contenuto.
Affinché un comportamento del
MMG - in questo caso la
richiesta di denaro per la
visita domiciliare - possa
quindi integrare gli estremi del
reato di cui all’art. 318 codice
penale è necessario che il
medico pretenda la somma
indebitamente e non si realizzi
la situazione che la visita
domiciliare sia una prestazione
coperta dalla convenzione.
Nel caso analizzato dalla Corte
di Cassazione Penale è evidente
che la questione ruota intorno
alla trasferibilità o meno del
paziente.
La trasportabilità, ha notato la
Corte, non viene dettagliata in
alcun protocollo di carattere
clinico o professionale e non
può comunque che riferirsi alla
persona del paziente “con
esclusione di altri dati come
quelli attinenti a situazioni
ambientali, disponibilità di
mezzi e quanti altri
eventualmente valutabili a
diversi fini, risulta
obbligatorio il riferimento alle
sole comuni nozioni di scienza
medica”.
Quindi il medico ha come
riferimento solo la situazione
clinica del paziente e del suo
stato soggettivo quale lo “stadio
di evoluzione della malattia
ovvero dal trauma sofferto, ma
anche da fattori complementari
come età e condizioni generali
della persona, tale che il solo
fatto dello spostamento, sia
pure con opportune
cautele e con l’ausilio di
familiari o di altri e con l’uso
dei normali mezzi di trasporto,
possa con rilevante probabilità
causare gravi rischi per la
salute o creare condizioni di
vita particolarmente penose”.
Il concetto di trasportabilità,
ha precisato la Corte, non si
identifica con quello di
urgenza, neppure con quello di
emergenza e nemmeno con quello
di non consigliabilità o
di non opportunità.
Allo stato quindi il giudizio
sulla trasportabilità non può
essere altro che posto dopo che
il medico ha visitato il
paziente con il duplice
vantaggio di evitare ogni
mercanteggiamento sulla salute
dell’assistito e di formulare un
giudizio che non sia solo basato
su quanto riferito dall’utente o
dai suoi familiari, ma un
giudizio clinico sull’effettivo
stato di salute rilevato.
Nell’Accordo Collettivo che
disciplina il rapporto con il
pediatra di libera scelta,
rispetto a quello del MMG, la
norma è più precisa “la
visita domiciliare, qualora
ritenuta necessaria, secondo la
valutazione del pediatra, avuto
riguardo alla non
trasportabilità dell’ammalato…”.
Rispetto alla convenzione dei
MMG quella del Pediatra sembra
lasciare una completa
discrezionalità al pediatra.
In conclusione il MMG, per
quanto stabilito dall’art. 47
dell’A.C.N. di Medicina
Generale, in caso di richiesta
di visita domiciliare ha due
possibilità: quella di valutare
dalle informazioni ricevute la
trasportabilità del paziente e
quindi ritenere di non
effettuare la visita, oppure,
nell’incertezza o nella scarsa
chiarezza delle informazioni
ricevute, procedere ad eseguire
la visita medica domiciliare
tranne poi esigere la parcella
nel caso il paziente risultasse
trasportabile.
Riassunto
Il medico di base può farsi
retribuire le visite che
effettua a domicilio,
specialmente quando la visita si
riveli non indispensabile. Non
commette, infatti, reato il
medico di famiglia che, su
richiesta del paziente, non in
condizioni gravi da non
poter essere trasportato presso
il suo studio, si rechi
nell'abitazione per visitarlo e
richieda la parcella.
Lo ha stabilito la Prima Sezione
Penale della Corte di Cassazione
annullando, "perché il fatto non
sussiste", la sentenza di
condanna per corruzione inflitta
dal Tribunale di Milano ad un
medico di base che, dopo essere
stato sollecitato dalla madre di
una giovane paziente affetta da
febbre alta, si era recato a
casa per effettuare la visita,
chiedendone il pagamento.
Secondo la Suprema Corte si
tratta di una visita a carattere
''privatistico'' che non rientra
nell'ambito delle prestazioni in
regime di convenzione con il
Servizio Sanitario Nazionale.
A cura di: Mauro Marin – Direttore di
Distretto – Pordenone
Key words: normativa, esenzioni, sanzioni
La Guardia di Finanza effettua dei controlli
sulla veridicità delle autocertificazioni
per ottenere l’esenzione dal ticket
sanitario per motivo di reddito.
La sottoscrizione da parte di un assistito
di una autocertificazione di possesso dei
requisiti in realtà poi accertati non
sussistenti per l’esenzione dal ticket
sanitario per reddito cod.E02 costituisce
una violazione di legge punibile ai sensi
dell’art. 316-ter del codice penale con una
sanzione amministrativa pecuniaria da 5164 a
25822 euro, riducibile se il pagamento
avviene entro 60 giorni dalla contestazione
della violazione, secondo la sentenza della
Cassazione Sez Unite n.7537/2010.
La falsa dichiarazione costituisce una
violazione di legge, indipendentemente dal
fatto che vi sia o meno un danno erariale
per il fatto concomitante che l’assistito
risulti affetta da patologie per le quali
comunque è previsto un diritto, dal momento
del loro riconoscimento, ad una esenzione
parziale dal pagamento del ticket specifica
per patologia.
L’utilizzo improprio dell’esenzione per
reddito autocertificata è imputabile
unicamente a chi la sottoscrive consapevole
che non corrisponde alla reale situazione
reddituale o senza verificare l’effettivo
possesso dei requisiti.
La Cassazione a Sezioni Unite (Sentenza 16
dicembre 2010 – 25 febbraio 2011, n. 7537)
ha approfondito le responsabilità di queste
condotte. In precedenza, alcune sentenze
della Cassazione avevano qualificato la
condotta sopra descritta in termini di
truffa aggravata in danno di ente pubblico
(art. 640 bis c.p.), in conformità a quanto
statuito dalle Sezioni Unite con la sentenza
n. 16568 del 19/04/2007, sui i rapporti tra
le fattispecie criminose di cui agli artt.
316 ter e 640 bis c.p., mentre altra parte
della giurisprudenza aveva inquadrato tale
condotta nel reato di indebita percezione di
erogazioni in danno dello Stato o di altri
enti pubblici (art. 316 ter c.p.), punito
con sanzioni meno severe e con la sola
sanzione amministrativa da € 5.164,00 ad €
25.822,00, qualora la somma indebitamente
percepita fosse pari o inferiore a 4000
euro.
Le Sezioni Unite hanno affermato che vanno
ricondotte alla fattispecie di cui all’art.
316 ter – e non a quella di truffa – le
condotte alle quali non consegua
un’induzione in errore per l’ente erogatore,
dovendosi tenere conto, al riguardo, sia
delle modalità del procedimento di volta in
volta in rilievo ai fini della specifica
erogazione, sia delle modalità effettive del
suo svolgimento nel singolo caso concreto.
La Corte Costituzionale con ordinanza n. 95
del 2004 ha affermato, come il carattere
sussidiario e residuale dell’art. 316 ter
rispetto all’art. 640 bis c.p., chiarendo
che l’art. 316 ter assicura una tutela
aggiuntiva e “complementare” rispetto a
quella offerta agli stessi interessi
dall’art. 640 bis, coprendo in specie gli
eventuali margini di scostamento – per
difetto – del paradigma punitivo della
truffa rispetto alla fattispecie della
frode. Ha quindi rinviato all’ordinario
compito interpretativo del giudice
l’accertamento, in concreto, se una
determinata condotta formalmente rispondente
alla fattispecie dell’art. 316 ter integri
anche la figura descritta dall’art. 640 bis,
dovendosi, in tal caso, fare applicazione
solo di quest’ultima.
L’art. 316 ter c.p., punisce condotte non
incluse nella fattispecie di truffa,
caratterizzate, oltre che dal silenzio
antidoveroso, da false dichiarazioni o
dall’uso di atti o documenti falsi, ma nelle
quali l’erogazione non discende da una falsa
rappresentazione dei suoi presupposti da
parte dell’ente pubblico erogatore, che non
viene indotto in errore perché in realtà si
rappresenta correttamente solo l’esistenza
della formale attestazione del richiedente”.
In base a tale principio le Sezioni Unite
hanno ribadito che la truffa va ravvisata
solo dove l’ente erogante sia stato in
concreto “circuito” nella valutazione di
elementi attestativi o certificativi
artificiosamente decettivi, mentre vanno
ricondotte all’art. 316 ter le condotte alle
quali non consegua un’induzione in errore
per l’ente erogatore.
Integra il reato previsto dall’art. 316 ter
c.p., anche la indebita percezione di
erogazioni pubbliche di natura
assistenziale, tra le quali rientrano quelle
concernenti la esenzione del ticket per
prestazioni sanitarie ed ospedaliere, in
quanto nel concetto di conseguimento
indebito di una erogazione da parte di enti
pubblici rientrano tutte le attività di
contribuzione ascrivibili a tali enti, non
soltanto attraverso l’elargizione di una
somma di denaro ma anche attraverso la
concessione dell’esenzione dal pagamento del
ticket, perchè anche in questo secondo caso
il richiedente ottiene un vantaggio e
beneficio economico ingiusto che viene posto
indebitamente a carico della comunità.
Il reato di cui all’art. 316 ter c.p.,
assorbe quello di falso previsto dall’art.
483 c.p., in tutti i casi in cui l’utilizzo
o la presentazione di dichiarazioni o
documenti falsi costituiscono elementi
essenziali per la sua configurazione, nel
senso che la falsa dichiarazione rilevante
ex art. 483 ovvero l’uso di un atto falso ne
costituiscono modalità tipiche di
consumazione; “L’assorbimento del falso
ideologico nel delitto di cui all’art. 316
ter si realizza anche quando la somma
indebitamente percepita o non pagata dal
privato non superando la soglia minima
dell’erogazione (euro 4000 ) integri la meno
grave violazione amministrativa prevista dal
secondo comma dell’ art. 316 ter”.
Quindi la falsa autocertificazione delle
condizioni del reddito, al fine di ottenere
l’esenzione dal pagamento delle prestazioni
sanitarie, integra il meno grave reato di
cui all’art. 316 ter c.p. e non la
fattispecie di truffa aggravata.
Nell’ipotesi, invece, di presentazione di un
certificato ISEE attestante condizioni di
reddito non corrispondenti al vero, si
potrebbe invece ipotizzare la sussistenza
del reato di truffa per cui non opera la
predetta soglia di rilevanza penale di 4000
euro.
Cellulare alla guida: sequestro e ritiro della patente
Il problema delcellulare
alla guidaè
sempre più diffuso e, solo nell'ultimo anno, gliincidenti
sono aumentati vistosamente. Come arginare
il fenomeno?
Ritiro della patenteper
chi guida con ilcellulare:
questa la grande novità che dobbiamo aspettarci
prima dell’estate. In realtà è già definita dalla
legislazione vigente, ma solo nei casi dei recidivi.
Presto, molto presto, la sanzione potrà essere
previstaanche
per chi viene sorpreso la prima volta. È
quanto proposto con il Decreto Legge 150/2017,
pronto a essere sdoganato in tempi abbastanza brevi.
Ma lo sappiamo già: è sufficiente dare una
sbirciatina alle macchine che ti circondano mentre
sei in fila al semaforo per capire che ormai siamo
dipendenti dalla tecnologia… Vedi più
smartphone che auto! C’è chi ammazza il
tempofacendosi
un selfie, chi scrive messaggini o li registra,
chi controlla la mail, chi controlla i social:
insomma a ciascuno il suo, ma di fatto è difficile
resistere alla tentazione di controllare le
notifiche anche mentre siamo alla guida.
Ma come puoi ben immaginare, questo giochino che
ognuno di noi fa nella piena e totale convinzione
che se qualcosa deve succedere, succederà a
qualcun’altro, può costare caro. E non parliamo solo
di sanzioni previste dal Codice della Strada. Parliamo
soprattutto di vite umane.
Se consideri che per rispondere ad un SMS
distogliamo l’attenzione dalla guida per una decina
di secondi circa e che in questi dieci secondi a 50
km/h percorriamo circa 140 metri (più di un campo di
calcio), ne convieni che possiamo solo parlare di
gesto folle? E se fino ad oggi ti è andata bene, non
vuol dire che sarà così per sempre.
Ritiro della patente per chi usa lo smartphone alla
guida
Chiunque digiti sul telefonino o parli senza l’uso
di auricolare o bluetooth nel veicolo può finire
davvero in un mare di guai. A oggi la pena è
confermata solo per i recidivi, ossia per chi
commette la stessa infrazione entro due anni dalla
prima volta. Se la normativa dovesse passare così
com’è, ci sarà dunque lasospensione
della patentede
facto: gli agenti che colgono in fragrante
l’automobilista potranno ritirare direttamente la
patente, mentreil
prefetto deciderà il periodo della sospensione(comunque
da uno a tre mesi). Inoltre non è previsto neanche
lo sconto del 30% sulla multa se pagata entro cinque
giorni, perché tale possibilità è legata alle
contravvenzioni che non impongono la requisizione
della patente).
Cellulare alla guida: i dati sul numero degli
incidenti stradali
Il Consiglio di Sicurezza Nazionale (NSC) ha diffuso
i dati che mostrano dove il27% degli
incidenti automobilistisono
stati causati dall’uso
del telefono cellulare mentre si guida. In
un’intervista alla CBNC nel 2016, l’amministratore
delegato della NSC, Deborah Hersman, ha
affermato che la percentuale diincidenti
correlati all’uso del telefono cellulare ormai
non ci sorprende più, dal momento che l’uso del
cellulare al volante è diventato una prassi. La
sfida sarebbe quella di trovare una soluzione a
questo problema diffuso in ogni generazione di
guidatore. “Le
persone non sono sorprese del fatto che molti di
loro usano il cellulare mentre sono alla guida”,
la dichiarazione della stessa Hersman.
Anche lamania
dei selfieè
diventata un grave problema a livello di sicurezza
stradale, in quanto sempre più persone decidono di
scattarsi le foto in corrispondenza di un treno o
di un convoglio,rischiando
spesso la vita e aumentando il numero di incidenti.
C’è chi poi invece è intento a chiacchierare al
telefono, inviare un messaggio o chattare su
Whatsapp quando è per strada alla guida di un auto.
Tutti questi comportamenti rappresentano un pericolo
costante da non sottovalutare e da cercare di
risolvere al più presto.
Secondo l’Aci “In
Italia 3 incidenti su 4 sono dovuti alla distrazione“,
quasi 1.200 vittime solo nei primi sei mesi del
2015, giusto per fare un esempio. “E cellulari e
smartphone sono una delle cause principali”.
I casi e i costi delle sanzioni sono chiari, come
recitano il comma 2 e 3 bis dell’articolo 173 del
CdS, ma non sembrano preoccupare gli automobilisti
indisciplinati:
comma 2
È vietato al conducente di far uso durante la
marcia di apparecchi radiotelefonici ovvero di
usare cuffie sonore, fatta eccezione per i
conducenti dei veicoli delle Forze armate e dei
Corpi di cui all’articolo 138, comma 11, e di
polizia. È consentito l’uso di apparecchi a viva
voce o dotati di auricolare purché il conducente
abbia adeguate capacità uditive ad entrambe le
orecchie (che non richiedono per il loro
funzionamento l’uso delle mani).
comma 3-bis
Chiunque viola le disposizioni di cui al comma 2
è soggetto alla sanzione amministrativa dapagamento
di una somma da euro 161 a euro 646 e la
decurtazione di 5 punti dalla patente.
Si applica la sanzione amministrativa accessoria
della sospensione della patente di guida da uno
a tre mesi, qualora lo stesso soggetto compia
un’ulteriore violazione nel corso di un biennio.
Quello che non è chiaro è invece il numero di
incidenti e vittime correlate all’uso del cellulare
mentre si guida: dal 2009 infatti non siamo più in
grado di quantificare con certezza assoluta gli
incidenti causati da alcol, droga e utilizzo del
telefono in auto. In altri paesi invece hanno numeri
precisi e statistiche e, anche per questo, stanno
riuscendo a limitare i problemi.
Ad esempio, Giappone e Nuova Zelanda hanno già
adottato normative a tolleranza zero: l’uso dello
smartphone alla guida è permesso solo nel caso di
utilizzo di Bluetooth. A proposito di bluetooth, che
ne dici di comprare un kit vivavoce per la tua auto?
In questo modo viaggi sereno e sei sicuro di non
prendere una multa.
Siaip: intolleranze alimentari, sono troppi i
test-bufala
redazione DottNet | 06/05/2017 08:04
Il documento della Società fa chiarezza su
metodi e diagnosi
"Troppe
le prove farlocche sulle intolleranze alimentari".
Il proliferare di test privi di fondamento
scientifico, come il Dria, quello di
neutralizzazione, la kinesiologia applicata, la
biorisonanza, l'analisi del capello, l'iridologia,
ha spinto la Siaip a produrre un documento in cui si
fachiarezza
sulle diagnosi di intolleranza e allergia
alimentare.Dell'argomento
si è parlato al Congresso della Società Italiana di
Allergologia e Immunologia Pediatrica a Firenze.
"Allergie e intolleranzealimentari
sembrano essere diventate frequentissime negli
ultimi anni, ma nella maggioranza dei casi il
fenomeno è legato a diagnosi non corrette",
ha sottolineato Mauro Calvani, coordinatore della
Commissione Allergia Alimentare della Società. "I
veri allergici tra i bambini non superano il 5-10%",
ha spiegato. Alla diagnosi si può arrivare, è stato
chiarito, solo dopo un corretto iter diagnostico che
prevede, tra gli altri, l'eliminazionetemporanea
e la reintroduzione dell'alimento sospettato e
l'utilizzo di test ben standardizzatie
di basso costo. Ad esempio gli Skin Prick Test, il
dosaggio delle IgE specifiche per gli alimenti e
degli anticorpi per il glutine, il breath test per
il lattosio, e se necessario esami più complessi
come l'esecuzione di una biopsia intestinale.
Ebbene
sì, mangiare con gli occhi è possibile. Il
segreto è in un meccanismo del cervello che
collega direttamente la vista del cibo
all’appetito e che è stato osservato in
azione nei pesci zebra. Pubblicata suNature
Communications, la scoperta si deve ad
un gruppo di ricercatori giapponesi
dell’Istituto Nazionale di Genetica (Nig)
guidati daAkira
Muto. Da qui si potrà partire per
capire il modo in cui il cervello controlla
l’appetito e potrebbe aiutare a comprendere
anche i disturbi alimentari.
”Negli animali vertebrati – ha precisato
Muto – il comportamento alimentare
è regolato da un’area del cervello chiamata
ipotalamo, che funziona come una centralina
che controlla ed elabora le informazioni sui
bisogni energetici dell’organismo e quelle
sulla disponibilità di cibo”. I pesci zebra,
come gli esseri umani, ha aggiunto,
”utilizzano principalmente la vista per
riconoscere il cibo e sappiamo che
l’ipotalamo riceve le informazioni visive
sulle prede”.
Tuttavia, finora non era chiaro come le
informazioni visive sulle prede fossero
trasmesse al centro dell’appetito
dell’ipotalamo. Grazie alle tecniche che
usano la luce per attivare le singole
cellule del cervello, i ricercatori hanno
osservato in tempo reale l’attività delle
cellule nervose nelle larve del pesce zebra.
E’ stato così possibile dimostrare che la
vista delle prede attiva la centralina
dell’appetito dell’ipotalamo.
Di conseguenza esiste un circuito nervoso
che collega direttamente la vista del cibo a
questa centralina. ”Lo studio dimostra – ha
osservato Muto – che la percezione visiva
del cibo e’ legata al comportamento
alimentare. Questo è un passo importante per
capire come viene regolato l’appetito, sia
in condizioni normali, sia nei disturbi
alimentari”.
Tumori, la maggior parte è dovuta al caso
Le mutazioni del Dna che causano la malattia, in due
casi su tre, dipendono dagli errori che le cellule
fanno normalmente quando si replicano. Il dato è
pubblicato su Science da un ricercatore italiano e
uno americano. "E' ovvio che fumare aumenta il
rischio. Ma molte alterazioni all'origine del cancro
avverrebbero comunque, a prescindere dallo stile di
vita"
di ELENA DUSI
(ap)
Perché viene il cancro? Fumo e raggi del sole,
d’accordo. Ma questo non spiega perché ad
ammalarsi è anche chi fa vita sana. E
paradossalmente alla domanda, posta in maniera
così diretta, la scienza non si era mai sforzata
di rispondere fino in fondo. Poi sono arrivati
Bert Vogelstein e Cristian Tomasetti,
rispettivamente genetista e biostatistico dellaJohns
Hopkins Universitydi
Baltimora, che nel 2015 suScience(complice
un comunicato stampa forse un po’ ardito)
risposero con unostudiotradotto
dalla stampa così: di cancro ci si ammala per
caso e per sfortuna.
La valanga di
polemiche travolse quello che in realtà era un
messaggio importante, e che a leggere bene le
carte non assolveva affatto fumo, raggi del sole
e altri fattori di rischio legati agli stili di
vita. A Vogelstein e Tomasetti di lasciare il
discorso così in sospeso proprio non andava.
Ecco perché oggi suSciencei
due ricercatori pubblicano la seconda puntata
della loro ricerca, con una mole di dati tale da
lasciare stavolta poco spazio alle polemiche.
Si sa che una cellula normale diventa
tumorale quando nel suo Dna si accumulano almeno
due-tre mutazioni che la fanno “impazzire”.
Vogelstein e Tomasetti hanno calcolato oggi che
ben due terzi di queste mutazioni dipendono da
errori casuali, che le cellule normalmente fanno
quando si dividono e replicano la loro doppia
elica. “E che avverrebbero comunque, qualunque
cosa facciamo. Anche andando a vivere su un
pianeta con l'aria pulita, senza raggi del sole
e mangiando solo cose sanissime, queste
mutazioni ci farebbero ammalare lo stesso”
spiega Vogelstein, che alla Johns Hopkins è
condirettore del Kimmel Cancer Center.
Dire che il 66% delle mutazioni sono casuali non
vuol dire che il 66% dei casi di cancro è dovuto
alla sfortuna e quindi non è prevenibile.
“Facciamo un esempio” spiega Tomasetti. “Se una
cellula del polmone è diventata cancerosa dopo
aver subito tre mutazioni, e solo una di quelle
mutazioni era causata dal fumo, vuol dire che
quella malattia era prevenibile”. Nel complesso,
lo studio di Science non si discosta da quella
che è la stima elaborata negli anni da Cancer
Research Uk, secondo cui il 42% dei casi di
cancro può essere evitato grazie a stili di vita
corretti. Questo vuol dire che solo in Italia
ogni giorno più di 400 persone potrebbero
dribblare la malattia, seguendo i consigli di
prevenzione.
“Il paradigma tradizionale
è che il cancro ha cause ereditarie, ambientali
e legate agli stili di vita” spiega Tomasetti,
italiano da 15 anni negli Usa. “Noi all’inizio
volevamo quantificare il peso di ciascuna di
queste cause. Per farlo avevamo bisogno di
eliminare il cosiddetto rumore di fondo: i
fattori legati al caso. Ma andando avanti con le
nostre statistiche ci siamo accorti che il caso
non era affatto un rumore di fondo. Anzi,
giocava un ruolo principe nel causare le
mutazioni del Dna che a loro volta causano il
cancro”.
Ogni volta che una cellula si
divide, in ciascuno dei tessuti del nostro
corpo, lascia nel Dna degli errori di copiatura.
“Da tre a sei per ogni duplicazione” precisa
Tomasetti. "E negli 80 anni della vita di un
uomo una cellula può dividersi fino a 5mila
volte". Queste “sviste” possono avvenire ovunque
nella doppia elica. Spesso non hanno
conseguenze, ma se toccano uno dei geni che
promuovono il cancro e se si accumulano una dopo
l’altra, possono far nascere la malattia. “Più
alto è il numero di divisioni cellulari che
avvengono in un tessuto”, aggiunge il
ricercatore, “più alto è il rischio di
ammalarsi. L’epitelio che riveste il colon, ad
esempio, si rinnova completamente ogni 4 giorni.
Idem per la pelle. Anche nel seno le
replicazioni cellulari sono molto frequenti. Non
a caso questi tessuti sono più colpiti dai
tumori rispetto al cervello, dove i neuroni non
si dividono mai o quasi”.
I meri errori
di copiatura rappresentano il 95% di tutte le
mutazioni nei tumori di prostata, ossa e
cervello (quil'infograficadi
Science). Nel caso dei polmoni, invece, il ruolo
della “sfortuna” scende al 35%. Il 65% delle
alterazioni del Dna, nell’organo più esposto al
fumo di sigaretta e all’inquinamento, resta
attribuibile a fattori ambientali. “Fattori
ambientali – spiega Vogelstein – che
semplicemente si sommano a quelli casuali”,
modificandone le proporzioni ma non i valori
assoluti.
"Nelle cellule tumorali di un
non fumatore troviamo in media cento mutazioni
genetiche" spiega Tomasetti. "In quelle di un
fumatore trecento. Questo non ci permette di
dire che il fumo causa con certezza la malattia.
Può darsi infatti che fra le cento mutazioni ce
ne siano alcune che coinvolgono i geni promotori
del cancro, o che questi geni siano risparmiati
del tutto dalle trecento mutazioni dei fumatori.
Ma di sicuro le sigarette aumentano il rischio".
Mettendo insieme tutti i tipi di tumore (i
ricercatori ne hanno studiati 32 in 69 paesi) si
arriva al dato complessivo del 66% delle
mutazioni dovute al caso, mentre il 5% è legato
a fattori ereditari e il restante 29% è
imputabile a stili di vita scorretti.
Perché avvengano questi errori di copiatura è
presto detto. "Le alterazioni del Dna sono il
motore dell'evoluzione. E quindi possiamo dire
che i tumori, della nostra evoluzione, sono
l'effetto collaterale" spiega Vogelstein.
"Sapere che una malattia è dovuta al caso e
sfugge al nostro controllo può essere
disturbante. Ma questo non è un buon motivo per
nascondere la realtà". Tomasetti d'altro canto
racconta di aver ricevuto molte lettere,
"soprattutto di genitori di bambini malati, che
si dicevano sollevati dal senso di colpa perché
la malattia non dipendeva da fattori ereditari o
dall'esposizione involontaria a fattori di
rischio ambientali". Poi lo statistico italiano
fa l'esempio dell'amanuense: "Se è stanco e
distratto (fattori ambientali e stili di vita
scorretti) o ha la penna rotta (fattori
genetici) commetterà sicuramente più sbagli. Ma
anche nelle condizioni ideali, le imperfezioni
nella sua scrittura non saranno mai ridotte a
zero. Fa parte del nostro essere uomini".
Se poi il cancro è una guerra, come il
presidente americano Richard Nixonsuggerìnel
1971, per combatterla si possono usare due
strategie. "Si possono difendere i confini per
evitare gli attacchi dei nemici dall'esterno"
spiega Vogelstein, riferendosi ai fattori di
rischio ambientali o legati agli stili di vita.
"O si possono imparare a riconoscere i nemici
interni, che sono le mutazioni casuali. Per
prevenirle oggi non abbiamo nessuna arma. Ma
concentrandoci sulla diagnosi e sugli interventi
precoci potremmo salvare molte vite lo stesso".
Uno dei filoni di ricerca più nuovi, seguito
alla Johns Hopkins ma non solo, "è quello delle
biopsie liquide, che mi fanno guardare al futuro
con ottimismo" spiega Tomasetti. La
scommessa (per ora ancora in fase sperimentale)
è quella di rintracciare nel sangue le tracce di
Dna e altre minuscole molecole che un tumore
lascia fin dalle prime fasi della sua
formazione. Un semplice prelievo permetterà
forse un giorno di combattere la sfortuna.
21. marzo 2017
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L'utilizzo dei farmaci antinfiammatori
nelle banali sindromi da raffreddamento può
rappresentare un rischio di malattia
cardiovascolare
Le malattie da raffreddamento e l'assunzione di
antireumatici non steroidei (FANS) sono tra i
fattori che aumentano il rischio d’infarto cardiaco,
che può aumentare persino di 7,2 volte se i FANS
vengono assunti durante un'infezione del tratto
respiratorio.
Soprattutto nei mesi invernali molti soffrono
di infezioni simil-influenzali con sintomi da
raffreddamento. Per alleviare i dolori
articolari e l’affaticamento generale molte
persone assumono antireumatici non steroidei
(FANS), o ricevono questi farmaci su
prescrizione del proprio medico di famiglia.
Sono diffusi ibuprofene e diclofenac. Tuttavia,
questi agenti possono avere conseguenze fatali,
come ha evidenziato un recente studio pubblicato
sul Journal of Infectious Diseases. Per
quanto riguarda il trattamento delle infezioni
respiratorie con FANS, i pazienti e i medici che
li prescrivono dovrebbero prestare attenzione in
futuro, in quanto questi agenti possono
moltiplacare il rischio d’infarto cardiaco in
questo contesto terapeutico.
Esaminato per la prima volta: effetto
cumulativo di FANS e malattie da raffreddamento
In uno studio osservazionale, gli scienziati
hanno analizzato i dati del programma sanitario
di Taiwan nel corso di un periodo di sette anni
(2005-2011). Le serie di dati includevano anche
informazioni su 9.793 pazienti che erano stati
ricoverati in ospedale a causa di un infarto
cardiaco. L’obiettivo dell’analisi dei dati era
scoprire se due potenziali fattori di rischio
per un infarto cardiaco – una malattia
respiratoria acuta e l’utilizzo di FANS –
avessero un effetto combinato in termini di
rischio d’infarto miocardico.
In caso di automedicazione: rischio di
infarto 3,4 volte maggiore
Gli scienziati hanno determinato il normale
rischio di ogni paziente di subire un attacco
cardiaco e lo hanno confrontato con quello nei
periodi di malattia respiratoria acuta e durante
l’uso di FANS. Se i due fattori di rischio erano
presenti, il rischio d’infarto cardiaco
aumentava significativamente. L’assunzione di
questi antidolorifici durante una malattia
respiratoria acuta era associato a un aumento
del rischio d’infarto cardiaco di 3,4 volte
maggiore. La somministrazione parenterale di
FANS in ospedale aumentava il rischio di ben 7,2
volte rispetto ai periodi in cui nessuno dei due
fattori di rischio era presente.
Il direttore dello studio Cheng-Chung Fang
della clinuca universitaria nazionale di
Taiwan, credito: National Taiwan University
Durante una malattia da raffreddamento acuta,
ma senza l’assunzione di FANS, il rischio di
attacco cardiaco dei pazienti aumentava di 2,7
volte, durante l’assunzione di FANS senza
malattia respiratoria acuta di 1,5 volte. Studi
precedenti avevano già collegato le infezioni
respiratorie e una certa selezione di FANS
all’aumento del rischio d’infarto miocardico,
tuttavia finora i due fattori di rischio non
erano stati analizzati insieme.
Infarto miocardico della punta della parete
anteriore (2) dopo la chiusura (1) del ramo
discendente anteriore (LAD) dell’arteria
coronarica sinistra (LCA), diagramma
schematico. Credito: CC BY-SA 3.0
Meglio non assumere FANS durante un
raffreddore
“I medici dovrebbero tenere a mente che una
terapia con FANS durante un raffreddore acuto
aumenta il rischio d’infarto cardiaco”, avverte
l’autore dello studio Cheng-Chung Fang dalla
clinica universitaria nazionale di Taiwan. In
alternativa, suggerisce il paracetamolo, sebbene
questa sostanza non sia stata testata nello
studio.
Come processi responsabili gli scienziati
sospettano la biosintesi di citochine
proinfiammatorie e protrombotiche durante una
malattia da raffreddamento. Questa favorisce
l’accumulo di macrofagi nelle lesioni arteriose.
“Inoltre, le infezioni respiratorie acute
innescano processi sistemici di coagulazione e
indurimento che possono portare alla trombosi”,
scrivono i ricercatori diretti da Fang.
Sebbene i FANS agiscano effettivamente come
anti-infiammatori, l’inibizione della
cicloossigenasi riduce la concentrazione della
prostaglandina I2 antitrombotica e
aumenta la nuova formazione di leucotrieni, con
conseguente aggregazione delle piastrine e
vasocostrizione. I FANS possono anche aumentare
la pressione sanguigna e causare occlusione
vascolare attraverso variazioni dell’equilibrio
di sodio e acqua. “L’assunzione di FANS durante
un’infezione respiratoria acuta favorisce
l’insorgenza di infarto cardiaco in modo
meccanicistico”, dichiara Fang.
Il rischio persiste per anni
Come in altri studi epidemiologici
retrospettivi, anche in questo caso non è stata
motivata una relazione causale dei fenomeni
osservati. Tuttavia, i risultati si allineano
alle recenti scoperte sui rischi cardiovascolari
dei FANS. Uno studio del 2012 aveva studiato
l’effetto dei FANS nei pazienti che avevano già
subito un attacco cardiaco. Di conseguenza,
l’uso di FANS nel primo anno dopo un attacco
cardiaco è associato all’aumento del rischio di
decesso del 59 per cento. Rispetto ai pazienti
che non avevano assunto FANS, il rischio di un
nuovo infarto cardiaco aumentava del 30 per
cento.
Anche negli anni successivi, il rischio
cardiovascolare non scendeva. Cinque anni dopo
l’infarto, l’assunzione di FANS aumentava ancora
il rischio di decesso del 63 per cento e il
rischio d’infarto del 41 per cento, laddove il
nuovo infarto si verificava meno frequentemente
con l’aumento della distanza temporale dal
primo.
Già da luglio 2015 la FDA avverte di infarti
cardiaci associati all’uso di FANS. Nello stesso
anno, anche l’EMA ha emesso un avvertimento per
tutti i pazienti con alte dosi di ibuprofene. Il
rischio equivale a quello di COX-2 inibitori e
diclofenac. Nelle malattie respiratorie acute i
medici dovrebbero soppesare attentamente con i
pazienti se l’assunzione di FANS sia
effettivamente necessaria.
Via libera al recupero di 5 milionidi
Tommaso Siani
Utenti in fila al poliambulatorio di Pastena
per l'esenzione ticket
SALERNO. Oltre 5,6 milioni di euro: a tanto
ammonta il “buco” provocato dai furbetti
dell’esenzione ticket nelle casse dell’Asl
Salerno negli anni 2010, 2012 e 2013. Un somma
enorme che l’Azienda sanitaria ora tenta di
recuperare notificando agli interessati – si
tratta di oltre 20mila utenti – gli avvisi di
pagamento. La prima azione di recupero delle
somme relative all’esenzione ticket è stata
avviata nel 2014 e riguardava il 2011. L’Azienda
è riuscita a recuperare 790mila euro. Ma
l’elenco dei morosi è ancora molto lungo, tant’è
che la Direzione aziendale sta già pianificando
la fase conclusiva dei procedimenti
amministrativi e, a breve, coloro che hanno
risposto picche agli avvisi bonari di pagamento
si vedranno notificare un procedimento forzoso
di recupero dei crediti.
Il nuovo fronte Asl. I responsabili dell’Asl
hanno terminato le verifiche sulle
autocertificazioni per l’esenzione ticket
presentate dagli utenti negli anni 2010, 2012 e
2013. Si tratta per lo più di richieste di
istanze legate al reddito e allo stato di
disoccupazione. Numerose le anomalie riscontrate
(23.121) che portano ad un totale da recuperare
di 5,6 milioni di euro. Nella top ten delle
irregolarità c’è il distretto sanitario diAngri-Scafaticon
2457 pratiche sospette del valoredi 785mila
euro; quindiPagani-Sarno,
2336 per 675mila euro;Nocera
Inferiore e Superiore, 2322 per 640mila
euro;Cava-Costiera
Amalfitana, 2116 per 522mila euro; Salerno-Pellezzano,
2066 per 489mila euro;San
Severino-Fisciano, 1791 per 489mila euro;
Vallo della Lucania-Agropoli, 2117 per 426mila
euro; Pontecagnano, 2100 per 424mila euro;
Eboli-Buccino, 1472 per 316mila euro; Polla-Sala
Consilina, 1068 per 269mila euro;
Battipaglia-Olevano, 1175 per 262mila euro;
Sapri, 1250 per 219mila euro;
Capaccio-Roccadaspide, 851 per 147mila euro.
Il valore delle autocertificazioni. Le anomalie
più numerose si sono riscontrate in
autocertificazioni per spese superiori ai 100
euro (13.480) che da sole pesano ben 5,2 milioni
di euro. A seguire le altre, fino a quelle di
importo eguale o inferiore a 12 euro. In questo
ultimo caso – 3.048 per 16.600 euro – si tratta
di piccole differenze «del valore fra ticket
dovuto o calcolato – si legge nella relazione
degli uffici amministrativi dell’Asl – nonché
dalla non univoca interpretazione-tariffazione
delle cosiddette “quote ricette” a favore della
Regione Campania o del Servizio sanitario
nazionale, soprattutto in ambito farmaceutico».
Per l’Asl «al di sotto di questo importo (12
euro,ndr)
è anche antieconomico allestire un’azione
esecutiva di recupero, in quanto i costi
complessivi – stampa, imbustamento, spedizione
della raccomandata con ricevuta di ritorno,
apertura del fascicolo, cartoline di ritorno,
acquisizione atti, fotocopie, orario d’ufficio e
personale addetto - sarebbero di gran lunga
superiori ai ricavi, seppur recuperati». Per il
momento l’Asl ha scelto – almeno per questi
3mila casi – di inviare l’elenco degli utenti in
debito alle Unità di assistenza di base e agli
sportelli cassa-ticket dei vari distretti, in
modo che questi «possano recuperare dal
cittadino il ticket ancora dovuto, con tutte le
modalità che i Distretti potranno attuare, al
primo contatto utile e, in ogni caso, alla
presentazione di una nuova eventuale
autocertificazione di esenzione ticket». Resta
inteso, comunque, che, «qualora il debito
dovesse comunque restare insoluto, l’importo
dovuto da ciascun assistito verrà sommato agli
eventuali futuri importi dovuti per ulteriori
prestazioni».
La grana riscossione. La scelta adottata
dall’Asl, quella cioè di sottrarre al numero
complessivo di procedure per l’indebita
applicazione dell’esenzione ticket (23.131) la
quota degli utenti con debiti sotto i 12 euro
(3.048) non è stata affatto gradita dalla
“Salerno Mail Office Sas” che nel giugno dello
scorso anno si era aggiudicata il servizio di
notifica per un importo di 30mila euro, iva
esclusa. La società, infatti, alla quale l’Asl
aveva scritto che le notifiche erano scese a
poco più di 20mila, ha infatti comunicato «di
non essere più interessata ad erogare il
servizio aggiudicato, in quanto l’effettiva
erogazione avverrebbe su un contesto operativo
diverso e comunque oltre il termine di validità
dell’offerta». Alla società, dunque, non
conveniva più dal punto di vista economico
gestire il servizio, visto che venivano
a mancare ben 3mila posizioni rispetto al budget
iniziale. Da qui la decisione dell’Asl di indire
una nuova gara d’appalto, questa volta sulla
base delle 20mila posizioni per le quali non ci
sarà la notifica allo sportello ticket, ma
attraverso raccomandata.
Il medico controcorrente, perché prescrivere meno
medicine
ADNKronos Salute
31 Gen 2017
1038Visualizzazioni
1 Stelle
Roma, 31 gen. (AdnKronos Salute) - Troppi
pazienti prendono troppi farmaci, troppo a
lungo e a dosi troppo elevate, incappando
così in effetti collaterali anche dannosi.
Questa osservazione ha portato Ranit
Mishori, medico di medicina generale e
docente alla Georgetown University, a
riflettere sulle virtù della
'deprescrizione'. "Pochi farmaci sono stati
ideati per essere usati per sempre e tutti
hanno potenziali effetti collaterali,
inclusa la dipendenza. E' il caso degli
oppioidi, di alcuni anti-ansia e di alcuni
medicinali per dormire", sottolinea
l'esperta illustrando la sua tesi sul
'Washington Post'. Nel mirino della
dottoressa l'eccesso di medicinali
prescritti forse con leggerezza ad alcuni
pazienti, specie anziani, e mai interrotti o
ridotti.
A complicare le cose il mix di principi
attivi che si ingurgitano quando si soffre
di diverse patologie, complice anche l'età.
Secondo alcuni studi, circa il 20% dei
pazienti adulti prende 5 o più farmaci e
negli over 65 questo dato passa al 30-70%.
"Dobbiamo riconoscere che ci sono norme
professionali e culturali che ci spingono a
prescrivere e a farlo in eccesso. Noi medici
- afferma la Mishori - dobbiamo uscire dalla
nostra zona di conforto. Sì, è più facile
tenere qualcuno sotto un farmaco e stilare
la ricetta quando chiama la farmacia, ma
dobbiamo chiederci se è la cosa migliore per
il paziente. Dobbiamo smettere di aver paura
di causare danno con la deprescrizione".
"Non si tratta certo di una paura
irrazionale - ammette la dottoressa - In
effetti molti farmaci devono essere
interrotti gradualmente, perché farlo di
colpo potrebbe essere pericoloso. Ma
dobbiamo essere sicuri di trattare il
paziente, non la malattia. Questo significa
pensare, mentre decidiamo se e cosa
prescrivere, all'età del paziente, alle
altre sue malattie e alla sua aspettativa di
vita. Come medici dobbiamo chiederci, ad
esempio, ma io dovrei prescrivere a una
donna di 87 anni con un cancro metastatico,
un farmaco per abbassare il colesterolo? La
risposta è probabilmente no: è altamente
improbabile che la paziente benefici di
questo farmaco ed è al contrario molto
probabile che soffra delle interazioni con
altri medicinali".
Ma la realtà è differente. "Ci sono molti
più incentivi per i medici a prescrivere un
medicinale piuttosto che a interromperlo",
sostiene. Invece per Mishori "occorre creare
incentivi per consentire ai medici delle
cure primarie di passare un tempo adeguato
con i nostri pazienti per prescrivere
correttamente, interrompere medicinali" che
non sono più utili e "monitorare
attentamente le reazioni quando un farmaco
viene interrotto. Da parte mia - promette -
cercherò di farlo nel 2017"
feb222017
Troppi esami prescritti, Mmg vs specialisti: la
responsabilità è loro
«Chiedere che il paziente sia indirizzato alla visita
specialistica prima di fare un esame non risolve il
problema dei troppi esami. Se c'è una categoria che
indulge in prescrizioni eccessive di diagnostica, e ciò
si può dimostrare, sono gli specialisti. Credo che la
medicina di famiglia moderna, che si rappresenta in
Simg, oggi abbia il polso della valutazione di un
paziente cronico e sappia quali esami prescrivere e
quando, quali sono utili e quali no».Ovidio
Brignolivicepresidente
della Società Italiana di Medicina generale replica alle
società scientifiche specialistiche che hanno denunciato
sul territorio una crescita di richieste di test
diagnostici o sacche di prescrizioni improprie dovute
per lo più ai medici di famiglia. I gastroenterologi
Sige lamentano l'inutilità del 25-30% delle gastroscopie
e colonscopie: sarebbero male indirizzate in tutto 500
mila procedure su 1,7 milioni per un costo di 60 euro
l'una e una spesa totale di 30 milioni di euro. Ma anche
SIBIoC (Società Italiana di Biochimica Clinica e
Biologia Molecolare Clinica) aveva denunciato una
crescita fino al 20% nel numero di esami clinici
richiesti ai laboratori Ssn per malattie
cardiovascolari, diabete ed insufficienza renale. Il
medico di famiglia ha la penna facile? Brignoli non ci
sta. «Il laboratorista non vede il paziente, quindi non
posso fargli una colpa dell'eccesso prescrittivo; posso
però assicurargli che le indicazioni a prescrivere
arrivano per lo più da specialisti endocrinologi e
reumatologi che alzano la mira anche per un piccolo
sospetto. Da anni SIMG sostiene che i follow up per i
pazienti oncologici e per i cronici vanno semplificati e
che molti esami si possono risparmiare. Quanto agli
specialisti "a contatto" con l'utente, prima di parlare
del medico di famiglia dovrebbero guardarsi in casa e
-nel dare indicazioni prescrittive - seguire certe
regole. Quando si presenta al medico curante una
batteria di esami a carico del Servizio sanitario
nazionale è bene accompagnarla con una lettera, motivare
le scelte, chiedere di rivedere il paziente dopo un
certo arco di tempo».
I gastroenterologi SIGE chiedono (e organizzano) più
formazione e denunciano gastroscopie ripetute dopo 12-24
mesi in giovani per dispepsia o reflusso (in assenza di
sintomi d'allarme come familiarità per neoplasie,
anemia, vomito, dimagramento, emorragia) quando per
curare l'helicobacter basterebbe partire da un breath
test; o colonscopie ripetute dopo 12-24 mesi in giovani,
sempre per colonpatie funzionali, diverticolosi,
asportazione di polipi iperplastici. Solo il 20 % degli
esami endoscopici è chiesto dallo specialista
gastroenterologo; l'80 per cento di richieste viene dal
mmg, da altri specialisti o dagli stessi pazienti.
«Penso che quando sarà a regime il decreto sui livelli
essenziali di assistenza che elenca le condizioni di
erogazione degli esami e offre indicazioni di
appropriatezza prescrittiva registreremo un'ulteriore
pulizia rispetto al denunciato eccesso di prescrizione»,
dice Brignoli. E aggiunge: «Non siamo però certo stati
noi medici di famiglia a premere sul PSA periodico, né
ad andare in televisione a raccomandare questo o
quell'esame al telespettatore che il giorno dopo veniva
a fare pressing nel nostro studio. Ma c'è un'altra cosa
da dire, il nostro sistema prescrittivo funziona male
perché i controllori non controllano: si continua a
valutare la mera spesa e non i percorsi di cura della
persona, e non si attribuiscono responsabilità sul
monitoraggio dei suddetti percorsi».
Mauro Miserendino
Colpo di frusta: ecco quando l’assicurazione deve
sempre risarcire
Con la presentazione delle radiografie, la compagnia
assicurativa non può negare il risarcimento
Se
in seguito a un incidente stradale, l’automobilista
subisce uncolpo
di frustae
questo viene accertato dai medici, la compagnia
assicuratricenon
può negare il risarcimento, chiedendo la
presentazione delleradiografie.
A stabilirlo è stato un giudice di pace di Venezia
con la sentenza n. 769/2016, che ha condannato una
compagnia al risarcimento del danno e delle spese e
alla segnalazione all’Ivass, l’Istituto per la
vigilanza sulle assicurazioni.
La sentenza ha condannato una compagnia
assicuratrice che si era rifiutata di risarcire il
danno da colpo di frusta senza previ esami
radiologici. Secondo il giudice, gli accertamenti
clinici effettuati dai medici del pronto soccorso
furono sufficienti a determinare l’effettiva
esistenza della lesione. Tuttavia, rimane qualche
dubbio legato all’interpretazione della riforma del
2012 che, con l’obiettivo di evitare truffe e false
segnalazioni, stabiliva che il colpo di frusta
poteva essere liquidato dalla compagnia assicurativa
solo a seguito diriscontro
medico-legaleche
accerti l’effettiva esistenza del danno.
Nel caso specifico del colpo di frusta, il giudice
di pace di Venezia ha stabilito un principio molto
interessante:gli
esami radiologici non influiscono sulla liquidazione
del danno, perché per loro natura “non
riescono a rilevare le alterazioni dei tessuti molli
paravertebrali”.
In altre parole, con il colpo di frusta raramente si
verificano dellelesioni
visibili tramite radiografia. Il medico in
questione invece, aveva rilevato un danno biologico
permanente del 2-3 per cento: la compagnia
assicuratrice, segnalata all’Ivass, deve risarcire
il cliente dei danni e delle spese.
Professione
| 23/02/2017 15:32
Certificati sportivi: ancora confusione
Ci sono strutture che chiedono il documento
anche se non necessario. I compiti dei medici.
Non c'è ancora chiarezza sui certificati
medico-sportivi: palestre e piscine
continuano a chiederlo benché con il Decreto del
fare del 2013 si sia tentato di regolamentare il
settore. Ma la materia rimane
oscura, tanto che il ministero della Salute è
intervenuto più volte, come nel 2014 con le "Linee
guida di indirizzo in materia di certificati
medici per l’attività sportiva non agonistica"
dove si precisa chi deve fare il certificato,
ovvero gli alunni che svolgono attività
fisico-sportive parascolastiche,
organizzate cioè dalle scuole al di fuori
dall’orario di lezione; chi partecipa
ai giochi sportivi studenteschi nelle fasi
precedenti a quella nazionale e coloro che fanno
sport presso società affiliate alle Federazioni
sportive nazionali e al Coni.
Un testo, tuttavia, ancora in chiaro scuro al
quale si è aggiunta, nel 2015, la nota
esplicativa delle Linee guida, in cui si
specifica, tra l’altro, che per "coloro"
s’intendono le "persone fisiche tesserate" e
ha chiesto al Coni di limitare l’obbligo di
certificazione ai "tesserati che svolgono
attività sportive regolamentate" ed
esonerare i tesserati "che svolgono attività
sportive che non comportano impegno fisico" e
quelli che "non svolgono alcuna attività
sportiva". A giugno dell’anno
scorso il Coni ha chiarito che, oltre ai
tesserati non praticanti, non devono
fare il certificato coloro che svolgono queste
attività: tiro a segno, tiro a volo, tiro con
l’arco, tiro dinamico sportivo, biliardo, bocce
(eccetto volo di tiro veloce), bowling,
bridge, dama, scacchi, golf, pesca sportiva di
superficie, curling, giochi con aerei e barche
telecomandate. L’obbligo di presentare
il certificato c’è solo per i tesserati che
fanno attività sportive regolamentate.
In pratica, spiega Attilio Turchetta,
responsabile dell’unità operativa di medicina dello
sport all’Ospedale Bambino Gesù di Roma in
un'intervista al Corriere della Sera, "Se ci si
iscrive in palestra o
si fa nuoto libero in piscina, il discrimine tra
l’obbligo di presentare il certificato medico
oppure no dipende dal posto dove si
pratica lo sport. Bisogna farlo se la struttura
è affiliata al Coni, non serve se non lo è". Per
ottenere il rilascio del certificato, quando è
obbligatorio, sono necessari l’anamnesi e
l’esame obiettivo (la visita) con
misurazione della pressione e un
elettrocardiogramma (ecg) a riposo effettuato
almeno una volta nella vita. Diverse
strutture, però, chiedono un ecg recente. "Le
linee guida del Ministero specificano che basta
quello pregresso – chiarisce ancora Turchetta
-. Se
si cambia piscina o palestra occorre rifarlo?"
"Personalmente - risponde il pediatra -
consiglio sempre di dare una copia alla società
sportiva esibendo l’originale come prova, in
modo da poterlo utilizzare in futuro".
Per quanto riguarda le attività non agonistiche, in
base alle linee guida del Ministero della
Salute, il certificato medico per attività
sportive può essere rilasciato dai medici di
medicina generale e dai pediatri per i propri
assistiti, o
da specialisti in medicina dello sport. Ha
validità massima di un anno ed è a pagamento, eccetto
i casi di attività ed eventi sportivi scolastici
come i giochi della gioventù. "Se si tratta di
ragazzi, per ottenere il rilascio del
certificato è necessario presentare il
referto di un elettrocardiogramma (ecg), anche
pregresso, fatto almeno una volta nella
vita – chiarisce al Corriere Giampietro
Chiamenti, presidente della Fimp -. Va
sottolineato che l’esame, eccetto che per i
certificati scolastici previsti dalla legge, non
sempre è gratuito".
Il più delle volte, infatti, le liste di attesa
nelle strutture sanitarie pubbliche sono
lunghe, allora bisogna fare l’ecg in un centro
privato, pagandolo. Tra certificati, ecg,
iscrizione per accedere a palestre o piscine, per
una famiglia con più figli è un vero e proprio
balzello. "Troppe spese inducono a rinunciare
allo sport e così si allontanano i
ragazzi dall’attività motoria, ottenendo un
risultato contrario alle intenzioni del
legislatore - osserva il pediatra al quotidiano
-. Palestre e piscine, poi, spesso continuano a
richiedere il certificato medico per una
questione meramente burocratica. Persino
un corso di acquaticità per un bambino di 9
mesi, se fatto in una piscina affiliata al Coni, richiede
l’obbligo del certificato di attività non
agonistica. Come pediatri - ricorda Chiamenti -
avevamo chiesto che il certificato medico non
fosse mai necessario sotto i sei anni, visto che
fino a quell’età i bambini svolgono attività
ludico-amatoriali. Si è tentato, poi,
di trovare una soluzione chiedendo al Coni di
pronunciarsi in base alle diverse tipologie di
tesseramento".
Hanno vent'anni, ma tra malanni e acciacchi sono
messi peggio dei nonni. Lordosi e dolori al nervo
sciatico i grattacapi più diffusi, ma non mancano
all'appello problemi alla colonna vertebrale. Sempre
più giovani, infatti, soffrono quotidianamente di
mal di schiena: cinque su 10, secondo la Società
italiana di ortopedia e traumatologia. Le cause? I
ragazzi si muovono poco e stanno molto tempo davanti
a computer o tablet. Il dolore è conseguenza di
posture scorrette. I più a rischio lombalgia sono
gli 'under 30' che passano fino a 10 ore al giorno a
navigare sul web dal divano.
"Ad oggi le patologie della colonna vertebrale,
molto diffuse e causa anche di disagio sociale, non
sono più appannaggio soltanto della terza età.
Anzi",sottolinea
Marcello Bartolo, responsabile dell’Unità di
Neuroradiologia diagnostica e terapeutica dell’Irccs
Neuromed di Pozzilli (Isernia).
"Molti giovani, anche praticanti attività sportive -
spiega lo specialista - sono soggetti a ernie del
disco o sindromi dolorose lombari. Da noi sempre più
spesso giungono pazienti giovani con patologie della
colonna vertebrale. Hanno tra i 20 e i 30 anni, in
particolare ragazze, conducono una vita sedentaria e
molte volte sono obesi. Per prevenire queste
condizioni morbose della colonna vertebrale è
necessaria una giusta e moderata attività sportiva
per la correzione soprattutto delle posture
sbagliate", raccomanda.
Nel Dipartimento di Neuroradiologia diagnostica e
terapeutica di Neuromed,nel
2016, sono stati eseguiti oltre 80 mila prestazioni.
"Nell’Unità diagnostica e terapeutica che io dirigo
-prosegue
Bartolo-
vengono eseguiti esami di varie tipologie, da quelli
radiografici diretti del cranio e della colonna,
allo studio in Tac o Rm di tutte le patologie del
sistema nervoso centrale. Non solo dal punto di
vista diagnostico, ma anche dal punto di vista
terapeutico".
La diagnostica per immagini tratta tumori, traumi
e malformazioni vascolari. Qual è il suo impiego per
le patologie neurodegenerative come Alzheimer e
Parkinson?
“La Diagnostica Neuroradiologica non vuol dire
soltanto lo studio delle patologie più frequenti
come i tumori cerebrali o le lesioni ischemiche
cerebrali. Ma tratta anche le malattie degenerative.
Ce ne sono alcune rare ma alcune anche molto
frequenti, quali l’Alzheimer. In questi settori
siamo particolarmente impegnati con una diagnostica
strumentale che a volte è integrata. Nel senso che
utilizza sia gli studi di Risonanza magnetica sia
gli studi con la medicina nucleare. Con la possibile
fusione delle immagini che otteniamo dalle diverse
apparecchiature riusciamo ad avere informazioni
sulla diagnosi precoce di queste patologie”.
Quali sono le possibilità offerte dalla
neuroradiologia interventistica?
“Oggi esiste una sottobranca della Neuroradiologia,
che si chiama Neuroradiologia interventistica che si
occupa di fare dei veri e propri interventi sul
paziente di tipo mini invasivo sia su patologie
vascolari (aneorismi cerebrali) sia su tutte le
patologie vertebrali, in particolare fratture
vertebrali da osteoporosi”.
Quali sono gli sviluppi che ci possiamo attendere
nei prossimi anni dalla neuroradiologia?
“La Neuroradiologia dal 2000 ad oggi ha avuto uno
sviluppo incredibile, se pensiamo che 20 anni fa non
era presente la Risonanza magnetica che ha permesso
di avere una visualizzazione in vivo del tessuto
cerebrale e del cervello umano. Ad oggi gli studi
con apparecchi di risonanza ad alto campo magnetico
permettono di eseguire uno studio particolareggiato
della corteccia cerebrale e di tutte le strutture
endocraniche”.
In Italia ci sono due apparecchi Eos. Uno si
trova in dotazione all’Irccs Neuromed di Pozzilli. A
cosa serve?
“Eos è un esame a basso irraggiamento per ragazzi
giovani che devono ripeterlo spesso, più volte in un
anno, perché affetti da scoliosi. Punto di forza di
questo apparecchio è l’irraggiamento del paziente
ridotto al minimo rispetto a quello con radiografia
convenzionale”.
Arriva il nuovo piano vaccini: tutte le novità
Redazione DottNet | 13/01/2017 23:23
Lorenzin: vaccini gratis e più cure con i nuovi Lea
Nuovi e più vaccini "gratis per tutti, senza pagamento del
ticket". La svolta arriva dall'ultimo Piano
vaccinale, collegato ai nuovi Livelli essenziali di
assistenza (Lea) il cui decreto è stato firmato ieri dal
premier Paolo Gentiloni, e ad annunciarla è il ministro
della Salute Beatrice Lorenzin. Una decisione "fondamentale,
perchè - spiega -le
vaccinazioni non sono da considerarsi una cura ma attengono
alla prevenzione collettiva della popolazione".
L'ultimo Piano nazionale vacciniprevede
infatti l'introduzione di nuove vaccinazioni (come
l'anti-Meningococco e l'anti-Pneuumococco), ma anche
l'estensione gratuita di vaccinazionigià
in atto ad ulteriori soggetti: l'anti-Papillomavirus, ad
esempio, sarà offerto gratis anche agli adolescenti maschi e
non solo alle femmine, e sempre agli adolescenti sarà
garantito gratuitamente pure l'anti-Meningococco. Nuovi
vaccini gratis pure per gli anziani, come
l'anti-pneumococcico e l'anti-Zoster per i65enni.
Il nuovo Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (Pnpv)
ritornerà comunque in Conferenza Stato-Regioni il prossimo
giovedì per un veloce via liberae
per aggiornare tempistica e attuazione: si tratta di un
passaggio tecnico ma comunque necessario, ha affermato il
coordinatore degli assessori regionali alla Sanità Antonio
Saitta.
Non
solo vaccini. I nuovi Lea introducono infatti anche molte
nuove cure e trattamenti,oltre
al nuovo Nomenclatore delle protesi e, ha ribadito Lorenzin,
rappresentano "un passaggio storico per la sanità italiana".
Ora, ha aggiunto, "non bisognerà attendere altri 15 anni per
il loro aggiornamento".E'
infatti prevista, ha spiegato, una Commissione nazionale che
"avrà il compito di monitorarne costantemente il contenuto
dei Lea, escludendo prestazioniche
divengano obsolete e valutando di erogare a carico del
Servizio sanitario nazionale trattamenti che, nel tempo, si
dimostrino innovativi".
E
tra i "tanti aspetti, grazie ad un investimento complessivo
di 800 milioni di euro annui, i nuovi Lea-
sottolinea il responsabile Sanità del Pd, Federico Gelli -
potranno riguardare 300 mila nuovi malati rari, 300 mila
donne colpite da endometriosi e 300 mila pazienti con
broncopneumopatia cronica".Plaudono
alla firma del decreto per i nuovi Lea il Pd, Ncd, Ap.Indubbiamente,
commenta il sottosegretario alla Salute Davide Faraone, "i
provvedimenti sono perfettibili. Per questo sarà
fondamentale il confronto con famiglie, operatori,
associazioni. E così faremo".
Di
diverso tono il giudizio della segretaria confederale della
Cgil Rossana Dettori:la
firma del decreto da parte del premier è "un atto di grande
importanza che riguarda il diritto alla tutela della salute
e alle cure dei cittadini, ma con l'attuale insufficiente
livello di finanziamento per la sanità rischia di essere un
provvedimento velleitario".Per
l'Associazione Luca Coscioni, che sottolinea come "per la
prima volta in Italia tutte le tecniche di fecondazione
medicalmente assistita sono nei LEAe
hanno piena copertura dal Servizio Sanitario Nazionale", va
però riformata la Commissione per i Lea dove "è palese il
conflitto d'interessi, poiché i rappresentati delle regioni
che ne fanno parte sono chiamati anche a verificare il
rispetto dei parametri Lea per le regioni che
rappresentano". Parla di "luci ed ombre" Cittadinanzattiva:
"Accanto all'inserimento di nuove prestazioni - avverte - ci
sarà infatti un aumento dei costi per i cittadini".
Anti Pneumococco e Zoster per gli anziani, anti Meningococco
b, Rotavirus e Varicella per i più piccoli, anti
Papillomavirus anche agli adolescenti maschi. Sono alcuni
dei nuovi vaccini che saranno offerti a breve gratuitamente
dal Sistema Sanitario Nazionale grazie al Piano Nazionale di
Prevenzione Vaccinale 2017-19,allegato
ai Livelli Essenziali di Assistenza. Si andranno
infatti ad aggiungere a quelli già disponibili
gratuitamente, e andranno a rendere più omogeneo il panorama
italiano. Per alcuni viene estesa la fascia di età o il tipo
di popolazione interessata; altri vengono introdotti ex
novo; per altri ancora la gratuità viene estesa da alcune
regioni a tutto il territorio nazionale.
PER
I BAMBINI: nel primo anno di vita saranno
introdotti i vaccini gratuiti contro il Meningococco b,
batterio pericoloso che può provocare casi letali di
meningite, e il rotavirus, che è causa di gastroenteriti
molto forti che possono avere conseguenze gravi nei più
piccoli. Per l'antimeningococco b (attualmente a pagamento
in quasi tutte le regioni) la prima dose si effettua a
partire dai tre mesi di vita, con richiami a seguire. Per il
rotavirus, a partire dalla sesta settimana di vita, insieme
con tutti gli altri vaccini previsti per i primi mesi di
vita. Nel secondo anno di vita invece si potrà fare quello
contro la Varicella (oggi gratuito solo in 8 regioni),
malattia che in rari casi può provocare complicanze e
richiedere ricovero ospedaliero. Il vaccino si effettua dai
13-15 mesi di vita, anche insieme a quello per morbillo,
rosolia e parotite, con richiami a seguire.
PER
GLI ADOLESCENTI: il vaccino contro il
Papillomavirus (Hpv), oggi gratuito per le adolescenti, sarà
esteso anche ai ragazzi maschi, per riuscire a debellare la
diffusione del virus che è la più frequente causa di tumore
alla cervice dell'utero e alla bocca. Agli adolescenti verrà
poi offerto il meningo tetravalente, ovvero che protegge
contro il meningococco dei ceppi A, C, W, Y, alcuni dei
quali diffusi soprattutto in continenti extraeuropei.
PER
GLI ANZIANI: viene introdotto gratuitamente il
vaccino contro l'Herpes Zoster, causa del più noto Fuoco di
sant'Antonio, in grado di ridurre del 65% i casi di
nevralgia, una delle complicanze più frequenti e debilitanti
della malattia. Sarà poi offerto, in tutte le regioni
(superando la frammentazione territoriale oggi registrata)
il vaccino contro lo pneumococco, che protegge sia contro la
polmonite che contro la meningite, una complicanza in alcuni
casi associata. Inoltre il Piano sottolinea un "rinnovato
impegno" nel promuovere la vaccinazione antinfluenzale per
persone con 65 anni o più.
Novità che ovviamente si aggiungono all'offerta vaccinale
già disponibile, per la quale il nuovo piano innalza gli
obiettivi di copertura: ovvero l'esavalente (anti difterite,
tetano, pertosse, polio, epatite b ed haemophilus
influenzae) e il trivalente (Morbillo, Parotite e Rosolia) e
il Meningococco c. Tra gli obiettivi del documento, inoltre,
mantenere lo stato polio-free, ra
Farmaci in farmacia : quando è possibile averli
senza ricetta medica
Non sempre è possibile, in farmacia acquistare
farmaci senza esibire una ricetta medica. Ma cosa
accade di fronte ad un’urgenza e nei casi limite indicati dalla
legge?
A chiarirlo è una recente sentenza della Corte di Cassazione,
la numero 55134 del 2016, che stabilisce quali siano le
condizioni in cui il farmacista debba eseguire la “consegna da
parte del farmacista, in caso di urgenza, di medicinali con
obbligo di prescrizione medica, in assenza di presentazione di
ricetta”, così come previsto dal DM del 21 marzo 2008.
In caso di paziente con patologia cronica o laddove non deve
essere interrotto il trattamento terapeutico, o quando si
presenta la necessità di proseguire una terapia dopo le
dimissioni ospedaliere, il farmacista è tenuto a consegnare i
farmaci al paziente anche se questi non esibisce la
ricetta medica.
Medicinali iniettabili (esclusi insulina e
antibiotici monodose) sono consegnabili senza ricetta solo in
caso di dimissioni ospedaliere. In tutti gli altri casi, invece,
stabilisce la Suprema Corte e DM in oggetto, per la tutela della
salute del paziente, il farmacista deve appurare lo stato di
salute del richiedente, tramite precedenti ricette per farmaci
simili, con documenti presentati dal paziente o tramite la
conoscenza diretta dello stato di salute.
Malattia e visita fiscale, cosa cambia nel 2017
Controlli più severi (che scattano il primo giorno di assenza
anche per i lavoratori privati) e sanzioni pesanti in caso di
irreperibilità
Con
il 2017 cambiano leregole
per la malattia e l’assenza dal lavoro. In particolare, tra
le novità introdotte con l’anno nuovo ci saranno icontrolli
più severi(che
scattano ilprimo
giorno di assenzaanche
per i lavoratori privati) e lesanzioni
in caso di irreperibilità. Rimagonorigidetutte
le altreregole
per la malattia del lavoratore: se non vi è effettiva
comunicazione dell’assenza da parte del lavoratore, se non si
invia il certificato medico, e se non si è reperibili alla
visita fiscale di controllo, si rischia di andare incontro a
rischi e sanzioni anche importanti. Ecco tutte le novità.
MALATTIA, QUANDO SI DEVE AVVERTIRE IL DATORE DI LAVORO La prima cosa da fare quando ci si ammala è avvertire il datore
di lavoro. Il tempo per farlo è regolato in base al contratto
collettivo di lavoro applicato dall’azienda per la quale si
lavora. Di norma bisogna avvertire:
prima dell’inizio del turno di lavoro, per le aziende che
applicano i contratti collettivi di Telecomunicazioni,
Terziario e Commercio, Turismo, Gomma/Plastica, Carta,
Tessile/Abbigliamento/Confezioni, Grafica /Editoria,
Alimentare;
entro 2 ore dall’inizio del turno lavorativo, per le aziende
che applicano il Ccnl Autotrasporto;
entro 4 ore dall’inizio del turno lavorativo, per le aziende
che applicano i Ccnl Autotrasporto (relativamente al
personale viaggiante e soggetto a turni continui
avvicendati), Legno/Arredamento, Chimica, Calzature;
entro il 1° giorno di assenza, per le aziende che applicano
il Ccnl Metalmeccanica.
L’invio del certificato medico non esonera dall’obbligo di
comunicazione. E’ esonerato solo il lavoratore che riesce a
dimostrare giustificato impedimento.
CERTIFICATO MEDICO Ilcertificato
medico per malattiava
richiesto al medico curante entro 48 ore dal verificarsi della
patologia che ha portato all’assenza. Sarà il medico a
trasmetterlo in via telematica all’Inps: l’ente rilascerà la
ricevuta con il numero di protocollo che, se previsto dal
contratto, va comunicato al datore di lavoro. In assenza del medico curante, il certificato può essere
rilasciatoda
altro medico convenzionatoo
dalla guardia medica. In caso di ricovero è l’ospedale a
provvedere a inviare il certificato. Se invece la trasmissione
telematica risulta impossibile, è necessario inviare con
raccomandata il certificato, entro lo stesso termine di 2 giorni
previsto per l’invio telematico.
ORARI
DI REPERIBILITA’ 2017 Nessuna novità per lefasce
orarie di reperibilitàche
restano dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19 per i dipendenti
privati. Dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18 per i lavoratori del
settore pubblico.
ASSENZE GIUSTIFICATE Può capitare, durante il periodo della malattia, che il
dipendentedebba
assentarsi da casa. Ci sono motivazione per le quali
l’assenza può essere considerata giustificata: fare una visita
medica o il dover sottoporsi a visita di controllo in orario
previsto per le fasce di reperibilità. E’ giustificata, come
motivo di assenza, anche la causa di forza maggiore o che eviti
conseguenze gravi per se o per i propri familiari. Fanno eccezione casi di ricovero, patologie gravi cherichiedono
cure salvavita, infortuni sul lavoro e malattie
professionali e malattie correlate ad invalidità o menomazioni.
Altre motivazioni personali possono essere disposte dal medico
di base che, in questo caso, contrassegnerà il certificato con
il codice E.
GIUSTIFICAZIONI NON VALIDE Ci sono delle scusanti che non sono considerate valide per
assenza alla visita fiscale, anche se imputabili a sfortunate
coincidenze. A nulla serve obiettare di non aver sentito il
campanello o che ilcitofono
era rottoo
altre scuse del genere. Non è giustificabile neanche la scusa dinon
potersi alzare dal lettoper
andare a rispondere alla porta o al citofono. Tali scusanti, anche se vere, non possono essere considerate
valide poiché è onere del dipendente prendere tutti gli
accorgimenti possibili affinché nelle fasce di reperibilità il
medico possa trovarlo in casa.
VISITA FISCALE, SANZIONI PER CHI NON SI FA TROVARE IN CASA Il lavoratore ha 15 giorni di tempo per giustificare l’assenza
alla visita fiscale. In caso di assenza ingiustificata al
controllo domiciliare, la sanzione comporta laperdita
del 100% della retribuzioneper
i primi 10 giorni di malattia. In caso di assenza anche alla
seconda convocazione presso la Aslsi
perde il 50%dei
restanti giorni di malattia. Alla terza assenza, invece, si
perdetutta
la retribuzionedovuta
per il periodo di malattia.
Esami di laboratori, tre su dieci inutili se non dannosi
Redazione DottNet | 30/11/2016 15:08
L'afferma Marcello Ciaccio presidente della Sibioc: si
rischiano falsi positivi
Spesso
inutili se non, addirittura, dannosi. Ben tre esami di
laboratorio su 10 sono infatti inappropriati, generando anche un
notevole spreco in termini di risorse economiche.A
mettere in guardia dall'eccesso di test è il presidente della
Società di medicina di laboratorio (Società italiana di
biochimica clinica e biologia molecolare Sibioc),Marcello
Ciaccio, sottolineando come il rischio sia quello di falsi
positivi, come per la funzionalità della tiroide, di
sovradiagnosi e di un moltiplicarsi confuso di esami. "Se si
continua così - avverte Ciaccio in occasione del convegno
nazionale Sibioc al ministero della Salute - il Servizio
sanitario nazionale non potrà più essere garantito".
Gli
esami di laboratorio sono fondamentali perché influenzano fino
al 70% delle diagnosi medichee
dei successivi trattamenti, ma ne va definito il ruolo in
rapporto diretto col clinico, affermano gli esperti della
Sibioc. Prendiamo i test di funzionalità tiroidea: "L'opinione
diffusa - rileva Renato Tozzoli del Presidio OspedalieroS.
Maria degli Angeli, Pordenone - è che più esami si fanno, meglio
è. E' vero invece il contrario: più profili di test vengono
effettuati maggiore è la possibilità di risultati discordanti,
il che complica la diagnosi per il medico e si concretizza la
cosiddetta 'sindrome di Ulisse' del malato che, come fece Ulisse
per il Mediterraneo - conclude - è costretto ad un viaggio
continuo per fare altri test, non perché sia veramente malato,
ma perché sono stati prescritti test non adeguati".
In
altre aree, invece, i test genetici diventano prioritari.
È il caso della celiachia (oggi il laboratorio è in grado di
effettuare diagnosi senza biopsia intestinale, con grande
vantaggio per il malato) e della malattia renale cronica, che
colpisce in Italia circa 2,2 mln di persone. La medicina di
laboratorio svolge, in quest'ultimo caso, un ruolo centrale per
l'identificazione dei fattori di rischio e la diagnosi precoce. Ma
l'appropriatezza, avvertono gli esperti della Sibioc, entra in
campo soprattutto in cardiologia e oncologia. Nel caso del
dolore toracico acuto, per esempio, alcuni esami
risultano ormai obsoleti e va invece scelto, affermano gli
specialisti, "il solo esame appropriato, la troponina cardiaca,
che permette di dimostrare che il 30% dei pazienti con dolore
cardiaco senza segni elettrocardiografici ha un infarto ben
definito. E nel cancro, i marcatori tumorali devono essere
richiesti in modo adeguato".E
proprio per favorire una maggiore appropriatezza degli esami, la
Sibioc 'punta' sui medici di base, ai quali saranno destinati
vari corsi gratuiti di formazionea
distanza sui test in alcune grandi patologie croniche.
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Ci sono 8 commenti
Paolo
Passamonti
|
Medico
08/12/2016 10:17
La maggior parte degli esami inutili viene
prescritto da specialisti ai quali il paziente
si e' rivolto privatamente e che naturalmente
devono indicare accertamenti che il povero
medico di base non ha prescritto , ecco cosi' la
richiesta da parte del ginecologo dei markers
tumorali alla prima cisti ovarica , la richiesta
del reumatologo dei test reumatici all'
ottantenne con dolori articolari e si potrebbe
andare avanti all' infinito . A loro devono fare
i corsi anzi fargli pagare gli esami inutili che
ci costringono a prescrivere .
Ghigo Mauro
Ferrari
|
Medico
07/12/2016 15:41
dipende dal buon senso del medico prescrivere
gli esami necessari.
OSSERVATORIO INPS
. " I dipendenti pubblici si ammalano di più. Specie il lunedì i
dipendenti pubblici si ammalano in media di più di quelli
privati, mentre tra questi ultimi la morbilità è più alta man mano
che cresce la dimensione aziendale. È quanto si legge
nell'Osservatorio Inps sui certificati di malattia nel 2015 secondo
il quale circa il 30% delle malattie arriva il lunedì. I giorni di
malattia nel 2015 sono stati quasi 111 milioni con un aumento del
2,07% rispetto al 2014. Mala percentuale di morbilità è diversa a
seconda del comparto nel quale si lavora. Nel pubblico i giorni di
malattia sonostati 32,5 milioni afronte di 3 milioni di dipendenti
(quasill in media a testa) con una crescita del 3,3% sul 2014. Nel
privato i giorni persi sono stati 78,4 milioni su circa 12 milioni
di lavoratori (poco più di sei in media a testa) con una crescita
dell'1,56%. È probabile che l'invecchiamento degli occupati
(presente in tutti i comparti ma più accentuato nella Pa a causa del
blocco del turn over) abbia un ruolo nella crescita. I certificati
nel 2015 sonostati12,1 milioni perii privato (+4,9%) e 6,3 milioni
per il pubblico (+4,3%). Gli eventi di malattia sono stati 8,9
milioni nel privato e 5 milioni nella Pa. La distribuzione degli
eventi è simile perentrambi i comparti "con frequenza massima il lun
*************************
AFORISMA
"
Gli errori della medicina di un secolo costruiscono le credenze
popolari del secolo successivo. "
Alonzo Clark - fisiologo e patologo americano -
Cosa prevede la normativa circa le esenzioni dal ticket per
patologia e in particolare l'esenzione 048 x tumori?
La legge prevede l'esenzione per tutti i farmaci e gli accertamenti
necessari per la cura e la sorveglianza della malattia.
Dipende quindi dal medico prescrittore che apporra' la sigla 048 o
quella della patologia per cui è esente
tutte le volte in cui l'esecuzione gli esami e accertamenti saranno
inerenti al problema per cui sei esentato.
Se tutti gli esami sono stati prescritti nell' ambito
del programma di followup per il tumore o per quella patologia sono esenti.
Se pero' ad esempio serve una visita otorino perche' hai mal
di gola non sei esente. Cosi' come se serve un tampone faringeo o
una visita oculistica...
Oki da sniffare: che cosa c'è di vero
Sempre più giovani si affidano a nuove droghe fai-da-te in cerca di
sballo. Ma l'effetto è illusorio e le conseguenze possono essere
dannose: un esperto spiega perché
Farmaci da banco da sniffare: c'è anche l'Okitask–
Credits: Thinkstock.it
È facile da reperire, non costa molto e "promette" un po' di
sballo. Sempre più ragazzi si fanno incuriosire dalla
possibilità disniffare
l'Oki, un farmaco molto comune: un antidolorifico,
antifiammatorio e antipiretico non steroideo (FANS), con
effetti simili alla conosciutissima aspirina. La frontiera
delle nuove sostanze stupefacenti passa dunque anche (e
sempre di più) da "droghe" che si possono trovare anche in
casa, nell'armadietto delle medicine, perché a differenza di
altre cosiddettesmart
drugscome
le metanfetamine, i farmaci (o a volte persino i detersivi)
non devono essere sintetizzati, sono più facili da trovare e
molti più economici.
Dottor Cantoni, innanzitutto facciamo chiarezza: chiunque
può acquistare un farmaco come l'Oki, senza ricetta medica?
L'Oki, che è a base di Ketoprofene (simile all'ibuprofene),
si può acquistare in farmacia dietro ricetta medica, ma
questa non può essere ripetibile. In realtà esiste una
tipologia di questo farmaco, l'Okitask,
che è di libera vendita: non serve alcuna ricetta perché è
un farmaco da banco.
Ma quindi un minorenne può acquistare Oki senza doverlo
neppure prendere dall'armadietto delle medicine di casa?
Esattamente, nella sua versione diOki
Task, come detto. D'altro canto l'unica limitazione è
per ciò che sia assimilabile a sostanze stupefacenti.
Ma come farmacisti sapete che dell'uso "improprio" che viene
fatto di questo farmaco, soprattutto da parte di giovani e
giovanissimi in cerca di "sballo"?
In tutta onestà no, o almeno non fino ad ora. Però vorrei
chiarire che non esiste alcuna evidenza scientifica che
indichi in questo tipo di farmaco effetti analoghi a quelli
di sostanze stupefacenti. Più che dare realmente "sballo", è
l'idea che possa farlo che potrebbe spingere i ragazzi a
provare a sniffarlo, proprio come anni fa si riteneva che
sciogliere dell'aspirina C nella Coca Cola potesse dare
chissà quali effetti.
Farmaci da banco e non.–
Credits: Getty Images
Ma quali sono le reali indicazioni del farmaco: a cosa
serve, ma soprattutto quali possono essere gli effetti
collaterali negativi, dovuti all'assunzione impropria?
Questo farmaco, a base di Ketoprofene, ha la triplice azione
di antinfiammatorio, antidolorifico e antipiretico, al pari
dell'aspirina, anche se con più o meno efficacia a seconda
delle indicazioni. Gli effetti collaterali negativi sono,
proprio come l'aspirina, a livello gastrico: dal momento che
inibisce la formazione di quella pellicola che protegge le
pareti dello stomaco dai succhi gastrici, può provocare
ulcera. Effetti più importanti, in caso di abuso, si possono
avere anche in pazienti che hanno già altre patologie, come
in malati cronici di insufficienza renale o con patologie
epatiche, ma si tratta - ripeto - di soggetti particolari.
In realtà, in persone normali o anche in ragazzi, se
sniffato non è provato che abbia alcun effetto, se non
un'eventuale irritazione della mucosa nasale.
Quindi l'idea che possa dare effetti di euforia o simili ad
altre sostanze stupefacenti non è fondata?
Allo stato attuale delle conoscenze scientifiche no. In
passato è capitato solo un caso, di un noto sedativo per la
tosse, che unito ad altri "artifici" poteva essere
assimilato a una sostanza stupefacente, ma il caso era
differente: il principio attivo agiva a livelli di sistema
nervoso centrale, come per le droghe, e venne ritirato dal
commercio, mentre nel caso dell'Oki viene interessato solo
il sistema periferico e in modo differente.
Muore Umberto Veronesi, una vita dedicata alla lotta ai tumori
Dopo una lunga vita spesa a combattere il cancro, si è spento a
novant'anni, ne avrebbe compiuti 91 il 28 novembre,Umberto
Veronesi.
L'oncologo è deceduto nella sua casa milanese, da alcune settimane le
sue condizioni di salute si erano progressivamente aggravate. Veronesi
ha rivoluzionato il mondo della ricerca contro il cancro con la sua
creatura, l'Istituto Oncologico Italiano, e con la teorizzazione di una
nuova tecnica, la quadrantectomia, per la guarigione dal tumore al seno.
Nato a Milano nel 1925, si laurea in medicina e chirurgia nel 1950.
Lavora all'Istituto dei Tumori del capoluogo lombardo e ne diventa
Direttore Generale. Poi dopo la Scuola Europea di Oncologia nel 1982,
fonda lo Ieo, l'Istituto Oncologico Italiano, inaugurato nel 1991 e
diventato presto un esempio per la cura e la prevenzione del cancro a
livello internazionale. Qui ha teorizzato e promosso l'utilizzo della
tecnica della quadrantectomia per combattere il tumore alla mammella, un
intervento a impatto estetico - e quindi psicologico - meno invasivo, ma
tanto efficace quanto la mastectomia, ovvero l'asportazione chirurgica.
Negli ultimi anni ha lavorato sul miglioramento della radioterapia,
introducendo quella intraoperatoria che si esaurisce in una sola seduta
durante l'intervento. Difensore dei diritti degli animali, sostenitore
del testamento biologico nonché dell'eutanasia, nel 2003 ha creato la
fondazione Veronesi per sostenere la ricerca e la divulgazione
scientifica. È stato anche ministro della Sanità durante il governo
Amato, dal 2000 al 2001, e Senatore dal 2008 al 2011. Ha ricevuto
tredici lauree honoris causa, nazionali e internazionali. Molti i
messaggi di cordoglio dal mondo politico e da quello scientifico. «Addio
a Umberto Veronesi, grande scienziato uomo di valore, che ha insegnato
alle donne come vincere e difendersi dal cancro. Un abbraccio affettuoso
ai suoi cari» ha scritto in un tweet il ministro della Salute, Beatrice
Lorenzin. «Una grande perdita per tutta l'oncologia italiana» ha
commentato il presidente dell'Associazione italiana di oncologia medica,
Carmine Pinto. «Veronesi è stato tra i padri fondatori dell'oncologia
del nostro paese - sottolinea Pinto - con un impegno continuo per lo
sviluppo della ricerca di base e clinica, per l'umanizzazione delle cure
in oncologia e, in particolare, per lo sviluppo della chirurgia e delle
terapie conservative del carcinoma della mammella». Per il cancro alla
mammella, prosegue il presidente Aiom, «è stato uno dei propulsori e
innovatori riconosciuti a livello internazionale». «Ne ricordiamo anche
- conclude Pinto - l'impegno come ministro della Sanità, con
un'importante azione intrapresa per razionalizzare le cure, in
particolare quelle oncologiche, nel nostro Paese».
******
Una signora quarantenne, ricca e benestante va dal suo medico di famiglia:
- Dottore, volevo dirle che ho un autista giovane, prestante ventenne e con
lui vado a letto due volte alla settimana!
- Signora vede a me della sua vita privata non interessa.
- No, vede dottore è che ieri ho conosciuto un uomo di colore, bello ma
talmente bello che non ho resistito alla voglia di andare a letto anche con
lui!
- Signora le ripeto che la sua vita privata non interessa.
- Mi scusi dottore, ma anche il mio giardiniere è giovane e carino, e anche
con lui vado tre volte alla settimana!
- Signora ma lei e' MALATA !
- Ecco dottore può dirlo lei a mio marito che non sono una donnaccia!!
******
Una bella bionda confida ad un'amica:
"Il mio medico di famiglia è davvero in gamba! .... mi ha guarito dalla mia
paura del sesso.
Adesso sono io che gli chiedo 100 euro per una visita!".
*******
Dottore, ho un problema, faccio tante scorreggine che però non puzzano".
"Faccia sentire".
Il paziente emette la sua flatulenza e il dottore:
"La cosa e' grave, bisogna operare con urgenza".
"Al sedere?"
"No, al naso!".
News
L'olio di palma fa male? Risponde l'ISS
L'Italia è il secondo Paese UE per importazione
dell'olio di palma, l'“oro rosso” che
l'industria sta facendo confluire in Europa per
una moltitudine di scopi, da quello energetico
all'uso alimentare. Ed proprio il fatto che il
suo utilizzo nel cibo comune stia aumentando ha
destato qualche preoccupazione sulla sua
tossicità. La questione è stata affrontata
dall'Istituto superiore di sanità. Che ha
risposto: con l'olio di palma bisogna fare
attenzione, ma non più che con il burro.
L'olio di palma è un ingrediente largamente
impiegato nell'industria di trasformazione
alimentare e che sta sostituendo rapidamente la
margarina e il burro. E' una importante fonte di
acidi grassi saturi (è composto quasi per il 50%
da acido palmitico). Vale a dire, è fatto da una
classe di sostanze che ha conclamati effetti
negativi sulle condizioni cardiovascolari, ma
che si trova anche in uova, carne, latte e
derivati. La tossicità dell'olio di palma
dipende come per altri alimenti, dalle quantità
ingerite. Anche se ci sono oli più “leggeri” -
come quello di girasole - non ci sono evidenze
scientifiche che abbia un effetto diverso sul
rischio cardiovascolare rispetto ad altri grassi
con composizione simile. Come il burro.
Nel complesso, non dovremmo assumere più del 10%
delle calorie totali dagli acidi grassi saturi.
Ma superiamo questo limite? Interrogato dal
Ministero della Salute, l'Istituto superiore di
sanità (ISS) ha prodotto un parere basato sui
dati esistenti raccolti dal centro di ricerca
pubblico di riferimento in Italia (CREA-
Alimenti e Nutrizione) nel biennio 2005-2006,
gli unici esistenti. Il parere si è basato sulla
stima di quanti acidi grassi saturi un italiano
rischi di assumere in una dieta standard.
Risultato: il consumo generale, in Italia, di
grassi saturi è stimabile in circa 27 grammi al
giorno (24-27 g per i bambini 3-10 anni). L’olio
di palma si assesta invece tra i 2,5 e i 4,7
grammi al giorno (4,4 -7,7 g per i bambini).
E' tanto o poco? In sintesi, l'esposizione
agli acidi grassi saturi nella popolazione
adulta italiana è risultato di 11,2%, di poco
superiore all'obiettivo suggerito per la
prevenzione. E , anche se i dati implicano una
certa cautela, il consumo complessivo di grassi
saturi nei bambini tra i 3 e i l0 anni risulta
moderatamente superiore a quello degli adulti.
L'ISS in ogni caso tranquillizza la maggior
parte della popolazione: consumare olio di palma
non aumenta il rischio per malattie
cardiovascolari in chi non ha problemi di
colesterolo, di peso e che assume
contemporaneamente adeguate quantità di
polinsaturi.
Esistono però soggetti a
rischio (bambini, anziani, obesi, dislipidemici,
ipertesi, persone con pregressi eventi
cardiovascolari) che devono fare attenzione a
tutte le fonti di grassi saturi. I dati
elaborati dall'ISS lasciano pensare che, almeno
con i bambini, siamo stati un po' disattenti.
Smettere di fumare : è meglio farlo da un giorno all'altro e non
gradualmente
Nuovi importanti spiragli nella lotta al tabagismo. Se è vero
che da sempre medici e scienziati si sono interrogati se fosse
meglio dire addio alle bionde in modo graduale o con uno stacco
netto, oggi a rispondere al quesito sono i ricercatori del team
di Nicola Lindson-Hawley della University of Oxford.
La ricerca
In uno studio pubblicato lunedì 14 marzo su Annals of Internal
Medicine, infatti, i ricercatori hanno valutato gli effetti
della cessazione del fumo in un gruppo costituito da grandi
fumatori. Oggetto di esperimento ben 697 pazienti, che sono
stati suddivisi in due gruppi. Di questi 342 riducevano
gradualmente il numero delle sigarette e 355 hanno smesso di
fumare da un giorno all’altro. Ogni ‘cavia’ aveva un ‘giorno di
interruzione’ due settimane dopo l’ingresso nello studio, con un
incontro con un membro del team di ricerca una volta a
settimana. Prima di iniziare lo studio si è evidenziato che metà
delle persone avrebbe preferito diminuire gradualmente, un terzo
bruscamente e il resto non aveva particolari preferenze.
Informazioni che, comunque, non hanno influito nella scelta del
gruppo.
Risultati ottenuti
Alla fine dello studio si è potuto appurare che nel gruppo
graduale i partecipanti hanno ridotto il consumo di sigarette
del 75 per cento nelle due settimane. In questo periodo ai
partecipanti erano stati forniti cerotti alla nicotina d una
scelta tra gomme da masticare, pastiglie, spray nasali,
tavolette sublinguali, inalatori, o spray orali.
Nel gruppo ‘brusco’ i
partecipanti hanno ricevuto cerotti alla nicotina da 21 mg per
24 ore, ma non altri prodotti. Dopo quattro settimane, il 40 per
cento del gruppo graduale continuava a non fumare, mentre
nell'altro gruppo la percentuale saliva al 49 per cento. Gli
esami sono stati ripetuti sei mesi dopo e si è potuto evincere
che il 15 per cento di chi aveva smesso in modo graduale e il 22
per cento di chi aveva smesso bruscamente era ancora astinente.
Il parere degli studiosi
Secondo quanto sostiene
l’autore principale dello studio Nicola Lindson-Hawley,
ricercatore post-doc dell’università di Oxford, “per molte
persone, il metodo più semplice di smettere di fumare è ridurre
gradualmente finché il numero di sigarette”.
La dottoressa Lindson-Hawley spiega che “ci sono molte prove che
suggeriscono che se qualcuno vuole smettere di fumare il modo
migliore per farlo è cercando aiuto sotto forma di consulenze
sul comportamento e trattamenti come la sostituzione della
nicotina, per esempio cerotti o gomme da masticare, oppure la
vareniclina. Tuttavia, ci sono benefici anche dalle linee
telefoniche per chi vuole smettere, in particolare se queste
forniscono un supporto proattivo per chi sta smettendo”.
Secondo i risultati raggiunti
in fase di ricerca, "quelli che scelgono di smettere
gradualmente sono spesso più dipendenti ed hanno fallito di
smettere bruscamente diverse volte in precedenza - osserva il
dottor John Hughes dell’Università del Vermont a Burlington-.
Circa un terzo dei tentativi di smettere includono una riduzione
graduale".
“Tuttavia - aggiunge la
dottoressa Lindson-Hawley - è meglio smettere di fumare
improvvisamente, e il nostro studio ha trovato delle prove che
supportano questa tesi. Quello che abbiamo scoperto è che più
persone sono riuscite a smettere quando hanno deciso di non
fumare più da una momento all’altro rispetto a quando hanno
ridotto gradualmente il consumo”.
Obesità: le diete riducono il grasso
23. marzo 2016
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Pochi carboidrati, pochi grassi, o meglio poca carne? Le diete
popolari sono tantissime. Dal punto di vista scientifico,
l'evidenza è ovunque molto scarsa. Se i pazienti modificano le
proprie abitudini nel lungo periodo, anche i chili scendono.
Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS), oltre mezzo miliardo di persone sono in sovrappeso. I
soggetti in questione assumono un quantitativo eccessivo di
sostanze energetiche rispetto al volume giornaliero
necessario. Oltre a fattori ambientali, quali lavori
d’ufficio, poco tempo libero e alimentazione sregolata, la
genetica svolge un ruolo centrale. Le mutazioni del geneFTOoTRIM28
con regolazione epigeneticasono
associate all’obesità. Attualmente questa scoperta non aiuta
chi ne soffre. In caso di valori BMI superiori a 40 o 35, in
combinazione con altre malattie,gli
esperti consigliano la chirurgia bariatrica. In caso
contrario, restano i numerosi programmi dietetici
disponibili. Una panoramica delle pubblicazioni recenti
mostra che cosa ne pensano gli scienziati .
Low Carb batte Low Fat
Il grasso è stato considerato a lungo il cattivo per
eccellenza dai guru dell’alimentazione. Le proteine o i
carboidrati sembravano più adatti, grazie alla loro densità
di energia significativamente più bassa.Deirdre
K. Tobias e Frank B. Hu di Boston hanno scopertoche
nel lungo termine, tuttavia, le diete a basso contenuto di
grassi non hanno portato al risultato desiderato. Erano
superiori persino a un’alimentazione standard, con una
differenza di 5,41 chilogrammi. Sottoposti a una dieta a
basso contenuto di carboidrati, i soggetti hanno comunque
perso 1,15 kg in più rispetto a una dieta povera di grassi.
Lydia A. Bazzano e Tian Hu di New Orleans, in uno studio
randomizzato, controllato su 148 soggetti, sono giunti a
risultati simili. Tutti i partecipanti non presentavano
malattie pregresse. Sono stati assegnati a due gruppi
secondo il principio casuale. Le diete Low Carb contenevano
40 grammi di carboidrati al giorno. Nel programma Low Fat,
un massimo del 30 per cento di energia doveva essere
costituito da grassi. Non esisteva un obiettivo specifico di
calorie. L’adesione è stata relativamente elevata, pari
all’80 per cento dopo dodici mesi in entrambi i gruppi,
grazie ai contatti regolari con medici e nutrizionisti.
Trascorso questo periodo, i soggetti sottoposti alla dieta a
basso contenuto di carboidrati avevano perso 5,3 kg di peso,
quelli sottoposti alla dieta a basso contenuto di grassi
solo 1,8 chilogrammi. Gli scienziati hanno rilevato
differenze significative non nei livelli di LDL, bensì di
proteina C-reattiva e trigliceridi. Sulla base deipunteggi
di rischio di Framinghamhanno
scoperto che i programmi a basso contenuto di carboidrati
sono associati a rischi cardiovascolari significativamente
più bassi.
Una serie di cartellini rossi
Renée Atallah di Montreal ha preso estesamente in
considerazione quattro programmi popolari, vale a dire
la dieta Atkins, Zone, Weight Watchers e South Beach. Sono
stati considerati dodici studi randomizzati e controllati.
Rispetto al gruppo di controllo con raccomandazioni di
carattere generale o diete alternative è stata proposta solo
la dieta Weight Watchers. In generale, due anni dopo
l’inizio della dieta, molti soggetti avevano ripreso gran
parte del peso perso, vale a dire 3,5-6,5 chilogrammi. In
uno studio di confronto, la dieta di Atkins se l’è cavata
egregiamente, mentre gli altri interventi di questo tipo
sono stati valutati negativamente. Tutto sommato Atallah non
ha rilevato alcun chiaro programma preferibile.
Il vantaggio senza carne
In merito alla questione se le diete vegetariane riducano il
peso corporeo, finora non c’erano chiare indicazioni.Ru-Yi
Huang di Taiwan e Jorge E. Chavarro di Boston, hanno quindi
provato a dare una svolta attraverso una meta-analisi.
Tramite banche dati delle pubblicazioni, hanno trovato
dodici studi randomizzati e controllati con 1.151
partecipanti con diversi concetti di dieta. Chi aveva
adottato un’alimentazione vegetariana, aveva perso una media
di 2,02 kg in più rispetto ai soggetti in cui carne e pesce
erano nel menu. Le forme vegane pure facevano scendere la
bilancia di altri 2,52 kg, rispetto ai vegetariani che si
nutrivano di latticini e uova. Chi contava le calorie e
limitava l’assunzione di alimenti energetici, aveva perso
2,21 kg. Senza restrizione calorica, si perdevano solo 1,13
kg. Huang e Chavarro ritengono comunque che un’alimentazione
vegetariana possa facilitare il dimagrimento. Tuttavia, le
meta-analisi non consentono proiezioni a lungo termine.
Pene più dure in caso di omicidio e lesioni. Fuga, assenza di
patente e assicurazioni aggravanti in tutti casi
Con 149 voti a favore, è arrivato ilsì
definitivoin Senato
al disegno dileggesull’omicidio
stradale, dopo un lungo iter con diversi rimpalli e non senza un
ultimo passaggio con il voto di fiducia. Vediamo cosa cambia, in
particolare sul fronte dell’inasprimento
delle pene:
In caso di omicidio
Violare le norme della strada e causare per colpa la morte di una
persona era già reato punibile con la reclusione da2
a 7anni,secondo
l’articolo 589 del codice penale. Con la legge approvata, si punisce
con la reclusione da8
a 12 annichi
causa la morte di una persona mettendosi alla guida in stato di
ebbrezza alcolica (superiore alla soglia di1,5
grammi per litro) o di alterazione dovuta all’assunzione di
sostanze stupefacenti. La reclusione invece va da5
a 10 anniper
l’omicida laddove il tasso alcolemico superi la soglia di 0,8 g/l.
Più morti Se il
conducente uccide più persone, si applica la pena per la
violazione più grave tra quelle commesse aumentata fino al triplo,
anche se il limite massimo è comunque 18 anni.
Chi fugge Per chi fugge
la pena è aumentata da un terzo a due terzi ma in ogni caso non sarà
inferiore ai cinque anni.
In caso di condotte scorrette
Pena da 5 a 10 anni, anche a chi causa la morte superando i limiti,
e quindi a chi nel centro urbano procede a una velocità pari o
superioreal
doppio di quella consentita, e nelle strade extraurbane a
una velocità di 50 km orari superiori ai limiti massimi di legge.
Subiscono lo stesso trattamento anche quelli che circolano
contromano, attraversando un’intersezione con il semaforo in stato
di rosso, o chi effettua manovre di inversione in presenza di
intersezioni, curve, dossi e causa, per via di queste condotte, la
morte di un soggetto.
Aggravanti Per chi non è
munito di patente di guida, oppure la patente è stata sospesa o
revocata, o manca l’assicurazione, le pene vengono aumentate sia in
caso di omicidio che in quello di lesioni.
In caso di lesioni Per
le lesioni, la reclusione va da 3 mesi a un anno per le lesioni
gravi e da1
a 3 per quelle gravissime, cosa già assodata; ma le pene si
inaspriscono da3
a 5e da 4 a 7
(gravissime) per chi guida in stato di alterazione da alcool o
sostanze. Pene che possono andare da 1 anno e 6 mesi a 3 per lesioni
gravi se il conducente ha bevuto per una soglia pari a 0,8 g/l o in
presenza di manovre scorrette (come quelle previste per
l’omicidio), ad esempio, sorppassando un altro mezzo in
corrispondenza di un attraversamento pedonale e causando quindi
lesioni all’investito. Se le lesioni sono gravissime, allora la pena
è dai2
ai 4 anni. Anche in questo caso incidono l’assenza di
patente, la mancanza di assicurazione. Se le lesioni sono causate a
più persone, ecco che la pena non potràsuperare
i 7 annima si
applicherà comunque alla violazione più grave aumentata fino al
triplo. Se il conducente ha causato lesioni e fugge, la pena è
aumentata da un terzo a due terzi e non può essere inferiore a 3
anni.
Revoca della patente
Pesanti anche i termini in ottica di revoca della patente, caso
previsto sia per l’omicidio che per le lesioni: in caso di omicidio,
la revoca può arrivare a un massimo di 20 anni, in presenza di
condanna per violazione del codice della strada in riferimento alla
guida sotto influenza di alcool o sostanze. Mai, però, la revoca può
essere inferiore ai 5 anni. Per lesioni si va da una revoca di
almeno cinque anni, suscettibile di raddoppio per condanna per
i reati dell’articolo 186 e rispettivi commi (guida sotto influenza
dell’alcool). In tutti i casi i termini si allungano (dai 12 delle
lesioni ai 30 dell’omicidio) se si è attuata una fuga dopo il
delitto.
Quando diminuisce la pena Succede laddove l’evento non sia esclusiva conseguenza
dell’azione o dell’omissione del colpevole, allora è diminuita fino
alla metà.
Un italiano su 10 rinuncia cure per ticket e liste attesa
Rapporto 2015 Tdm, pesano costi, situazione peggiore al Sud
ROMA - L'Italia è sempre più divisa nell'accesso alle cure e quasi
un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici, legati
al costo dei ticket, e per le lunghe liste di attesa. La denuncia
arriva dal Rapporto 2015 dell'Osservatorio civico sul federalismo in
sanità, curato da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del
malato.
Un
cittadino su 4, fra gli oltre 26mila che si sono rivolti al
Tribunale nel 2015, lamenta difficoltà di accesso alle prestazioni
sanitarie per liste di attesa (oltre il 58%) e per ticket (31%). In
particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia,
Liguria, Marche, Sicilia e Veneto a lamentarsi di attendere troppo
per visite ed esami.
Al Sud si riscontra la maggior quota di rinunce (11,2%); al
Centro è il 7,4% dei residenti a non curarsi ed al Nord il 4,1%.
L'attesa poi non è uguale per tutti: per una visita ortopedica i
tempi minimi si registrano al Nord (un mese), quelli massimi al
Centro (2 mesi), e per una visita cardiologica con ECG si va dal
minimo di 42,8 giorni nel Nord-Ovest al massimo di 88 al Centro.
Ed ancora: per l'ecografia completa all'addome si attende da un
minimo di 57 giorni nel Nord Est ad un massimo di 115 giorni al
Centro; per la riabilitazione motoria si va dai quasi 13 giorni del
Nord Est ai quasi 69 giorni del Sud. In generale, su un campione di
16 prestazioni sanitarie, i tempi minimi di attesa si registrano
tutti al Nord, mentre i tempi massimi, in 12 casi su 16, sono
segnalati al Centro.
Nel Sud, ed in particolare in Puglia e Campania, i cittadini
ricorrono più di frequente agli specialisti privati per aggirare il
problema dei tempi troppo lunghi nel pubblico. Anche sui ticket si
registrano notevoli difformità regionali: sulle stesse 16
prestazioni i ticket più bassi nel pubblico si registrano
prevalentemente nel Nord Est, quelli più elevati nel Sud. Critica
l'istantanea scattata dal Rapporto Tdm sull'accesso a cure e
prestazioni di vario genere, ma anche sulla prevenzione che ''si fa
a macchia di leopardo, con un Sud che arranca e regioni come Lazio e
Veneto che fanno passi indietro rispetto al passato''.
Altrettanto diversificato di regione in regione è anche
l'accesso ai farmaci innovativi, soprattutto per i tumori e
l'epatite C. E nelle Regioni in cui il cittadino sborsa di più, per
effetto dell'aumento della spesa privata per le prestazioni e della
tassazione, i livelli essenziali sono meno garantiti che altrove.
''E' ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di
rientro nei Livelli Essenziali di Assistenza, cruciali - afferma
Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tdm di Cittadinanzattiva -
per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze. Per
andare dietro alla sola tenuta dei conti, oggi alcune regioni in
piano di rientro hanno un'offerta dei servizi persino al di sotto
degli standard fissati al livello nazionale, ma con livelli di Irpef
altissimi e ingiustificabili dai servizi resi''.
Da oggi in vigore le nuove norme anti-sigarette:
ecco
le immagini choc che vedremo sui pacchi
Stop al fumo in auto con bimbi o donne incinte, 300 euro di multa a chi
getta mozziconi
Alcune immagini choc che compariranno sui pacchetti di sigaretta
02/02/2016
Immagini choc sui pacchetti di
sigarette, divieto di fumo in auto in presenza di minori e donne
incinte, multe fino a 300 euro per chi getta per terra mozziconi. Sono
alcune tra le principali norme contro il fumo che entrano
progressivamente in vigore a partire da oggi (martedì 2 febbraio), dopo
la pubblicazione in Gazzetta ufficiale il 18 gennaio scorso.
SCRITTE E FOTO SUL 6% DEL PACCHETTO
Sigarette, tabacco da arrotolare e
tabacco per pipa ad acqua recheranno le nuove «avvertenze combinate»
relative alla salute. Saranno composte da testo e fotografie per
dissuadere i consumatori. La norma sarà pienamente operativa dal 20
maggio, per dare tempo ai produttori di sigarette di adeguarsi. Fino a
oggi le scritte «dissuasive» occupavano meno della metà del pacchetto.
Con le nuove norme la percentuale salirà al 65%. Significa che 2/3 della
superficie del pacchetto sarà destinata alle avvertenze. Le immagini
verranno inserite a rotazione. «Il fumo causa ictus e disabilità»,
«ostruisce le arterie» e «provoca attacchi cardiaci», sono alcune delle
scritte che leggeremo sui pacchetti di sigarette. Accompagnate da foto
forti. Ecco quelle riportate negli allegati al decreto legislativo.
Patente e apnee: così i nuovi test da parte dei medici
Gli indirizzi medico-legali sono stati predisposti da un decreto del
ministero della Salute
Prima il colloquio medico, poi un questionario ed infine un test su
stimoli visivi,associato
ad un altro questionario: così si valuterà se gli aspiranti al
rinnovo o al rilascio della patente costituiscanoun
rischio per la circolazione stradale in quanto affetti da sospetta
Sindrome di apneeostruttive
nel sonno (Osas). E' quanto prevede il decreto del ministero della
Salute, in fase di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale,.
Il provvedimento, in particolare, determina gli indirizzi
medico-legali da osservare per accertare l'idoneità alla guida
dei soggetti affetti da Osas, o sospettati di essere affetti da tale
malattia.Un
primo colloquio con gli aspiranti al rilascio o al rinnovo della
patente, in base a quanto si legge nel decreto,servirà a
determinare le prime condizioni di rischio: russamento, obesità,
ipertensione arteriosa farmaco-resistente, diabete, cardiopatia,
eventi ischemici cerebrali e broncopneumopatie.In
base al risultato, se sarà necessario un ulteriore approfondimentoper
valutare l'eventuale Osas si somministrerà un questionario sulla
sonnolenza diurna.
Da questo si individueranno i profili di 'basso rischio', 'medio
rischio' o 'elevato rischio'(con
eccessiva sonnolenza diurna) per la circolazione stradale. Per la
valutazione della riduzione del livello divigilanza
si passa poi al test dei tempi di reazione, della durata di 10
minuti, in cui l'esaminato deve rispondere premendo un pulsante a
una sequenza rapida di stimoli luminosi rossi alternati a stimoli
luminosi arancio.Il
test sarà eventualmente associato al questionario sulla sonnolenza
di Epworth.
Per i soggetti con rischio medio-basso di sonnolenza diurna, la
validità della patenteè
limitata a 3 anni per le patenti di Gruppo 1 (A, B, B +E) e di un
anno per quelle di gruppo 2 (C, C+E, D, D+E).Nel
caso invece di rischio elevato, chi è affetto da Osas moderatao
grave e produca attestazione specialistica sull'aderenza alla
terapia con miglioramento della sonnolenza potrà guidare con
validità della patente non superiore a tre anni per il gruppo 1 e ad
un anno per il gruppo 2.
fonte: ansa
Certificare… a
distanza
Può il medico di medicina generale verificare situazioni
e stati di fatto via telefono o mail?
L’attività di rilascio di
certificazione è una delle prerogative nonché
obbligo di legge del medico di medicina
generale. Il medico si trova spesso nella
situazione in cui il paziente gli chiede di
certificare situazioni di malattia con relative
prognosi o eventuali proroghe a mezzo telefono o
mail. Ma è corretta una richiesta del genere e
soprattutto il medico può legittimamente
certificare situazioni e stati di fatto “a
distanza” senza averli verificati di persona?
Secondo l’articolo 24 del
Codice Deontologico della professione medica, il
medico è tenuto a rilasciare al cittadino
certificazioni relative al suo stato di salute
che attestino dati clinici direttamente
constatati e/o oggettivamente documentati. Egli
è tenuto alla massima diligenza, alla più
attenta e corretta registrazione dei dati e alla
formulazione di giudizi obiettivi e
scientificamente corretti.
Grave inadempimento
Ciò determina, come anche
confermato dalle più recenti sentenze della
Corte di Cassazione, che il rilascio di
certificato medico di malattia o di proroga
della prognosi da parte di un medico di base
convenzionato con il servizio sanitario
nazionale, senza aver effettuato la visita
preventiva, costituisce grave inadempimento del
medico e determina una responsabilità penale
oltre che disciplinare e amministrativa.
L’ipotesi di reato in questo caso
addebitabile al medico, che riveste in tale
circostanza anche la funzione di pubblico
ufficiale, è prevista dall’articolo 480 del
Codice Penale: falsità ideologica commessa dal
pubblico ufficiale in certificati o in
autorizzazioni amministrative (Il pubblico
ufficiale [c.p. 357], che, nell’esercizio delle
sue funzioni [c.p. 482], attesta falsamente in
certificati o autorizzazioni amministrative,
fatti dei quali l’atto è destinato a provare la
verità, è punito con la reclusione da tre mesi a
due anni).
Uso del telefonino da parte dei bambini
L’Italia è al primo posto in Europa per numero di telefonini posseduti e
l’età media di chi ne ha uno diminuisce sempre di più. L’uso si sta,
insomma, trasformando in “abuso”. E laSocietà
italiana di pediatria preventiva e socialelancia l’allarme: i
telefonini, ai bambini al di sotto dei dieci anni, andrebbero vietati.
Perdita di concentrazione, difficoltà di apprendimento e aggressività
sono, secondo gli esperti, solo alcuni degli effetti nocivi per la
salute che gli smartphone provocano nei più piccoli.
Sempre insieme al nostro smartphone: controlliamo la posta,
rispondiamo alle chat, controlliamo quanti like ha il
nostro ultimo post su Facebook, pubblichiamo la foto di un
tramonto su Instagram, frughiamo nelle vite (digitali) degli
altri. "Capiamo che siamo diventati dipendenti quando cominciamo
a ritirarci dalla vita sociale", spiega Federico Tonioni,
responsabile del centro dipendenze da Internet del Gemelli. Il
punto è distinguere tra le opportunità che offrono i nuovi mezzi
di comunicazione e l'ossessione di essere sempre online
Bambini e app, le conseguenzePrigionieri
dei social networkSe
il peggio viene dal volto virtualeCracco:
"Come in cucina, contano le dosi"
«Si tratta di piccole ricetrasmittenti – spiegaMaria
Grazia Sapia, pediatra esperta del rapporto tra ambiente e infanzia
– che vengono normalmente tenute vicino alla testa durante le
comunicazioni. I danni per la salute sono sempre più evidenti, alcuni
legati agli effetti termici: l’interazione di un campo elettromagnetico
con un sistema biologico provoca infatti l’aumento localizzato della
temperatura, attivando il sistema naturale del nostro organismo».
«Quando le esposizioni sono molto intense e prolungate – prosegue la
specialista –, possono alterare il meccanismo di termoregolazione
portando a morte le cellule, con necrosi dei tessuti. Inoltre, è
accertato che, alle dipendenze che affliggono la nostra società e
specialmente i giovani, quali droga, alcol e fumo, si è ormai aggiunta
da telefonino, con gravissime ripercussioni sullo sviluppo psichico e
sociale dell’individuo».
Secondo un’indagine Eurispes, nel 18% dei casi il telefonino arriva tra
le mani dei figli già a sette anni e, secondo il Censis. il 22% dei
bambini lo usa un’ora al giorno e il 23% fino a quattro ore. Il primato
della tecnologizzazione precoce, tra le regioni italiane, spetta al
Lazio, dove oltre il 50% dei bambini tra i sei e sette anni usa il
tablet una o due ore al giorno, fino al picco di quattro ore. A dieci
anni, la soglia supera il 60%.
«A oggi – continuaGiuseppe
Di Mauro, presidente dellaSocietà
italiana di pediatria preventiva e sociale(www.sipps.it)
– non conosciamo tutte le conseguenze legate all’uso dei cellulari, ma
da un utilizzo eccessivo potrebbero scaturire una perdita di
concentrazione e di memoria, oltre a una minore capacità di
apprendimento e a un aumento dell’aggressività e dei disturbi del sonno.
Penso che i bambini non debbano usare il telefono cellulare o, se
proprio i genitori non possono fare a meno di dare ai propri figli
quest’oggetto, mi auguro che venga utilizzato per pochissimo tempo,
evitando di passarci ore e ore, scambiandosi sms, chattando o
navigando».
L’altro grande problema legato all’uso dei cellulari è infatti legato
alla sfera comportamentale: l’abuso di smartphones non solo
provocherebbe dipendenza, ma sarebbe alla base di comportamenti asociali
e dell’incapacità di bambini e ragazzi di costruire relazioni stabili
con le persone che vivono intorno a loro.
«Sono molti – conclude Di Mauro – i ragazzi che, pur stando uno vicino
all’altro, non si parlano ma continuano a tenere lo sguardo fisso sul
telefonino. Se non mettiamo un freno a questa vero e proprio invasione,
le nuove generazioni andranno sempre più verso l’isolamento».
nel premio della tua polizza assicurativa degli autoveicoli
è incluso ilcontributo
SSN
(Servizio Sanitario Nazionale), un importo che puoi dedurre dalle tasse.
Per usufruire della deduzione, segui questi semplici passi:
1.Individua
l'importoversato per l'SSNnella
sezione . della scheda di polizza,
sotto la voce Totale Premio Annuo Complessivo.
2.Fai
la sommadi tutti i
contributi SSN di ogni singola polizza sottoscritta per la
responsabilità civile per veicoli. 3.Inserisci
l'importo totale nella dichiarazione dei redditi.
Se la cifra è superiore ai 40€ ti verrà dedotta dalle tasse.
Ricorda di allegare una copia del documento di polizza alla dichiarazione dei
redditi.
Se l'importocomplessivo
del Servizio Sanitario Nazionaleè
inferiore a 40 euro
non potrai effettuare alcuna deduzione e quindi non sarà necessario
inserire la polizza tra i documenti fiscali.
Quando buttare latte, yogurt e pelati.Il
truccodella data di scadenza
di
Antonio Galdo
Tra
i trucchi che l’industria alimentareha
inventato per alimentare consumi inutili e sprechi c’è quello delle
scadenze.Dobbiamo
imparare a leggerle, perché il cibo scaduto non è sempre da buttare
e dietro questo meccanismo si nasconde uno dei motivi per i quali gli
italiani gettano ancora nel cestino quasi il 20 per cento della spesa.
Per regolare i tempi entro i quali un prodottoè
ancora commestibile, la normativa europea impiega la dicitura “da
consumare entro il” che si applica al cibo fresco ad alta deperibilità e la
dicitura “consumare
preferibilmente entro” che indica invece un termine entro il quale
il prodotto non diventa pericoloso o dannoso ma semplicemente perde alcune
caratteristiche organolettiche.
Esclusi alcuni alimenti come il latte frescoche
ha una durata extra di un altro solo giorno e le uova da consumare al
massimo entro due, tre giorni dopo la data di scadenza, ci sono quindi tanti
altri prodotti che anche se scaduti oggi non è detto che debbano essere
buttati via il giorno dopo.
Ad esempio,lo yogurt si
può mangiare anche una settimana dopo la sua data di scadenza, al
massimo contiene meno fermenti lattici e l’olio si mantiene in perfetto
stato anche sei mesi dopo la sua scadenza.
Stessa cosa per lebibite,
i pelati, il riso e la pasta: quest’ultima in genere ha una data di
scadenza lunga due anni. Questo fa sì che superata tale data l’alimento sia
commestibile fino a qualche mese successivo.
Ancheil
tonno in scatolaè buono
fino a qualche mese dopo la scadenza indicata così come pesce e carne
surgelata. I biscotti perdono sapore e fragranza marimangono
comunque commestibilifino
a uno, due mesi dopo il termine.
La data discadenzaè
quindi importante ma fino a un certo punto: piuttosto è fondamentale che gli
alimenti venganoconservati
sempre in maniera corretta.
Per non sprecare il cibo cercate inoltre dinon
esagerare con la spesae
non approfittate di tutte le offerte “compri due al prezzo di uno” se già
sapete che non riuscirete a consumare i prodotti.
Per fortuna non siamo in tempi di guerra, e non abbiamo bisogno discorte
eccessiveche poi
finiscono nel cestino dell’immondizia.
Per sorridere un pò...
" Voi medici avete molti nemici a questo
mondo! " commenta un signore al proprio medico e questi " Ma ancora di più
nell'altro, mi creda ".
***************
Il medico al suo assistito: " Avete
consultato qualcuno prima di venire da me? "- Ed il paziente " Il farmacista
..." -" E che corbelleria di consiglio via ha suggerito quel somaro? " --"
Di farmi visitare da Lei, signor Dottore ! ".
****************
" Dottore, sto male , ho tanti dolori,
soffro ....Fatemi morire...".- " Di
questo non dovete impicciarvi! ...Non
vorrete mica insegnarmi il mestiere..."
*****************
" E' morto?Ma se il medico l'ha visitato
una sola volta..."- " Caro signore.lei ignora gli enormi progressi della
medicina moderna ...".
***********************
Passando dinanzi al cimitero un medico
borbottava : " Tutti quelli lì, devono a me la loro posizione "
**********************
Il medico " La sua è una malattia
ereditaria." -
Il Paziente " Bene, bene: mandi pure il
conto ai miei antenati! "
**************************
Due giovani medici devono scegliere la
specializzazione: " Che facciamo ? Gli oculisti o i dentisti " - " Pensa - dice
l'uno all'altro - gli occhi sono due ma i denti ..."
L'iniezione fa meno male con un po' di zucchero
14/12/2012
Uno studio scientifico
dimostra l'efficacia di un tipico rimedio della nonna per i
bambini
La scienza
certifica la validità di uno dei più tipici rimedi della
nonna per non far piangere i bambini alle prese con
un'iniezione. E così, i bebè che nei primi 18 mesi di
vita possono arrivare a ricevere fino a 15 iniezioni -
tra vaccinazioni varie - possono soffrire un po' meno,
perché il sapore dolce può dar loro qualche conforto in
più. La conferma arriva dall'autorevole "Cochrane
Library", che ha revisionato una serie di studi condotti
sull'argomento nel corso del tempo.
Lo zucchero e
il dolore
I ricercatori
hanno infatti trovato che, dando alcune gocce di
soluzione zuccherina prima dell'iniezione, i bambini non
piangevano o lo facevano per poco tempo.
Non è certo se i
piccoli sentano il dolore quanto i bambini più grandi o
gli adulti, o se sono semplicemente incapaci di
esprimerlo. Recenti prove scientifiche mostrano comunque
che i bambini piccoli sentono dolore, quindi sono stati
messi in atto metodi per ridurre quello causato dalle
iniezioni, ad esempio attraverso l'uso di farmaci,
creme, ciucci e tecniche di distrazione. Una semplice
alternativa è l'utilizzo di una siringa senz'ago o di un
contagocce per mettere alcune gocce di una soluzione
zuccherina in bocca al bambino. Lo zucchero può aiutare
a ridurre il dolore provocando il rilascio di sostanze
antidolorifiche o stimolando i recettori del gusto che
inducono sensazioni di benessere.
Lo studio
Per capire se il
rimedio funziona, i ricercatori hanno esaminato i dati
di 14 studi condotti su un totale di oltre 1.500 bambini
di età compresa tra un mese e un anno.
Cresce l'allarme per la diffusa obesità infantile, ma alcune
pubblicità sembrano andare nella direzione opposta rispetto alla
necessità di promuovere regimi alimentari corretti. È il caso
dell'ultimo spot della Coca Cola, dove la bevanda viene proposta
come sostituta dell'acqua a tavola. L'Istituto dell'autodisciplina
pubblicitaria verificherà l'aderenza al Codice delle prossime
campagne pubblicitarie dell'azienda.
Il fine della nuova campagna pubblicitaria "Coca Cola 2012:
ceniamo insieme!" è quello di promuovere il consumo della
bevanda a pranzo o a cena. Nello spot Simone Rugiati, noto chef
della trasmissione di La 7 Cuochi e Fiamme, propone la ricetta
del giorno (cotoletta di tacchino con melanzana, pomodori,
provola e basilico) e quindi dispone tutti i commensali attorno
a un tavolo. A questo punto entra in campo la Coca Cola: lo chef
mette a tavola una bottiglia e afferma "...e aggiungete tanta
felicità! Oggi pranziamo insieme con Coca Cola!".
Un bicchiere contiene il quantitativo di sei cucchiaini di
zucchero
Il messaggio propone la nota bevanda come sostituto dell'acqua
che, generalmente, accompagna i pasti degli italiani. Un
messaggio insidioso e diseducativo, dal momento che seduti
attorno al tavolo ci sono anche alcuni bambini. Dal punto di
vista nutrizionale, bere Coca Cola durante i pasti incrementa in
misura notevole l'apporto giornaliero di calorie e di zuccheri.
Ogni bicchiere (250 ml) contiene infatti 27 grammi di zuccheri,
il quantitativo di sei cucchiaini, pari a circa la metà della
quantità di zucchero che dovremmo assumere nel corso della
giornata. Questo mentre si cercano di promuovere stili di vita
sani e regimi alimentari corretti, a fronte della crescente
obesità infantile in Europa e nel nostro Paese.
Lo spot contribuisce a creare una cultura alimentare scorretta
Sul sito di Coca Cola, l'azienda tenta di spiegare le ragioni
del perché sia importante mangiare insieme e afferma che
"mangiare insieme è un buon modo per assicurarsi che la famiglia
segua una dieta equilibrata". Ma cercare di far passare il
messaggio che una bevanda gassata e calorica sia essenziale
durante il pasto, soprattutto quando lo spot è rivolto anche a
un pubblico di bambini e adolescenti, contribuisce a creare una
cultura alimentare scorretta. Per questo motivo abbiamo
richiesto l'intervento dell'Istituto di autodisciplina
pubblicitaria affinché valuti la conformità della comunicazione
commerciale con le norme del Codice di autodisciplina per
tutelare gli interessi generali del pubblico.
La risposta dell'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria
A seguito dell'invito rivolto a Coca Cola affinché attuasse una
revisione della comunicazione pubblicitaria, l'azienda ha
precisato alcuni punti. È stato accolto in maniera positiva
l'invito a rivedere il contenuto della propria comunicazione
commerciale in oggetto, esplicitando il consumo nell'ambito di
occasioni "speciali" e non quotidiane. Dal momento che la
campagna non è più in onda, il caso è stato archiviato.
L'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria si riserva di
verificare l'aderenza delle future campagne Coca Cola con le
norme del Codice di autodisciplina delle comunicazioni
commerciali.
AIFA: NOTA INFORMATIVA IMPORTANTE SUI VACCINI ANTINFLUENZALI
Fonte: AIFA. 9 novembre 2012
E' stato rimosso il divieto di utilizzo dei vaccini
antinfluenzali fabbricati dalla Novartis V&D adottato in via precauzionale a
tutela della salute pubblica nei giorni scorsi. Ciò è stato possibile in seguito
alle accurate verifiche effettuate sulla documentazione prodotta dall’Azienda in
risposta alle richieste di condurre approfondite indagini su un possibile
difetto di qualità presente in alcuni lotti di vaccino e alle concomitanti
analisi straordinarie effettuate sia dall’Azienda, sia dall’Istituto Superiore
di Sanità. Si sottolinea peraltro che tali lotti non sono mai stati distribuiti
e quindi non sono mai stati presenti sul mercato.
Gli ulteriori controlli, aggiuntivi a quelli che vengono espletati di routine,
hanno confermato l’assenza di difetti di qualità sui lotti commercializzati.
Ciò dimostra l’estrema attenzione e il rigore delle verifiche cui sono
sottoposti tutti i vaccini, tali che, anche laddove si ravvisi la remota
possibilità di presenza di un minimo difetto di qualità, vengono adottati
prontamente provvedimenti cautelativi a tutela della salute pubblica che
riguardano non solo i lotti su cui si nutrono dei sospetti, ma tutta la
produzione nel suo complesso. Tali precauzioni sono particolarmente stringenti
anche, e soprattutto, perché si tratta di medicinali destinati ad essere
somministrati ai cittadini sani per la prevenzione delle malattie. Queste ultime
rappresentano il vero pericolo per i cittadini, ai quali si raccomanda di
procedere con fiducia al piano di vaccinazione indicato dal Ministero della
salute, ai fini di evitare l’insorgenza di patologie influenzali che possono
mettere in serio pericolo la loro salute e, per alcune categorie a rischio,
anche la vita stessa.
La cottura al microonde è pericolosa?
Permette di cucinare molto velocemente, ma a volte la qualità dei piatti ne
risente, e la paura delle radiazioni elettromagnetiche è sempre in agguato
Il primo modello nacque nel 1946, ma era alto più di un metro e mezzo e
pesava quasi quattro quintali; oggi, il microonde è un elettrodomestico
piccolino, molto meno ingombrante del forno.Utilissimo
per cucinare e soprattutto scaldare in fretta i piatti, è uno strumento
casalingo di cui difficilmente i workaholic riescono a fare a meno; lo
stesso non può dirsi di chi è abituato a preparare con cura e pazienza
il propriocibo,
e ha un occhio di riguardo per la loro qualità.
Eh sì, perchè a prescindere dalla questione ancora dibattutissima sui
possibili pericoli del microonde, è indubbio che anche solo il gusto del
cibo cambi se cotto al forno oppure se bombardato dalle radiazioni
elettromagnetiche.
Il pane si ammoscia, così come la pasta, e ottenere croccantezza e
fragranza diventa impossibile. Ci si può scaldare illatte,
o i piatti in busta creati apposta per il microonde, ma rinunciate a una
cucina veramente raffinata.
Non vi interessa, e avete realmente poco tempo?Prima
di acquistare un microonde però dovete sapere come funziona: il
microonde produce radiazioni elettromagnetiche che "scuotono" le
molecole presenti neglialimenti,
provocando agitazione termica, e cioè il surriscaldamento desiderato;
per questo motivo le uova non si possono cuocere con il microonde,
perchè le molecole d'acqua agitandosi farebbero scoppiare il guscio.
Queste radiazioni, nel caso fosse confermata l'ipotesi secondo cui
rilasciano negli alimenti scorie, potrebbero causare ai consumatori di
tale cibo malattie come il cancro.Una
risposta certa non si ha: le multinazionali affidano a team di
scienziati il compito di effettuare ricerche rassicuranti, che neghino
gli effetti nefasti del microonde, ma ad oggi in effetti nessuno studio
medico accertato è stato pubblicato contro questo elettrodomestico. Perleggela
quantità di emissioni non deve superare un certo limite, e i modelli di
ultima generazione sono dotati di una schermatura metallica, per
aumentare la sicurezza; in genere però, si consiglia di non restare
molto vicino al microonde quando è in funzione.
DALL’AIFA (
AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO ) :
1) CHE
COS’È UN FARMACO EQUIVALENTE (O GENERICO) ?
Un
farmaco equivalente è una copia del suo farmaco di riferimento (farmaco “di
marca”
o “griffato”) presente sul mercato già da molti anni e il cui brevetto sia
scaduto.
Infatti, un farmaco equivalente (o generico) non può essere messo in
commercio se il
brevetto del medicinale di marca è ancora valido.
Il
decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 definisce il medicinale generico
come “un
medicinale che ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa di
sostanze
attive
e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento nonché una
bioequivalenza
con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di
biodisponibilità”.
2) QUALI
SONO I REQUISITI DI UN FARMACO EQUIVALENTE?
Un
farmaco equivalente deve:
-
avere lo stesso principio attivo, ossia la sostanza responsabile del suo
effetto
farmacologico (terapeutico);
-il
principio attivo non deve essere protetto da brevetto;
-
avere la stessa forma farmaceutica e via di somministrazione (per es.
compresse,
capsule, soluzione iniettabile etc.);
-
avere lo stesso dosaggio unitario;
-
essere bioequivalente al medicinale di
riferimento;
-
avere un costo di almeno il 20% inferiore rispetto al corrispondente
medicinale di
riferimento.
4) UN
FARMACO EQUIVALENTE È MENO SICURO DI UNO DI MARCA?
Un
medicinale equivalente per poter ottenere l’Autorizzazione all’Immissione in
Commercio deve presentare gli stessi requisiti di qualità del medicinale
originatore ed è
pertanto sottoposto agli stessi test condotti sui medicinali di riferimento.
La qualità di un
farmaco è ottenuta mediante un insieme di procedure previste dalla legge
comunitaria
(GoodManufacturePractice,
GMP) e messe in atto dal fabbricante prima, durante e dopo
la
produzione del farmaco stesso.
Inoltre è necessario dimostrare che le sostanze di cui è composto, e in
particolare il
principio attivo, non siano dannose alle dosi che saranno impiegate nella
pratica clinica.
Il
dossier per l’autorizzazione di un nuovo medicinale dovrà contenere tutta
una serie di
sperimentazioni e studi condotti sugli animali al fine di accertare della
sicurezza dei
principi attivi. D’altra parte, queste prove hanno un senso se la sostanza
attiva è nuova e
non
ancora testata sull’uomo, ma sono da considerare superflue una volta che la
sostanza stessa sia ben conosciuta ed il suo uso clinico consolidato da
numerosi anni di
commercializzazione.
3) CHE COSA
SONO GLI ECCIPIENTI E COME MAI POSSONO
ESSERE
DIVERSI NELLA FORMULAZIONE DEI FARMACI EQUIVALENTI?
Gli
eccipienti sono sostanze inerti e non hanno proprietà terapeutiche, la loro
funzione è
quella
di rendere somministrabile un principio attivo, la componente del farmaco
che
svolge
azione terapeutica.
Ciononostante un certo numero di eccipienti possono avere rilevanza per la
sicurezza di
un
medicinale. Per esempio farmaci contenenti saccarosio devono essere
somministrati
con
attenzione ai pazienti diabetici. Altri eccipienti, come i
parabeni, possono
determinare reazioni allergiche ed è noto che i farmaci contenenti lattosio
non sono
indicati in soggetti intolleranti a questa sostanza.
Per
tale motivo i foglietti illustrativi dei medicinali riportano sempre
specifiche
avvertenze
per determinati eccipienti, in
ottemperanza ad un’apposita linea guida predisposta dalla Comunità europea.
La
normativa prevede che un farmaco equivalente possa contenere eccipienti
diversi da
quelli
del farmaco “di marca”, l’importante è che il medicinale ottenuto sia
bioequivalente
rispetto all’originale.
5) UN
FARMACO EQUIVALENTE È MENO EFFICACE DI UNO DI MARCA?
Per
stabilire l’efficacia di un medicinale equivalente, invece dei normali studi
clinici
previsti per un medicinale “nuovo”, si deve compiere solo uno studio di
bioequivalenza,
cioè
uno studio per verificare l’equivalenza terapeutica tra due formulazioni
simili.
Il
confronto degli effetti terapeutici di due medicinali contenenti la stessa
sostanza
attiva
è un modo cruciale di valutare la possibilità di sostituire un farmaco
innovatore (di
riferimento) con un medicinale essenzialmente simile (generico).
Due
farmaci sono da considerarsi bioequivalenti
quando, con la stessa dose, i loro
profili di concentrazione nel sangue rispetto al tempo sono così simili che
è improbabile
che
essi possano produrre differenze rilevanti negli effetti di efficacia e
sicurezza.
6) COME MAI
I FARMACI EQUIVALENTI COSTANO MENO DI QUELLI DI MARCA?
I
medicinali equivalenti hanno un prezzo inferiore di almeno il 20% rispetto
ai
medicinali di marca, come diretta conseguenza della scadenza del brevetto
del principio
attivo
di cui è composto il medicinale.
Scaduto il brevetto la legge consente, a chiunque sia in possesso dei mezzi
tecnologici
e
delle strutture idonee, di riprodurre, fabbricare e vendere, previa
autorizzazione
dell’AIFA,
un medicinale la cui efficacia e sicurezza sono ormai consolidate e ben
note.
Chi
chiede l’autorizzazione per un medicinale equivalente può praticare prezzi
molto
competitivi rispetto all’azienda titolare del prodotto di marca perché non
deve investire
risorse nella ricerca (il principio attivo è noto) e quindi non deve
condurre studi preclinici
e
neanche studi clinici per dimostrare l’efficacia e la sicurezza del
medicinale nell’ uomo
(già
condotti dall’azienda proprietaria del brevetto al momento della prima
richiesta di
da " lifestyle "
La dieta va in fumo in 3 ore
Trascorse tre ore dal pasto, i grassi consumati si depositano già su fianchi e
girovita; per eliminarli, è meglio assumerli di mattina
Si ingrassa a vista d’occhio, nel senso letterale del termine: dopo ogni pasto
infatti i grassi assunti vanno subito a depositarsi su fianchi e girovita; è
quanto scoperto da uno studio condotto dall’Oxford University. Fredrik Karpe e
il suo team di ricercatori hanno invitato alcuni volontari a mangiare del grasso
trattato in modo da essere facilmente rintracciabile nell’organismo;
individuarlo è stato facile, e si è scoperto che le cellule nel tessuto adiposo
intorno alla vita catturano e incorporano subito le goccioline di grasso come
riserva energetica.
Uno strappo al menù dietetico quindi può essere fatale, e cancellare risultati
di settimane in poche ore, per l’esattezza tre, il tempo che basta per far
lievitare il girovita. E’ per questo che i regimi dietetici restrittivi non
funzionano: a un certo punto si crolla e ci si abbuffa, mandando a monte tutti
gli sforzi fatti con un solo maritozzo alla panna. Gli strappi alla regola però
sono meno gravi se fatti di mattina: mangiare un cibo molto calorico all’inizio
della giornata permette all’organismo di bruciare energia fino a sera, cioè fino
a quando il corpo non si riposa. Consumare cibi ultracalorici e grassi di sera
invece è lo sbaglio peggiore, perché durante la notte il corpo non brucia le
calorie, accumulandole sotto forma di cuscinetti adiposi.
Il grasso consumato a colazione non si deposita sui fianchi, mentre quello
assunto di sera per metà diventa una “zavorra” fisica, difficile da smaltire.
Inoltre, come ben sappiamo, il grasso si accumula nelle donne soprattutto su
cosce, fianchi e sedere, deformando in fretta una bella silhouette.
Un uomo si confida con un amico:
Sai sono stato dal quel famoso specialista, ed egli mi ha assicurato che mi
avrebbe fatto camminare in 2 settimane!
- Cavolo, e c’è riuscito?
- Sì per forza, ho dovuto vendere la macchina per pagare il conto
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Una
vecchietta si trova a letto con la febbre e chiama il suo
medico.
Dottore non mi sento bene ho la febbre alta!
Il medico le chiede: Senta, le battono per caso anche i denti?
La vecchietta: Aspetti un secondo che guardo...no sono fermi sul
comodino!
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Un tipo si
siede a tavola tutto vestito di bianco, dal berretto sulla
testa, a calze e guanti bianchi.
- Ma che fai vestito così? chiede un amico
- Eh, il dottore mi ha detto di mangiare in bianco...
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Gesu' torna
in terra e apre un ambulatorio medico.
Il primo giorno nella sala d'attesa tutti si chiedono come sara'
il nuovo medico.
Dopo poco Gesu' si affaccia e chiama: "Avanti il primo!".
Entra un signore in carrozzella che dice: " Dottore, ho un mal
di gola fastidioso... ". Gesu' lo interrompe alzandosi, chiude
la porta ed esclama: "Ma tu non puoi camminare!".
"Si' - dice il paziente - dalla nascita.
Ma .. dicevo ..
quel pizzicore alla gola ...".
"Alzati e cammina - lo interrompe nuovamente".
"Ma... ".
"Silenzio! Ho detto alzati e cammina!".
Il paziente, incredibilmente, si alza in piedi, saluta,
ringrazia Gesu' ed esce.
Gli altri, vedendolo, gli chiedono: "Allora, com'e' questo nuovo
dottore?".
E il miracolato: "Come tutti quegli altri.
Non mi ha neanche visitato!".
In molte si mettono a dieta ma in poche possono
dirsi in forma. Perché perdere peso sembra una missione impossibile?
L'11°congresso europeo sulla nutrizione ha reso noti quali sono gli scogli
più difficili da affrontare
La prova costume. Disintossicarsi dopo le Feste.
Perdere immediatamente la pancetta ereditata dai bagordi di Pasqua e
Pasquetta. Quel paio di jeans che non ti si abbottonano più neanche
se ti sdrai sul letto e trattieni il fiato fino a diventare
cianotica. I motivi per decidere di mettersi a dieta sono
tanti ma a quanto pare hanno ben poco mordente. Dall’11° congresso
europeo sulla nutrizione è emerso infatti che su cento persone che
si mettono a
dieta ben ottanta, in maggioranza donne, lasciano perdere quasi
subito.
Tutta colpa della serotonina (e della gola diranno
alcune di voi!) che nelle diete con pochi carboidrati cala
notevolmente dando vita ad una serie di sensazioni che vanno dalla
depressione al senso di esclusione sociale, passando per una serie
di disordini alimentari compulsivi che spesso si risolvono nel
consumo massiccio di
cioccolato, alimento che riporta immediatamente
questa sostanza ai livelli di partenza e spinge il nostro peso, di
contro, verso vette inesplorate. E le controindicazioni non sono
finite qui. Tra i fattori che spingono le donne ad
abbandonare le diete iperproteiche vi sono anche una serie di
controindicazioni come:
alitosi, mal di testa, carenza di calcio e
perdita di capelli. E la gola diranno ancora una volta alcune di
voi. Il punto è che, per altro, tali problematiche non sono
bilanciate da un rincuorante risultato una volta salite sulla
bilancia. Ed ecco spiegato perché ci ritroviamo a ripiegare sulle
barrette dietetiche per merenda (illudendoci che da sole bastino per
rimetterci in forma) mentre le diete più famose come quella a zona e
quella bilanciata vengono abbandonate in tempi record.
Il trucco per non incorrere in questa trappola?
Essere ben convinte di voler perdere peso (quindi iniziare solo dopo
aver testato la propria forza di volontà) e non buttarsi in
titaniche imprese fai da te utili al massimo
per perdere due o tre chili dovuti a qualche strappo alla regola di
troppo. Per perdere peso in maniera regolare e duratura
agendo anche sul metabolismo occorre sempre affidarsi ad un esperto
che consideri il nostro stile di vita, il nostro stato di salute e
anche le nostre papille gustative. La dieta non è uno strumento di
tortura medievale: basta farla utilizzando il cervello!
Redazione Staibene.it - 9 Febbraio 2012
Meteo influenza, arriva il
picco
Soccorso del Ministero della Salute con sito e App
per cellulari
La tempesta perfetta dell’influenza arriverà in Italia a partire
dal prossimo week end ed il ministero della Salute corre ai
ripari con le nuove tecnologie, un sito internet e perfino 3 App
per smartphone gratuite che dicono agli italiani cosa fare.
Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, nell’ultima
settimana di gennaio mezzo milione di italiani sono rimasti a
letto con l’influenza, una cifra considerevole che tuttavia,
secondo le statistiche, si è verificata in un periodo di media
diffusione del virus . Il peggio dovrebbe arrivare infatti nei
prossimi i giorni, quando si verificherà la congiunzione di due
fenomeni eccezionali: l’ondata di freddo, gelo e neve che
continuerà a colpire il Paese e, nello steso tempo, l’arrivo del
picco stagionale di diffusione del virus.
Forse per le polemiche che sono intervenute sull’efficacia degli
allerta – neve della Protezione Civile, Il Ministro della Salute
Balduzzi ha giocato d’anticipo ed il Ministero è sceso in campo
massicciamente con una vasta opera di prevenzione che per la
prima volta ha fatto ricorso alle nuove tecnologie: un sito
internet interattivo, www.campagnainfluenza.it che
presenta il test interattivo per riconoscere i sintomi
dell’influenza, e 3 servizi utili per chi deve
programmare settimane bianche viaggi, o impegno di lavoro: il
Meteo influenza, una applicazione che sulla
base dei dati statistici delle stagioni influenzali 2006-2010,
indica in quali settimane il rischio di contrarre influenza è
più o meno alto, l’
Influenzometro, che con una serie di
domande interattive aiuta a capire se i sintomi sono quelli del
virus o se si tratta di un banale raffreddore e il
Non occorre essere 80enni per rischiare: anche un
ragazzo di 25 anni può farsi male in bagno.
Lo dimostrano i risultati di una ricerca condotta dal
Centers for Disease Control and Prevention
di Atlanta, negli Stati Uniti, che ha eletto il bagno a
stanza più pericolosa della casa. Sulla
scia di questo rapporto, anche la Regione Toscana ha
elaborato un volume, "Fondamenti di prevenzione degli
infortuni domestici", dove si legge che in un caso su
due la vittima di un incidente domestico è impegnata
nella cura della persona. Il 10% degli adulti che
finisce al pronto soccorso lo deve proprio ad una
caduta in bagno.
Le insidie da stanza da bagno sono da ricercarsi in
primo luogo nei materiali con cui è costruito: se
bagnati, marmo, porcellana
e vetro possono diventare pericolosi ed
essere all'origine delle cadute che nel 46% degli
accessi registrati al pronto soccorso possono portare
anche alla morte. I più colpiti sono le
donne a causa della ridotta massa
muscolare e superficie ossea, e gli over 65.
Dopo gli 85 anni è difficile trovare qualcuno che non
sia stato vittima della trappola di porcellana.
I sanitari più pericolosi
I sanitari più pericolosi variano a seconda dell'età.
Per gli under 25 è la vasca (27% dei
casi studiati), spesso pericolosa a causa di un uso non
molto intelligente dell'alcool. Per gli anziani invece
sembra che sia il water l'insidia da
evitare (14% dei casi): con l'età è sempre più difficile
rialzarsi dalla seduta. Ma alcuni di
loro non riescono nemmeno ad arrivare in bagno oppure,
una volta rialzatisi dal water, perdono l'equilibrio.
Secondo Niccolò Marchionni, già
presidente della Società italiana di gerontologia e
geriatria «la "classica" caduta dell'anziano è quella
notturna: ci si sveglia per andare in bagno e il
calo di pressione che si verifica alzandosi in
piedi fa perdere coscienza. A facilitare tutto ciò, la
cattiva abitudine di molti di assumere regolarmente
benzodiazepine per addormentarsi: nell'anziano rendono
ancora più difficile mantenersi stabili in posizione
eretta». Gli effetti di queste cadute corrispondono nel
17% dei casi a delle semplici fratture, a distorsioni e
slogature (20%) oppure a contusioni e abrasioni (29%).
Se abbiamo scelto di dotare il bagno di una
vasca, meglio sceglierne una dotata di
seggiolini che permettano di lavarsi
comodamente seduti. Esistono in commercio dei ritrovati
meccanici che aiutano a immergersi e risollevarsi dalla
vasca. Inoltre ricordate di inserire sul fondo degli
appositi tappetini antiscivolo.
Se invece dovete mettere in sicurezza la
doccia, basta uno sgabello
mobile. Questa soluzione è adatta per persone anziane,
ma anche per bambini e donne incinte. Anche qui non
dimenticatevi di inserire i tappetini
antiscivolo per evitare di cadere una volta
rialzati.
Se la casa è abitata da persone over 65 meglio dotare
la stanza da bagno di un water con una seduta
più alta, in modo da evitare la perdita
dell'equilibrio una volta rialzati.
Sistemate accanto al water e alla vasca dei
maniglioni che offrano il sostegno adatto al
movimento nella stanza da bagno.
Fare attenzione alla presenza di
elettrodomestici (lavatrice, asciugacapelli,
ecc.) posizionati nei pressi di vasca e lavandini: la
lavatrice deve trovarsi ad almeno 60 cm dal bordo di
vasca o doccia; le caldaie o gli scaldabagni devono
essere distanti dalla doccia e mai posizionati sopra la
vasca.
Evitate di tenere in bagno tappetini morbidi
soggetti all'inisidioso arrotolamento, all'origine di
molte cadute, soprattutto notturne.
Aumento del 20 per cento delle patologie
oncologiche dovute all'inquinamento,
aspettativa di vita di due anni
inferiore al resto d'Italia, tumori alla
mammella registrati anche sotto i 20
anni: questa è Napoli e la Campania.
Spenti i riflettori sull'emergenza
rifiuti – eccezion fatta per le news
sullo smaltimento che avverrà in Olanda
– dei problemi napoletani si è smesso di
parlare. E soprattutto, di cosa abbia
comportato l'emergenza rifiuti e il
conseguente inquinamento nella
popolazione, si è detto poco.
Per capire il danno che l'inquinamento
ha causato ai cittadini campani,
abbiamo chiesto lumi al professor
Antonio Marfella, tossicologo e oncologo
dell'Ospedale Pascale di Napoli.
“Soltanto negli ultimi anni le patologie
oncologiche dovute con ogni probabilità
agli sversamenti tossici sono aumentate
del 20 per cento – spiega il professore
– i cancri alla mammella nelle donne
sono il doppio rispetto al resto
d'Italia come sono aumentati in modo
esponenziale i carcinomi al testicolo
negli uomini campani che detengono ora
il triste primato di avere il minor
numero di spermatozoi di tutti i maschi
del Belpaese. Le donne campane non hanno
alcun vantaggio nel fare lo screening
alla mammella sopra i 40 anni visto che
più di una donna su 7 ha il cancro prima
dei 40 anni e spesso addirittura sotto i
20 anni. A questo proposito trovo
vergognoso che oncologi come Umberto
Veronesi inneggino alle grandi capacità
della medicina e non piangano sul fatto
di dover registrare questi dati a causa
dell'inquinamento”.
I dati non finiscono qui visto che le
percentuali di tumori infantilisono
il doppio rispetto ad esempio alle medie
degli Stati Uniti mentre di quelli al
polmone, così come dei tumori alla
vescica, la città ne detiene il triste
primato italiano insieme al Piemonte.
“Studi eseguiti e conclusi nel giugno
del 2011 dal professore Antonio Giordano
della Sbarro Healt Research Organization
di Philadelfia – osserva Marfella –
hanno sottolineato come l'aumento di
tumori nel napoletano sia correlato ai
rifiuti tossici. Il ricercatore del Cnr
di Pisa Alfredo Mazza lo aveva già detto
nel 2004 e nell'ottobre dello scorso
anno il dottor Fusco dell'Istituto
Superiore di Sanità ha confermato la
correlazione tra le discariche illegali
e l'aumento di tumori. Questi studi sono
conferme. Già 3 anni fa i rapporti
dell'Istituto Superiore di Sanità
confermavano un aumento sino all’83 per
cento delle malformazioni neonatali ad
apparato urogenitale e sistema nervoso
nei cittadini campani residenti in
prossimità di discariche sia autorizzate
che abusive. È un dato conclamato che
l'aspettativa di vita dei cittadini
campani sia di due anni inferiore a
quella di ogni altro cittadino italiano.
Aspettativa che raggiunge anche i 4 anni
in meno in alcune zone della regione. E
tutto a causa dell'inquinamento e non
per singole abitudini visto che stile di
vita e consumi dei napoletani sono
simili a quelli degli altri abitanti
della penisola”.
Eppure non sempre è stato così. “Fino
a venti anni fa la Campania era in linea
con le Marche, regione che oggi
detiene il primato di longevità –
sottolinea il professore – poi i terreni
della Campania sono diventati una
discarica industriale dove i grandi
evasori industriali del nord insieme
alla camorra hanno cominciato a sversare
i loro rifiuti tossici. Questi rifiuti
sono il vero problema dato che i
cittadini campani, dati alla mano,
producono 400 chili di immondizia pro
capite, ovvero 70 chili meno della media
nazionale. Già anni fa dicevamo che
c'era un problema ma nessuno ci
ascoltava e non potevamo affidarci ai
dati dato che non avevamo un registro
dei tumori regionale né laboratori per
misurare la diossina o analizzare il
patrimonio zootecnico come la
mozzarella”.
L'accordo con l'Olanda per bruciare i
rifiuti nei Paesi Bassi può far
migliorare la situazione. “E'
una amara considerazione ma è vero –
ammette – dato che i fumi tossici che
avrebbero appestato la Campania ora se
ne andranno nelle cittadine olandesi. In
più, azzera il gioco della camorra di
sversare e bruciare i rifiuti negli
inceneritori campani. Insomma, posso
solo dire 'Viva l'Olanda'”.
Fonte : DoctorsNews33. 26 ottobre 2011
Ricetta elettronica, Brunetta vuole
accelerare con il dl sviluppo
La
ricetta elettronica si candida a figurare tra
gli interventi del tormentato dl sviluppo,
ancora in gestazione per la difficoltà di far
quadrare la richiesta di investimenti per la
crescita con la necessità di tenere i conti
sotto controllo. E secondo il Sole 24-Ore, che
venerdì ha anticipato la notizia, a rendere la
ricetta elettronica di Brunetta un progetto
"spendibile"sarebbe proprio l'assenza di costi.
Di più: neanche un centesimo in uscita e 4
miliardi di euro in entrata, sotto forma di
risparmi per il Ssn una volta che il sistema
sarà andato a regime. Cifre che il ministro
della Funzione pubblica avrebbe esposto nei
giorni scorsi ai colleghi che stanno lavorando
al decreto attirandone l'attenzione. Il piano di
Brunetta, in sostanza, è quello di imprimere
un'accelerazione vertiginosa alla
digitalizzazione delle prescrizioni. I medici,
cioè, dovrebbero iniziare a sfornare ricette
elettroniche già dal prossimo marzo, con
l'obiettivo di eliminare completamente la carta
entro il 2015. Allo scopo, il Ministro avrebbe
disegnato una "road map" che prevede la
smaterializzazione di ameno il 40% delle
prescrizioni entro la fine del prossimo anno, il
70% per la fine del 2013 e il 90% per dicembre
2014. Se il dl sviluppo dovesse accogliere il
piano, alle Regioni verrebbero dati meno di
cinque mesi per mettere in rete prescrittori,
farmacie e strutture del Ssn. E chi non
riuscisse a rispettare l'appuntamento, verrebbe
sanzionato con tagli ai finanziamenti
«integrativi» del Fondo sanitario. Quest'ultimo
passaggio rappresenta lo scoglio principale
all'integrazione del piano nel decreto
governativo. Difficile infatti che le Regioni
possano digerire un provvedimento che costringe
una buona parte di loro (e specialmente quelle
più in difficoltà con i bilanci) a pagare
interamente la realizzazione dell'infrastruttura
telematica. E lo stesso vale per il fascicolo
sanitario elettronico, altro progetto telematico
sul quale Brunetta vorrebbe che il dl sviluppo
desse un'accelerata. In pratica, il Ministro
vorrebbe che il fascicolo sanitario elettronico
cominciasse a concretizzarsi dall'inizio del
nuovo anno, parallelamente alla ricetta
digitale. E, ancora una volta, senza oneri per
la finanza pubblica. Regioni permettendo.
I PEDIATRI ESPRIMONO
PREOCCUPAZIONE PER UN CONSUMO NON
CONTROLLATO DI INTEGRATORI ALIMENTARI
NEI BAMBINI
Fonte: Adnkronos
Salute. 12 maggio 2011
Troppi integratori,
spacciati come tutti naturali, vengono
dati a bambini e ragazzini, senza
preoccuparsi delle conseguenze. In molti
casi anche gravi. E' l'allarme lanciato
da Mati Berkovitch, presidente
dell'Israele Society of Pediatric, dal I
congresso internazionale sull'assistenza
primaria pediatrica, in corso a Tel
Aviv. Pillole e sciroppi, venduti come
integratori, vengono utilizzati per
placare le coliche gassose dei neonati o
la tosse nei più grandicelli, ma anche
per dimagrire. Questi prodotti, spiega
il pediatra, "sono poco valutati
scientificamente. Vengono spacciati come
prodotti naturali, ma contengono
moltissimi ingredienti, non tutti noti e
non tutti naturali. In alcuni contro le
coliche dei neonati - avverte - c'è un
20% d'alcol, in altri per la tosse un
sedativo che non può essere
somministrato ai bimbi piccoli".
Non si tratta, dunque, di sostanze
naturali e innocue. E si possono correre
non pochi rischi. "Riceviamo dagli
stessi cittadini - prosegue - numerose
segnalazioni di reazioni avverse da
integratori nei bambini. In alcuni casi
anche gravi. E nell'ospedale in cui
lavoro io, molti bambini arrivano in
gravi condizioni. Vediamo numerosi i
casi di tossicita' epatica". "Alcune
settimane fa - racconta il pediatra
israeliano - è arrivato in ospedale un
ragazzo di 15 anni, ricoverato per
insufficienza renale transitoria e
problemi cardiaci. Prendeva un
dimagrante che doveva essere tutto
naturale, aveva perso 6 kg in 6
settimane". L'adolescente si è ripreso,
ma "le analisi hanno evidenziato nelle
capsule la presenza di 23 mg e di 32 mg
di sibutramina, 3 volte la dose
consueta" di questo anoressizzante,
ritirato dal commercio in diversi Paesi.
Esprime preoccupazione sull'uso, a volte
abuso, di questi prodotti e sulle
conseguenze anche il farmacologo Achille
Caputi. "C'è un problema di controlli e
non c'è un sistema di monitoraggio sugli
effetti collaterali. Questi prodotti non
sono sottoposti agli stessi test dei
farmaci e non conosciamo gli effetti di
alcune sostanze nell'interazione con i
medicinali nè le conseguenze del fatto
che vengono assunti da persone sane",
sottolinea il past-president della
Societa' italiana di farmacologia.
Primo bilancio della sanità elettronica al
ministero: la strada è tracciata, restano ancora
difficoltà per ricette online e fascicolo
da "Panoramamedico news"
14/04/2011
Nonostante le difficoltà,
nonostante i ripetuti flop tecnici, la
strada verso una totale sanità
elettronica è spianata. Il ministro per
l’Innovazione Brunetta ne fa il suo
cavallo di battaglia, come tra l’altro
confermano ai piani alti di Palazzo
Vidoni, quartier generale dell’E-health
italiano: “Tra certificati telematici,
ricette online e fascicoli sanitari
elettronici, il futuro è sempre più
vicino. Basti pensare che già oggi i
certificati di malattia cartacei non
raggiungono il 4% del totale dei
documenti inviati all'Inps", afferma
Paolo Donzelli, direttore dell'Ufficio
studi e tecnologie del Dipartimento per
le innovazioni e le tecnologie del
ministero della Pubblica
amministrazione.
Sempre più spazi, dunque, al
Fascicolo sanitario elettronico, alla
telemedicina, alla teleradiologia, alla
gestione documentale sanitaria. Tra i
progetti di e-health già a regime ci
sono i certificati di malattia online
dei lavoratori pubblici e privati. "Ad
oggi - spiega Donzelli - il sistema è
utilizzato da circa il 90% dei medici di
famiglia, tanto che all'Inps - dalla
data di attivazione - sono già arrivati
oltre 8 milioni e mezzo di certificati".
Ancora in una fase sperimentale invece
la ricetta online e il fascicolo
sanitario elettronico. "Per quanto
riguarda la ricetta - spiega Donzelli -
stiamo lavorando affinché i passaggi
siano accelerati. Bisogna però tenere
conto che si tratta di un sistema
complesso: ogni anno in Italia si
redigono da 600 a 800 milioni di
ricette". Anche per il Fascicolo
sanitario elettronico - che raccoglie in
pratica tutti i documenti generati dai
contatti del cittadino con il Ssn
(referti, analisi, prescrizioni,
eccetera) - i tempi rispetto ai
certificati di malattia telematici sono
un po' più lunghi. "Al momento - afferma
Donzelli - 12 Regioni stanno
collaborando per interfacciare i propri
sistemi per il passaggio dei dati da
regione a regione, seguendo così la
mobilità del paziente. Inoltre il
ministero della Salute – precisa
Donzelli - ha già attivato un tavolo di
lavoro e definito le linee guida
nazionali". “Il fascicolo elettronico –
ha detto di recente il ministro della
Sanità Ferruccio Fazio - contiene una
serie di dati anamnestici, ma anche
multimediali, come le analisi
diagnostiche per immagini. Inoltre - ha
aggiunto Fazio - il fascicolo
elettronico può essere un documento
prezioso anche per quanto riguarda le
indagine epidemiologiche. Oggi, noi - ha
spiegato - per fare il riparto del Fondo
sanitario nazionale non possiamo
utilizzare il criterio principe della
prevalenza delle malattie, perché
abbiamo solo i dati delle cartelle
cliniche, ma non i dati territoriali”.
“Il fascicolo elettronico consentirà
invece la raccolta di questo tipo di
elementi. A questo scopo - ha concluso
Fazio - in un disegno di legge passato
in Consiglio dei ministri e che arriverà
presto in Parlamento, abbiamo previsto
un articolo in cui si afferma che il
fascicolo elettronico può essere
utilizzato come database proprio per
avere questo tipo di informazioni”.
La crisi incalza gli italiani che tagliano dove non si dovrebbe,
sull'alimentazione, sullo sport e sulle cure, in particolare
quelle odontoiatriche. In sostanza, si taglia sulla salute. Uno
su 10 non va dal dentista anche se occorre, l'alimentazione
viene dirottata verso cibi non salutari e la sedentarietà, il
fumo e l'alcol fanno il resto. I cittadini, insomma non 'stanno
tutti bene'. E' il ritratto del Paese, descritto nell'ottava
edizione del rapporto Osservasalute 2010, presentata
all'università Cattolica di Roma, dal quale emerge che è
aumentato in tutte le regioni il numero di quelli obesi e in
sovrappeso, compresi i bambini e, indicatore eclatante, negli
ultimi cinque anni l'aspettativa di vita ha subito una frenata:
solo 3 mesi in più per le donne e 7 mesi per gli uomini...
Fitness e
benessere
In punta di piedi
Se bella vuoi apparire un
po’ devi soffrire, si diceva una volta. C’è da domandarsi se ne
vale la pena quando la sofferenza può trasformarsi in un
disturbo che per essere risolto necessita dell’intervento di un
medico. E’ infatti lo scotto che devono pagare, per esempio,
piedi maltrattati da tacchi vertiginosi, punte improbabili o
calzature da ninja giapponese. Molte persone presentano la
predisposizione ad avere l’alluce a martello o con la borsite ma
certe scarpe possono essere un fattore che trasforma questa
condizione in problema.
Problemi che naturalmente
non si fermano al piede, anzi alla punta dei piedi, ma si
riflettono più in alto sulla gamba, su anche e colonna
vertebrale in pratica su tutta la postura. Questo è quanto
denunciato da molti podologi americani in riferimento alla moda
statunitense che grazie alla globalizzazione condividono anche
gli europei.
Chi è la
più bella del reame?
L’attenzione è rivolta per
lo più alla popolazione femminile generalmente più attenta ai
diktat modaioli e pronta a soffrire giusto un po’ pur di entrare
nei recentissimi modelli molto stretti, a punta, con tacchi fino
a 12-14 cm circa. Le cose non cambiano di molto nemmeno quando
la punta è arrotondata. Ma gli esperti non consigliano neppure
le popolari infradito perché sono troppo piatte, troppo morbide
e non offrono sostegno né protezione né contenimento al piede
che rischia maggiormente urti e scivolate.
In particolare il tacco
molto alto fa sì che il piede scivoli fuori dalla sua posizione
naturale e accorcia il tendine di Achille; inoltre sposta il
peso del corpo in avanti in modo sproporzionato stravolgendo la
funzione stabilizzante del piede nella ripartizione del peso.
Tutto il peso grava infatti su un’area più piccola rispetto alla
pianta completa e i piedi tendono ad assumere una posizione
ruotata verso l’interno che favorisce la distorsione della
caviglia.
A ogni passo poi il
cuscinetto sotto il tallone assorbe l’urto con il terreno: il
piede quindi funge da stabilizzatore rigido che equilibra la
distribuzione del colpo. Se viene meno questa funzione ne
consegue indolenzimento alle ginocchia, alla schiena e al collo.
Scarpe con la punta stretta
o con la suola troppo rigida limitano la flessibilità della
parte anteriore del piede e della caviglia: in pratica si riduce
il raggio dei movimenti con perdita di forza in quei piccoli
muscoli che però servono per procedere in avanti.
Meglio
comoda
I podologi concordano che la
scarpa migliore per la salute del piede è quella che riprende la
sua forma naturale, che fornisce sostegno all’arco plantare e
presenta una suola flessibile al di sotto della punta del piede,
come fanno la maggior parte delle calzature sportive. Una buona
scarpa ha una suola relativamente piatta e che si adatta
comodamente al tallone e la parte anteriore deve avere
abbastanza spazio per accogliere la punta del piede; l’eventuale
presenza di stringhe serve per regolarne l’ampiezza.
Naturalmente non è possibile
generalizzare in quanto ogni piede ha la sua forma, per esempio
per chi ha l’arco plantare alto è comodo un appoggio più morbido
mentre per chi ha i “piedi piatti” potrebbe essere necessario
avere un maggior supporto.
In arrivo 525 mila tessere sanitarie per gli
utenti trentini
Appena cominciata la
spedizione delle prime card con il microchip
dal giornale " Trentino " 23/2/2011
di Robert Tosin
TRENTO.
Una tessera che ne vale quattro.
E sta arrivando nelle case dei trentini, dopo una lunga
attesa per problemi di stampa a Roma. E' la nuovissima e
ipertecnologica tessera sanitaria, dotata di microchip e
antennino. Ci permetterà di avere a portata di mano la
nostra cartella clinica e tutte le informazioni che
riguardano la nostra salute. Venerdì alle poste è stato
consegnato il primo pacchetto da 50 mila tessere, ieri
ne sono state spedite altre 15 mila e così avverrà ogni
giorno. L'obiettivo è quello di consegnare ad ogni
trentino la sua fiammante card entro aprile o maggio di
quest'anno. La priorità è stata accordata a quei
cittadini la cui tessera è già scaduta, ma saranno
rinnovate anche quelle tuttora in corso di validità.
Alla fine ne saranno consegnate 525 mila: una per
ciascuno, neonati compresi. Se la tecnologia è l'aspetto
nuovo e fondamentale del nuovo talloncino di plastica,
non va trascurato l'aspetto forse più banale: questo
oggetto di fatto ne sostituisce quattro. E per chi ha il
portafoglio pieno di carte (dalla raccolta punti del
supermercato alle carte di credito, bancomat,
distributore, tessera sociale e chi più ne ha più ne
metta) già questo basterebbe ad approvare la novità. La
tessera sanitaria infatti sostituirà quelle nazionale e
provinciale (quella azzurra e quella verde) e il codice
fiscale. In più avrà validità anche come carta sanitaria
europea. Ma l'aspetto innovativo è appunto quello
tecnologico. Grazie ad un microchip e ad un atennino
incorporato, la card avrà la possibilità di raccogliere
le password d'accesso a diversi servizi in totale
sicurezza e di poter essere "letta" anche a distanza. Un
po' come succede già oggi con le tessere ricaricabili o
gli abbonamenti dei mezzi pubblici. Le potenzialità sono
quindi infinite. La tessera diventerà una chiave
protetta e personale per ottenere tutti i servizi che la
sanità e il servizio di assistenza in genere già offre e
che potrà fornire in futuro. Il cittadino stesso potrà
avere sott'occhio la sua situazione e la sua cartella
clinica: dal computer di casa con le sue password potrà
vedere le informazioni che lo riguardano direttamente,
risparmiandosi magari di cercare tra faldoni di carte
dati, diagnosi, referti registrati nel cervellone
dell'Azienda sanitaria. E rivolgendosi invece agli
sportelli di assistenza pubblica, tutta la sua storia
medica sarà a disposizione del personale che si dovrà
fare carico delle due esigenze. Informazione completa,
dunque, è sempre a portata di mano. E' un sistema che
dovrebbe semplificare la vita del cittadino e il suo
accesso ai servizi, ma anche rendere più efficiente la
macchina pubblica nel momento in cui è chiamata a dare
risposte delicate e non superficiali.
Boom falsi allergici e business test, allarme
esperti
Boom di falsi allergici in Italia. I
test per valutare se il pericolo si nasconde nel piatto sono diventati un
business: costosi, in molti casi non validati ed eseguiti in centri non
specializzati, danno un'alta percentuale di falsi positivi. Con la
conseguenza che alimenti importanti come il latte, si eliminano dalla dieta
anche senza esserne davvero allergici. A lanciare l'allarme è Massimo
Triggiani, presidente eletto della Società italiana di allergologia e
immunologia clinica (Siaic), dal Congresso europeo sulle allergie alimentari
(Faam), in corso a Venezia. Secondo i risultati preliminari di un gruppo
della Siaic che sta studiando il fenomeno, su un 20% di pazienti convinti di
avere un'allergia a un qualche cibo, solo l'1-2% ne è realmente colpito. Si
stanno diffondendo sempre più "test non scientificamente validati e costosi,
non effettuati in Centri allergologici - spiega Triggiani - Si può spendere
dai 40, 50 euro fino a 500 euro, ma in molti casi si ottengono falsi
positivi". Risultati 'sballati' che portano a un boom di falsi allergici a
tavola e alimentano la confusione fra allergie e intolleranze alimentari. Le
prime attivano il sistema immunitario scatenando una reazione che può anche
essere fatale, le seconde coinvolgono il metabolismo. Invece, convinti di
non poter mangiare latticini piuttosto che uova o prodotti a base di
cereali, si eliminano questi alimenti dalla dieta, anche dei bambini. Con il
rischio di andare incontro a carenze alimentari anche gravi. Attraverso
questionari a persone che si ritenevano allergiche, il gruppo di studio
della Siaic ha identificato un 20% di pazienti convinti di avere problemi
con alcuni alimenti. La maggior parte non mangiava più i cibi ritenuti 'incriminati',
anche se indispensabili, come il latte, soprattutto se si tratta di bimbi.
Ebbene, utilizzando esami diagnostici validati, gli esperti hanno scoperto
che solo l'1-2% era realmente allergico. I dati completi dell"indagine
saranno diffusi a maggio. Intanto, Triggiani invita a �non fare autodiagnosi
e a rivolgersi a Centri allergologici. E soprattutto, non eliminare gli
alimenti dalla dieta" prima di una diagnosi 'vera'.
Un italiano su tre usa internet per il
sistema sanitario
"Il 50% degli italiani utilizza regolarmente internet e 1/3 di loro lo
utilizza per definire l'ingresso nel sistema sanitario".
A fare il punto sulla "comunicazione online per i cittadini sulla
tutela e promozione della salute" è il ministro Ferruccio Fazio
intervenuto oggi al workshop che si è svolto presso l'auditorium
Biagio D'Alba e al quale hanno partecipato, tra gli altri, il direttore
generale della comunicazione e relazioni istituzionali Ministero della
Salute, Daniela Rodorigo e il rettore di Sapienza Università di Roma,
Luigi Frati.
L'incontro era finalizzato a fornire un quadro dei progressi fatti dall'amministrazione
pubblica, in particolare per quel che riguarda la
salute, sul tema della comunicazione ai cittadini
che, come ha spiegato Fazio, non deve e non può essere a senso unico: "la
comunicazione online ci dice come i cittadini vengono curati, ma ci
dà anche informazione sulla customer satisfaction. Si va semprepiù
- ha aggiunto il ministro - verso un utilizzo di internet che sia uno
scambio di informazioni, non solo tra medico e paziente, ma tra i cittadini".
Un trend confermato dagli ultimi dati Istat e Censis. Secondo l'Istat
2010, gli utenti di internet in Italia sono in aumento (48,9%, erano
il 44,4 nel 2009), ma ancora sotto la media europea del 65%. Secondo i dati
Censis 2010, gli utenti che utilizzano internet per cercare informazioni
in materia di salute e
assistenza sono il 34% della popolazione mentre il 12,6%
individua in internet il primo strumento per informarsi su tematiche
mediche.
Di fronte a questi numeri appare ancor più lontano il tempo in cui ci si
scambiavano informazioni, suggerimenti e 'dritte' soltanto attraverso
il passaparola mediato, a volte, dal medico. Ora, conclude il
ministro Fazio, "l'obiettivo è mettere in rete, sempre di più, i dati su
efficacia e appropriatezza dei servizi territoriali, di tutte le Asl
italiane, come stiamo già facendo".
Da " DoctorNews33 "
Aifa,
troppa disinformazione sui farmaci falsi
Anche
se nel nostro Paese la quota di farmaci contraffatti venduta rappresenta lo
0,1%, c'é ancora troppa disinformazione sui farmaci falsi e i rischi che si
corrono acquistandoli su internet. Basti pensare che il 41% degli italiani non
sa che è illegale acquistare farmaci on line». A spiegarlo è Guido Rasi
(foto), direttore generale dell'Aifa, a un convegno sul commercio elettronico di
farmaci. «Solo il 19% ha coscienza che sia illegale» continua Rasi «mentre il 6%
pensa sia legale e il 34% che sia legale solo per i farmaci senza ricetta. Il
33% poi valuta positivamente l'acquisto di farmaci on line». Uno dei rischi che
possono scaturire dall'acquisto di farmaci nel mondo virtuale è che se ne
«comprino quantità consistenti» prosegue Rasi. «Tra l'altro l'acquisto via web è
sempre più diffuso anche tra gli over 64enni, vista la diffusione di internet e
l'aumentare dell'invecchiamento». I farmaci che si comprano on line sono
generalmente anoressizzanti, per le disfunzioni sessuali, dopanti,
antidepressivi o contraccettivi. «Medicinali per cui la privacy» conclude Rasi
«gioca un ruolo importante. L'ambito della tutela dei dati sarà quindi uno dei
fronti su cui lavorare per contrastare il fenomeno delle vendite on line».
da " DoctorNews33 " Sabato 12/02/2011
Radiologia,
inutile il
40% degli esami
Circa il 40%
degli esami radiologici che si effettuano in Italia è inutile. Ad affermarlo è
Corrado Bibbolino, vice segretario del sindacato radiologi, a margine
della prima Giornata europea di radiologia, celebrata ieri in varie città
europee. «Alcuni studi, l'ultimo dei quali in corso di pubblicazione, ci dicono
che il 40% delle prestazioni sono inutili e spesso anche dannose» aggiunge
Bibbolino «non tanto per il problema delle radiazioni ma per la scoperta di non
patologie, penso ai fenomeni degenerativi tipici dell'invecchiamento, che
destano preoccupazione e richiesta di ulteriori indagini senza che minimamente
abbiano a che vedere con lo stato di salute». Punta invece l'attenzione sul
ruolo del radiologo inteso come medico, il presidente della Società italiana di
radiologia medica, Antonio Rotondo, secondo il quale le liste di attesa
che si creano in Italia «sono un falso problema, in quanto la pletora delle
prestazioni richieste spesso non corrisponde alla necessità delle stesse». In
sostanza, è la sua tesi, «se si invertisse il problema, ponendo al radiologo il
problema da risolvere e non la richiesta di indagine, il radiologo avrebbe la
capacità di discernere cosa è utile e cosa non lo è».
Farmaci/ Ricette mediche: un business da 4 mld.
Nel cestino finisce un mld di medicine
Sabato 01.01.2011 15:40
La nuova rubrica di Affaritaliani.it in collaborazione con www.nonsprecare.it Vuoi non sprecare? Scrivi e chiedi consiglio ad Antonio Galdo: angaldo@gmail.com
Antonio Galdo
Tra i record che abbiamo in Italia c'é anche quello del consumo
di farmaci, con una spesa media pro capite di 524
dollari. Che cosa alimenta questa corsa alla pillola?
Innanzitutto la pressione dell'industria farmaceutica
(25 miliardi di euro all'anno di fatturato) che utilizza tutte
le armi a disposizione per aumentare la domanda. Si moltiplicano così le
iniziative di marketing sia sulle singole malattie sia sui nuovi
prodotti per curarle: per una sola patologia si arriva fino a 60
giornate nazionali dedicate all'argomento e 300 locali. Celebriamo
perfino la giornata per la prevenzione degli attacchi di panico.
Una macchina infernale di notizie, dati e sollecitazioni
all'acquisto, messa a punto con l'obiettivo di sollecitare gli
acquisti anche quando non sono necessari. Il secondo anello
debole della catena è quello dei medici, molto generosi quando
si tratta di scrivere prescrizioni: si contano 7,3
ricette a cittadino. Tanto alla fine il conto lo paga il
Servizio sanitario nazionale con una spesa complessiva pari a 4 miliardi
di euro all'anno. Diverse indagini della magistratura hanno
individuato la rete di questa "fabbrica dei farmaci"
con alleanze strette tra i produttori, gli informatori scientifici (i
venditori) e i medici. Rompere il meccanismo è molto complicato, anche
perché il terzo anello riguarda i nostri stili di vita, le
nostre abitudini quotidiane in materia di pillole. Pensate:
gettiamo nella spazzatura qualcosa come un miliardo di medicine l'anno,
con un costo di 650 milioni di euro. Una follia. L'uso
e l'abuso dei farmaci è confermato dal "vizietto" degli italiani di
avere medicinali sempre a disposizione in casa, negli armadietti, come
se la malattia fosse costantemente in agguato. Il 65 per cento delle
famiglie conserva, infatti, tra le 10 e le 20 confezioni di medicine,
non curandosi di controllare le scadenze. Salvo poi accorgersi che il
farmaco ha concluso il suo ciclo vitale e quindi può finire nel cestino
dei rifiuti.
Possiamo fare qualcosa per spezzare la catena degli sprechi?
Sicuramente sì. Innanzitutto scegliere medici responsabili,
e non dei semplici dispensatori di medicinali. Un noto boss
dell'industria farmaceutica americana un giorno confessò pubblicamente:
"Il nostro sogno è quello di produrre farmaci per le persone
sane". In secondo luogo, gli acquisti delle medicine vanno
fatti con parsimonia e secondo le prescrizioni: le scorte sono
inutili. Infine, attenzione alle scadenze: se sono troppo
ravvicinate, è meglio cambiare confezione. In ogni caso ciascun
consumatore di pillole dovrebbe convincersi che questa spesa è
coperta dalla Stato, ma alla fine, attraverso le tasse, la paghiamo noi
cittadini.
da :
Tutti più buoni a Natale?
Sulla
rete è tutto un fiorire di calendari dell’avvento.
E’ tradizione dei Paesi dell’area linguistica tedesca
realizzare un calendario che scandisca i giorni che
precedono il Natale.
I bambini possono, seguendo questo calendario,
vivere una particolare atmosfera carica di attesa
e di significato fino al Natale.
Una sorta di conto alla rovescia per
riscoprire, giorno dopo giorno, i valori legati al
Natale e il significato più profondo della festa.
L’attesa, il mistero, l’atmosfera di gioia, la
condivisione e il calore familiare: sono
principalmente questi gli aspetti più importanti
legati al Natale e maggiormente sentiti dai bambini; al
di là della componente puramente edonistica e
commerciale del regalo, il messaggio più importante da
far arrivare ai bambini è che Natale vuol dire
soprattutto donare amore, pace, affetto.
Si calcola che i bambini desiderino in media tre
regali e ne ricevano undici.
Ciò dimostra che spesso gli adulti soddisfano,
nel momento dell’acquisto
dei regali, più una propria esigenza che un
desiderio dei bambini.
Come regolarsi dunque? Non far mancare, per quanto
possibile, il regalo tanto atteso, quello che è
stato inserito per primo nella lista di Babbo Natale,
ma anche non esagerare con decine di regali: una
bulimia di pacchetti serve soltanto a confondere i
bambini e a convincerli che l’abbondanza sia meglio
della qualità.
Ma
il Natale è un’occasione importante anche per
sentirsi più buoni. Un film norvegese (Only
soft presents under the tree) attualmente nelle sale
racconta come i protagonisti si trovino, loro malgrado,
a dover essere più buoni per forza, riscoprendo
così l’autentico valore del Natale.
Stare vicino ai più deboli, a chi non ha nulla,
a chi vive in condizioni di precarietà assoluta e
di disagio: sono numerose le occasioni offerte nei
giorni di festa da associazioni presenti sul
territorio per sentirsi, almeno durante il Natale, un
po’ più buoni.
Così come tante associazioni internazionali
offrono l’opportunità di fare un regalo solidale che
aiuterà qualche bambino che vive nelle zone più povere
del pianeta.
Ma la bontà natalizia può anche essere diretta
a persone più vicine: un familiare, una persona
anziana, un amico in difficoltà. Riscoprire il
valore del Natale significa anche abbattere le barriere
legate alla pigrizia, all’orgoglio e alla paura
dell’altro che spesso impediscono di esprimere
solidarietà e di offrire aiuto.
Almeno per un giorno, perché non decidere di
fare un dono più simbolico, ma carico di
significato, invece che regali costosi e spesso
impersonali?
Psicologa Psicoterapeuta a Roma, iscritta all’Ordine
degli Psicologi del Lazio
Sarebbe in effetti ora che sfruttassimo anche questa crisi economica
per tornare a farci raggirare meno da marche,
prodotti, consumi, ed a concentrarci su altro.
Per insegnare ai nostri figli che davvero il
Natale è altro, che la vita intera è altro dal consumo.
Fare l’albero di Natale insieme, il presepe. Creare
la magia di Babbo Natale, della Befana.
Stare tutti insieme. Questo davvero dovremmo
vivere ed insegnare ai nostri figli. D’altronde se noi
adulti ci spingiamo indietro con la memoria, cosa
ricordiamo?
Davvero ci ricordiamo dei regali? Del singolo
gioco? No. Ricordiamo l’atmosfera. Lo zio che non
c’è più. L’attesa. Lo stare tutti insieme. Gli odori.
I mandarini. Le luci.
Ho
preso così tante medicine che ogni volta che tossisco guarisco qualcuno.
(Anonimo)
La
cosa più facile che io abbia mai fatto in vita mia è smettere di fumare:
dovrei ben saperlo, perché l’ho fatto un migliaio di volte.
(Mark Twain)
Nulla
più giova all’infermo che l’esser curato da colui ch’egli vuole.
(Seneca)
Ma il
cuore di certa gente non si domanda mai se valga la pena di fare tanta
fatica per pompare il sangue fino al cervello?
(Paolo Cananzi)
Quando
pensi che a nessuno importi se sei vivo, prova a non pagare per due mesi la
rata della macchina.
(John Belushi)
L’uomo
consiste di due parti, la sua mente e il suo corpo. Solo che il corpo si
diverte di più.
(Woody Allen)
Come va
l’arteriosclerosi? Non lo so, io c’ho la Volkswagen.
(Enrico Vaime)
L’uomo
passa la prima metà della sua vita a rovinarsi la salute e la seconda metà alla
ricerca di guarire.
(Leonardo da Vinci)
Una buona
cura per il mal di mare è stare seduti sotto un albero.
(Spike Mil/igan)
Il mio
dottore mi ha raccomandato di smettere di fare cene intime per quattro. A meno
che non ci siano
Celiaci non si nasce, si diventa. Si calcola che siano
addirittura 500mila gli italiani che non sanno di essere
intolleranti al glutine. Studi recenti hanno infatti
dimostrato che la frequenza della celiachia è in costante aumento e come questa
compaia sempre più spesso fra gli adulti o addirittura fra anziani. Dunque una
malattia (la celiachia è malattia solo fino al momento della diagnosi, poi
diventa una condizione di vita, compatibile con uno stato di salute ottimale)
non più ad esclusivo appannaggio dei pediatri. Un fenomeno questo che ha indotto
l'Associazione Italiana Celiachia (AIC) a lanciare un appello a prestare
attenzione ai segni della celiachia proprio fra queste fasce di età e non solo
fra i
bambini. L'ipotesi giudicata dagli esperti la più
attendibile sarebbe legata ai fattori ambientali: il consumo
abbondante e quasi esclusivo di farine fatte con grani ad alta resa per la
produzione nei campi ma molto ricchi di glutine "tossico", sono probabilmente
alla base della perdita della tolleranza al glutine in età avanzata. Tutto
questo ha un'importante conseguenza sul piano pratico e clinico: significa che
non bisogna mai abbassare la guardia, facendo attenzione a eventuali sintomi di
celiachia anche se non si è nati con questa problematica.
L'unica terapia attualmente disponibile per la
celiachia è l'esclusione totale e permanente dalla dieta di
tutti i farinacei, come pasta, pane,
pizza e biscotti. Una limitazione che sicuramente incide sulla vita di tutti
i giorni. Se essere
celiaci è più facile a casa, più difficile è esserlo fuori.
Ma questo non vuol dire smettere di frequentare i ristoranti, precludersi una
vita sociale e rinchiudersi in casa. Con qualche accorgimento si può conduce una
vita normale a
casa di amici o di parenti, a scuola, al ristorante, in viaggio e in
vacanza. Al giorno d'oggi sono sempre di più i prodotti gluten free in
commercio (il simbolo della Spiga Sbarrata identifica gli
alimenti idonei al consumatore celiaco) e, grazie al Progetto Alimentazione
Fuori Casa dell'Associazione Italiana Celiachia, sono sempre di più gli esercizi
che offrono un un servizio idoneo alle esigenze dei celiaci.
Mamma e bambino
Toxoplasmosi
La
gravida eviti gatti e giardinaggio
La toxoplasmosi è una malattia arcinota, di cui si sa praticamente tutto.
Causata da un protozoo, il Toxoplasma gondii, è capace di causare il più delle
volte una malattia blanda e autolimitante, un po' sul modello della mononucleosi,
ma può anche avere conseguenze molto gravi, a carico del cervello e del fegato,
per esempio, soprattutto quando colpisce pazienti immunodepressi o quando a
essere infettato è il feto. Infatti il parassita può essere trasmesso per via
transplacentare con relativa facilità, sempre che la gestante sia in fase di
infezione attiva. Per questo il cosiddetto toxotest rientra tra le indagini
consigliate per le gravide. Se dal test risulta che in precedenza non c'è stato
contatto con il parassita, la donna in attesa è esposta al rischio di infezione
acuta e, quindi, alla trasmissione al nascituro.
Occupazioni da evitare
Di qui la necessità di evitare alcuni comportamenti pericolosi. Premessa
necessaria, però, è che se molti animali possono essere colpiti dal toxoplasma,
l'unico ospite definitivo è il gatto, perché solo nell'epitelio intestinale di
questo animale il toxoplasma può completare il suo ciclo riproduttivo. Di
conseguenza, si raccomanda alle gravide di non entrare in contatto con i gatti
durante la gravidanza e di evitare di pulire la lettiera dell'animale. Nel caso
il gatto di casa sia esente dalla malattia, poi, è bene tenerlo in casa, per
evitare che possa contrarre l'infezione nelle sue scorribande. Un altro aspetto
importante è evitare di mangiare carni poco cotte (come si è detto non è il
gatto il solo portatore) e di evitare anche i lavori di giardinaggio o comunque
occupazioni che facciano entrare in contatto con il suolo. Se proprio si devono
trapiantare le primule, meglio usare i guanti di gomma.
Molto meglio fare il test
Perché occuparsi di questa malattia così nota? Perché negli Stati Uniti, ma non
solo, si mette in questione la necessità dello screening sierologico per le
donne che abbiano intenzione di concepire e/o per quelle in attesa. Così, uno
studio è andato a controllare le cartelle cliniche di 131 donne che hanno
partorito bambini affetti da toxoplasmosi congenita, rivolgendo a loro domande
ad-hoc. Il primo risultato è che il 75% delle intervistate poteva ricordare
almeno un'occasione di contagio, cioè almeno uno dei comportamenti rischiosi
esposti prima; in particolare, il 39% ricordava di avere avuto contatti con la
lettiera del gatto. Il 48%, poi, ricordava di aver riportato durante la
gravidanza, sintomi che potevano essere quelli di una toxoplasmosi acuta.
Infine, solo l'8% del campione aveva eseguito il test specifico. L'indicazione
che viene dallo studio è abbastanza semplice: il test serve, così come serve
anche ricordare le misure di prevenzione.
OBESITA'
Intervista al professor Giuliano Enzi
Clinico medico dell'Università di Padova, direttore del Centro regionale
di Alta specializzazione dell'Università di Padova e della Regione
Veneto.
Professor Enzi, quando ci si deve considerare obesi?
Contrariamente a quanto pensa il pubblico, non esiste il
peso ideale ma c'è una certa tolleranza: una donna alta un metro e
sessanta non deve necessariamente pesare 58 chili, il suo
peso può variare senza conseguenze tra 55 e 65 chili. Il
peso diventa un problema medico quando si associa a un aumento di
malattie gravi: se l'indice di massa corporea supera 28 negli uomini e
27,5 nelle donne, aumentano fenomeni come la resistenza insulinica, si
innalza il livello di trigliceridi, sale la pressione arteriosa...
Aumentano, cioè, i fattori di rischio per il diabete e le malattie
cardiovascolari.
Non ha senso, dunque, allarmarsi per le piccole variazioni indicate
dalla bilancia?
Dipende: se il
peso aumenta di poco e si stabilizza, non c'è ragione di allarmarsi. Se
invece gli incrementi di
peso sono continui è possibile che ci si stia avviando verso l'obesità.
Deve essere chiaro che non è il sovrappeso in assoluto il solo pericolo, ma
anche l'entità e la velocità dell'aumento di
peso. Se una persona ha sempre pesato 90 chili è in una situazione meno
rischiosa di chi fino a 35 anni ne pesava 65 e poi, da 35 a 40 anni, è
aumentato fino a 90. Quando si manifesta questa tendenza costante
all'aumento è il caso di interpellare il medico.
Il fatto che esista una predisposizione genetica all'obesità significa
che chi ha questa sgradevole eredità è destinato comunque a ingrassare?
No. La predisposizione non significa che l'obesità è inevitabile, a patto
però di avere un comportamento alimentare corretto. Il gene dell'obesità è
chiamato anche gene risparmiatore, perché favorisce l'accumulo di riserve di
energia con l'aumento del tessuto adiposo e, agli inizi della storia
dell'uomo, rappresentava un vantaggio, perché permetteva di sopravvivere
alla penuria di cibo. Ora nei paesi industrializzati la scarsità di cibo è
ben più rara, quindi chi è portatore di questo gene, se mangia quanto gli
altri, ingrasserà. Lo stesso vale per altre malattie: chi è predisposto
all'ipertensione ma ha una vita tranquilla, non mangia grandi quantità di
sale e non ingrassa, non vedrà aumentare la sua pressione arteriosa.
Le statistiche dicono che una buona metà degli italiani è sempre a
dieta. Si ingrassa, si dimagrisce e poi si ricomincia...
È un errore senz'altro. Anche perché quando si aumenta di
peso si incrementa solo la massa grassa, mentre quando si dimagrisce si
perde anche la massa magra e questa perdita non viene più recuperata.
Perdere
peso è necessario, ma alla fine si deve arrivare alla stabilità ; quindi
è meglio perseguire un piccolo calo di
peso ma continuo piuttosto che un rapido e notevole calo ponderale che
poi viene recuperato altrettanto velocemente.
Se si punta a una diminuzione dei fattori di rischio legati all'obesità,
spesso è più utile impostare un piano che consenta di arrestare l'aumento di
peso piuttosto che cercare a ogni costo una diminuzione. Certo che chi è
mosso soprattutto da regioni estetiche difficilmente accetta questa
impostazione, e il medico che la propone rischia di perdere il paziente.
Nel trattamento delle obesità quali sono le prime misure da attuare?
Parlando di obesità lievi e medie, in primo luogo ridurre l'apporto di
calorie, cioè adottare una dieta abbinata, però, a un maggiore
dispendio di energia, e quindi fare più attività fisica. Dieta ed
esercizio fisico devono andare di pari passo e non è possibile basarsi
soltanto sull'una o sull'altro. Nei casi più gravi, invece, nei grandi
obesi, è impossibile ottenere il dimagrimento basandosi sull'attività
fisica, in quanto si rischia di scompensare persone che hanno spesso
problemi cardiovascolari, difficoltà respiratorie, per non parlare del
carico sulle articolazioni. Ai farmaci si deve ricorrere soltanto se questo
primo approccio non funziona e, ovviamente, per le obesità importanti.
A proposito di farmaci, quali sono le linee di ricerca o i prodotti oggi
più promettenti?
Ormai è noto che nel presentarsi dell'obesità ha un ruolo fondamentale l'adipostato,
che è una struttura cerebrale. Un farmaco che consenta di intervenire sull'adipostato
è in linea di principio la soluzione ideale, ed è quello che fanno i moderni
anoressizzanti che agiscono sul sistema nervoso centrale, più precisamente
su un neurotrasmettitore chiamato serotonina. Purtroppo non sono adatti a un
uso molto prolungato, o quantomeno non sono ancora stati studiati a fondo
per questo aspetto. Sfortunatamente, però, l'obesità è una malattia cronica
e richiede una cura continua. I farmaci che invece agiscono a livello
periferico, per esempio quelli che impediscono l'azione della lipasi
pacreatica,
enzima fondamentale per la digestione dei
grassi, hanno scarsi effetti collaterali e comunque di lieve entità,
quindi si prestano molto di più a un uso protratto nel tempo.
Quali sviluppi per il futuro?
C'è ancora molto da indagare sui neurotrasmettitori coinvolti nella
regolazione dell'adispostato, e ci sono le indagini su meccanismi come
quello in cui partecipa la leptina. Questa è la proteina prodotta dal
tessuto adiposo che segnala anch'essa all'adipostato quando è il momento di
smettere di cercare cibo. Altrettanto promettenti sono le indagini su
sostanze che possono agire sulla
termogenesi, cioè aumentare il consumo di energia da parte
dell'organismo. In particolare sono già stati testati sull'animale i
cosiddetti Beta 3 agonisti, che sono riusciti a far dimagrire i topi obesi.
Ovviamente i successi ottenuti sui topi indicano che si può lavorare in
questa direzione, non che sia già possibile prevedere un impiego sull'uomo e
tanto meno che a breve termine si possa disporre di un nuovo farmaco.
Colmo per un
dermatologo: avere un amico per la pelle.
Colmo per un chirurgo:
difendere il proprio operato.
Carabiniere telefona al
dottore: "Dottore, corra subito, il maresciallo si e' ingoiata la penna!".
"E voi intanto cosa state facendo?".
"Beh, usiamo la matita!".
"Dottore sono un inguaribile
cleptomane, mi aiuti".
"Non si preoccupi le do qualcosa da prendere tutti i giorni!".
Palermo.
Un tizio va dal dottore: "Dottore, da un po' di tempo me la faccio sempre
addosso".
"Incontinente".
"No, no, qui a Palemmo!".
(ANSA) - PARIGI, 26 OTT -
In
Francia dall'anno prossimo il medico di famiglia potra' essere consultato su
internet grazie a una webcam e a un indirizzo e-mail. Lo ha annunciato il
ministro della Salute, Roselyne Bachelot: il decreto prevede che 'le prime
teleconsulenze' di un medico via internet saranno possibili a partire
dall'inizio del 2011. 'Con questo decreto si da' la possibilita' ai pazienti di
ottenere una diagnosi a distanza e una consulenza on line', ha spiegato Bachelot.
Acqua
: un bene prezioso
La notizia del giorno è sicuramente
il lancio della campagna di
Coop per la riduzione dei consumi idrici che
costerà circa 1 milione di euro e che prevede un dossier scientifico, un
depliant informativo, uno spot istituzionale e uno "scaffale parlante" in
tutti i pdv.
Una campagna che oltre ad essere di comunicazione è anche di
tipo commerciale e che a conti fatti potrebbe portare ad una riduzione delle
vendite per la catena di distribuzione (Coop ogni anno vende 600 milioni di
bottiglie di acqua minerale per un fatturato di circa 200 milioni di euro e
margine a doppia cifra). Si, riduzione delle vendite (e dalle parti del
retailer hanno già fatto i conti: ci si aspetta un calo del 10% in volume
per le acque minerali) a fronte di un sempre maggiore impegno dal punto di
vista sociale.
La logica dell'operazione, infatti, sarebbe prettamente di sostenibilità
ambientale e dalle parti del retailer citano i seguenti numeri: "Gli
italiani bevono una media di 195 litri a testa all'anno di acqua minerale
(primi in Europa e terzi nel Mondo), dalle fonti alla tavola il trasporto
dell'acqua mette in movimento nel nostro paese ogni anno qualcosa come
480.000 tir (messi uno accanto all'altro formano una fila di 8000 km)"
e ancora "L'imbottigliamento e il trasporto su gomma di 100 litri
d'acqua che viaggiano per 100 chilometri, producono emissioni almeno pari a
10 chilogrammi di anidride carbonica, 250 volte di più che con l'acqua di
rubinetto".
A "limitare" i danni economici ci sarà la vendita all'interno dei pdv
della caraffa filtrante per l'acqua di rubinetto e il sempre maggior spazio
dato all'acqua minerale a marchio proprio. Inoltre, le singole cooperative,
stanno rielaborando la campagna con l'aggiunta di iniziative locali. In
Toscana, ad esempio, grazie ad un accordo con la società di gestione del
servizio idrico Publiacqua, all'interno dei Pdv
verranno installati alcune "fontanelle" da cui i clienti potranno attingere
l'acqua.
Ventimila italiani costretti a letto dopo il rientro dalle ferie
da " Pagine mediche.it "
Sono
più di ventimila, secondo le stime, gli italiani che al rientro dalle
ferie hanno avuto una pessima sorpresa.
Virus parainfluenzali stanno mietendo vittime in tutta la penisola,
complice anche le temperature altalenanti e la riapertura delle scuole.
Nausea,
vomito, mal di pancia e
diarrea: spesso si tratta di rotavirus o enterovirus che si trovano
nell’aria e sono estremamente
contagiosi.
I virus parainfluenzali non sono una novità di quest’anno. Ogni autunno,
prima dell’arrivo dell’epidemia
di influenza stagionale (che, secondo gli esperti, quest’anno si
affaccerà dalle nostre parti in anticipo rispetto all’anno scorso), circolano
virus parainfluenzali come quelli che colpiscono l’apparato gastrointestinale
oppure l'adenovirus e il coronavirus, responsabili di raffreddori e
dolori ai muscoli.
Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università di Milano,
dispensa qualche consiglio per prevenire e curare queste fastidiose influenze
fuori stagione. Innanzitutto occhio alla prevenzione: in queste settimane
che preparano all’autunno è facile andare incontro a repentini cambiamenti della
temperatura quindi l’ideale è vestirsi “a cipolla” e prevenire gli sbalzi
termici.
Per lo stesso motivo è consigliabile fare un uso moderato e
responsabile dell’aria condizionata e prevenire il contagio lavandosi
spesso le mani, bevendo molto ed evitando quando possibile di entrare in
contatto con chi è stato malato.
Infine si può anche seguire una
terapia preventiva a base di immunostimolanti (anche a base naturale,
come l’echinacea) e i probiotici che proteggono l’equilibrio intestinale.
Se
si è già stati colpiti dall’influenza, i consigli sono noti: tanto riposo,
una dieta leggera (in caso di gastroenterite è bene non forzarsi a
mangiare ma bere per recuperare i liquidi) e molta pazienza perché i
sintomi di queste influenze possono durare anche per una settimana. Nel
frattempo in ambiente sanitario già ci si prepara per l’arrivo dell’influenza
stagionale.
I virologi sono certi che il virus arriverà prima del solito e la campagna
vaccinale inizierà il 1 di ottobre con un
vaccino che conterrà, in un’unica soluzione, i 3 ceppi influenzali:
H1N1, H3N2 (A/Perth) e il virus B.
L’obiettivo internazionale di avere a disposizione un unico vaccino
che contenga la maggior parte dei ceppi virali più comuni sembra essere quasi
raggiunto. Uno studio del National Institute of Allergy and Infectious
Diseases pubblicato su Science ha testato l’efficacia del super vaccino su
modelli animali e nel 2013 partirà la sperimentazione sull’uomo.
Oltre ai cibi ipercalorici e alla vita sedentaria
cittadina, anche alcune medicine possono causare gonfiore e aumento del peso.
Cosa fare in caso si debbano assumere per lunghi periodi.
Quando l'indice dalla bilancia sale, il primo a essere
accusato è il
cibo. Meno spesso è il proprio sedentario stile
di vita a essere messo sotto accusa. Ma la realtà è che esistono
anche molte medicine che se da una parte hanno effetti
positivi sulla salute, dall'altra possono causare aumento dell'appetito,
provocare gonfiore o rallentare il metabolismo. Ecco quali sono.
STEROIDI
Farmaci steroidei sono utilizzati per trattare determinate patologie come
allergie, asma e artriti reumatoidi e lavorano imitando gli
ormoni che regolano metabolismo e sistema immunitario riducendo
l'infiammazione. Gli steroidi sono normalmente prodotti dal corpo umano, ma
un eccesso causato dall'assunzione di medicine può anche provocare la stessa
reazione che si avrebbe nell'organismo in situazioni di forte
pressione. In queste circostanze, infatti, il
cortisolo, detto anche l'ormone dello
stress, ridistribuisce il grasso allo stomaco, dov'è
facilmente reperibile. Per ragioni sconosciute il grasso viene accumulato
anche nella parte posteriore del collo, una condizione conosciuta come la
Sindrome di Cushing. Gli steroidi sono anche i responsabili
di un rilascio maggiore di zuccheri nel sangue che finisce
per essere accumulato come il grasso, provocando ritenzione idrica. Possibili aumenti di peso: i pazienti possono
aumentare il loro peso fin del 7% o anche di più. Alcuni studi hanno
addirittura rilevato che per un uso prolungato di farmaci steroidei si può
arrivare a pesare fino a quasi 13 kg di più. Cosa fare: parlarne col dottore e valutare con lui
la possibilità di prendere steroidi a giorni alterni. In caso di
infiammazione si può chiedere se è possibile usare in alternativa
acido acetilsalicilico (aspirina) o ibuprofene
(principio attivo dei farmaci antinfiammatori per l'appunto non steroidei).
MEDICINE ANTI-DIABETICHE A molte persone affette da diabete di tipo 2 vengono prescritti
antidiabetici a base di sulfonilurea che agisce stimolando
l'organismo a produrre maggior insulina per abbassare gli alti livelli di
zuccheri nel sangue. Ma in alcuni casi queste medicine
provocano una caduta così repentina dei valori da creare
nel paziente un forte nervosismo che si traduce nella
necessità di dover mangiare di più. Anche i
tiazolidinedioni (TDZs) rendono il corpo più sensibile all'insulina e quindi
permettono un miglior controllo dei livelli di zucchero nel sangue, ma allo
stesso tempo trattengono sali causando gonfiore e aumento
di peso. Possibili aumenti di peso: studi hanno scoperto che
la sulfonilurea può portare il peso ad aumentare di circa 3 kg o 5 kg nei
primi 12 mesi di trattamento. Le TDZs sono responsabili di minori aumenti di
peso: da 1 a 2,5 kg. Cosa fare: Secondo i diabetologi britannici
esisterebbero diverse possibilità come usare anti-diabetici come il prandial
o la metaformina che sembrano avere meno effetti collaterali sul peso.
FARMACI CONTRO LE ALLERGIE
Molti trattamenti (non farmaci veri e propri) contro le
allergie contengono difenidramine, un
ingrediente che controlla e blocca i recettori del cervello deputati al
rilascio di istamine, a loro volta responsabili dello
scatenarsi dei tipici sintomi allergici come gonfiore e
prurito per esempio. Allo stesso tempo però la difenidramina
induce sonnolenza (in alcuni casi è usato anche
come blando sonnifero da vendersi senza prescrizione medica) rendendo le
persone più pigre e molto meno attive. Le anti-istamine agiscono anche sui
recettori che controllano l'appetito, rendendo i pazienti
più affamati. Possibili aumenti di peso: Studi hanno evidenziato
che i pazienti che assumono anti-istamine per lungo tempo rischiano di
aumentare fino all'1% il peso corporeo. Cosa fare: La dott.ssa Caroline Apovian, medico
associato della Facoltà di Medicina della Boston University, ha spiegato al
Daily Mail che gli anti-istaminici di nuova generazione sono più
selettivi rispetto ai recettori cerebrali su cui agire evitando di
causare aumenti di peso. In alcuni casi i pazienti potrebbero optare per
decongestionanti e inalatori per esempio per controllare i
sintmi dell'asma.
MEDICINE PER IL CONTROLLO DELLA PRESSIONE SANGUIGNA
I betabloccanti vengono usati per trattare malattie
cardiovascolari, in casi di ipertensione arteriosa, in alcune forme di
aritmie, come ansiolitici. Essi agiscono abbassando i liveli di
adrenalina nel sistema nervoso. A volte però diminuendo la
pressione
sanguigna, diminuisce anche la capacità dei pazienti di
bruciare calorie, e i pazienti si ritrovano a essere stanchi,
affaticati e meno propensi all'attività fisica, aprendo la strada
all'aumento di peso. Possibili aumenti di peso: I pazienti che assumono i
betabloccanti per problemi cardiaci per anni rischiano di ingrassare
addirittura fra i 5 e i 9 kg. Cosa fare: Alcuni pazienti potrebbero (sotto
controllo e parere medico) cambiare terapia optando per farmaci chiamati
ace-inibitori che agiscono sui livelli di angiotensina
(anziché adrenalina), ormone deputato al rilassamento delle vasi sanguigni
che permette il controllo della pressione sanguigna senza stimolare
l'appetito.
ANTIDEPRESSIVI
In Italia una persona su quattro (cioè circa 15 milione di
individui) soffre o ha sofferto di
depressione. Le medicine che più frequentemente vengono
prescritte per il controllo dei livelli di serotonina sono gli
antidepressivi serotoninergici o SSRI (ad esempio il Prozac o il
Seroxat e i farmaci generici corrispodenti). Ma esistono anche altri tipi di
farmaci detti triciclici. Queste medicine oltre a influire sullo
stato mentale del paziente possono al contempo
attaccare i recettori che comunicano al cervello lo stato di sazietà o di
fame, incoraggiando, indirettamente, a mangiare di più. Possibili aumenti di peso: Secondo studi condotti
negli Stati Uniti, dopo sei mesi di assunzione di SSRI i pazienti presentano
un aumento di peso del 10%. Il Seroxat viene considerato il maggior
responsabile. Coi triciclici i pazienti aumentano da 1-4 a 13-20 kg. Cosa fare : Secondo una recensione del
Giornale di Medicina di Cliveland, è più probabile che l'aumento di peso
si verifichi dopo sei mesi di utilizzo continuo. Ma alcuni pazienti
potrebbero provare a passare a una famiglia più moderna di antidepressivi a
base di bupropione (i più comuni il Wellbutrin o Zyban). Per ragioni ancora
in parte sconosciute, questi farmaci sono stati associati a una perdita di
appetito.
TERAPIE CONTRO IL CANCRO
Normalmente sono associate a una perdita di peso, ma nel caso di trattamento
con Megace, un farmaco che utilizza come principio attivo
un composto chimico prodotto dal corpo umano simile al
progesterone, usato per bloccare la crescita di certi tipi di
cancri femminili, si possono verificare anche
sostanziali aumenti di peso. Tanto è vero che viene anche usato per
stimolare l'appetito in pazienti anoressiche e gravemente
sottopeso perché sembra riesca a
stimolare i ricettori della fame. Un altro effetto
collaterale è la nausea quindi può capitare che i pazienti anche in questo
caso mangino di più per frenare questa sensazione. Una paziente su dieci,
inoltre, ingrassa assumendo il Tamoxifen per controllare la
crescita del
tumore al seno, ma il professor Jack Cuzick
dell'Istituto di ricerca sul cancro britannico, sostiene che l'aumento di
peso è in un certo senso legato alla maggior sedentarietà dei pazienti. Possibili aumenti di peso: Si può arrivare a pesare
fino 9 kg in più. Cosa fare: Nei casi di trattamenti contro il cancro
cambiare farmaco non è possibile. Si può però lavorare col
proprio medico per studiare un piano di esercizi fisici e una dieta
appropriata.
da " Altroconsumo "
Farmaci, crescono i consumi
01-09-2010
Cresce ancora la spesa per farmaci in Italia. Secondo
l'ultimo rapporto OsMed (Osservatorio sui medicinali) relativo al consumo di
medicinali in Italia nell'anno 2009, la spesa farmaceutica territoriale, che
comprende quella pubblica (pagata dal Ssn) e quella privata (pagata direttamente
dai cittadini), è in crescita rispetto all'anno precedente.
Soprattutto per bambini e anziani
Bambini e anziani sono le categorie che hanno assunto più farmaci:
circa 8 bambini su 10 hanno ricevuto almeno una
prescrizione (soprattutto di antibiotici o antiasmatici);
circa il 60% della spesa complessiva è andata a
farmaci destinati agli ultra 65enni.
I farmaci equivalenti rappresentano quasi la metà del
consumo territoriale e circa il 28% della spesa: nonostante questi dati
confortanti sull'utilizzo crescente dei generici, le prescrizioni sono ancora
spostate verso i farmaci di marca.
Spesa pubblica
Nel 2009 il mercato totale è stato di oltre 25 miliardi di euro, di cui il 75% a
carico del Servizio sanitario nazionale (Ssn). Attraverso le farmacie sono state
acquistate nel 2009 circa 1,8 miliardi di confezioni, pari a circa 30 per
abitante. In media, per ogni cittadino italiano la spesa per farmaci è stata di
420 euro.
Come negli anni precedenti, la categoria più utilizzata (e
per il 94% dei casi coperta dal Ssn) è rappresentata da farmaci del sistema
cardiovascolare, in primis dalle statine, farmaci per abbassare il colesterolo,
che continuano a essere il sottogruppo a maggior spesa, seguite dagli inibitori
di pompa protonica (farmaci per la cura di problemi gastrointestinali come il
reflusso e l'ulcera).
Spesa privata
L'acquisto privato (pagato direttamente dai cittadini) si concentra su farmaci
per stomaco e intestino e su farmaci per il sistema nervoso centrale.
Se scorriamo le diverse tabelle pubblicate nel rapporto
OsMed, tra le prime venti categorie di farmaci di classe C con ricetta a
maggiore spesa troviamo al primo posto le benzodiazepine (e tra queste il più
venduto è il lorazepam, cioè Tavor®, Lorans® etc), al secondo posto i
contraccettivi orali (soprattutto quelli di ultima generazione a base di
etinilestradiolo+drospirenone come Yasmin®, Yasminelle®, Yaz®), al terzo posto i
farmaci per le disfunzioni erettili (in primis il tadalafil-Cialis®, seguito dal
sildenafil-Viagra®).
Tra i primi venti principi attivi OTC (da automedicazione)
a maggior spesa nel 2009 troviamo: diclofenac (Voltaren® e altri), ibuprofene
(Moment ® e altri), acido acetilsalicilico+acido ascorbico (Aspirina C®, Vivin
C® e analoghi).
Tra i primi venti principi attivi SOP (senza ricetta e
senza pubblicità) troviamo il paracetamolo (Tachipirina® e simili), l'ambroxolo
e la carbocisteina (principi attivi di contenuti negli sciroppi per la tosse),
il glicerolo e l'associazione glicerolo+camomilla+malva+amido di frumento,
contenuti nei microclismi ad azione lassativa.
30/8/2010
da " La Stampa " di Torino
Dopo le
vacanze il miglior inizio
è la corretta alimentazione
GIORGIO
CALABRESE
Al rientro dalle vacanze, per tornare in forma, è buona regola
un breve periodo di disintossicazione. Per depurarsi la semplice acqua è
sufficiente. Per una buona dieta è necessaria una prima colazione fatta di
carboidrati e proteine. Ottima quella con pane integrale spalmato di marmellata
o di ricotta e miele, cereali o müsli, latte e una manciata di semi oleosi
(mandorle, nocciole, pistacchi, pinoli ecc.) poi frutta di stagione o una
spremuta d’arancia e caffè o tè non zuccherati (o dolcificati col miele).
La soluzione per il pranzo, il pasto principale, può essere un piatto unico:
pasta o riso e legumi (anche in minestrone) conditi con un filo di olio
extravergine d’oliva a crudo, verdura a volontà e un frutto. La cena dev’essere
leggera: tutto quello che si mangia verso sera viene trasformato in grasso di
riserva.
Un fattore a cui non si fa attenzione è la fluttuazione dell’insulina: un ormone
che se è presente in eccesso nel sangue, ci fa ingrassare pur mangiando poco.
Quindi limitare i picchi glicemici e i conseguenti picchi insulinici, diventa
determinante per perdere peso mentre può essere utile spezzettare i pasti in 5
piccole porzioni nella giornata.
E’ importante mangiare nei 2 pasti principali, carboidrati e proteine.
L’utilizzo di cereali integrali è d’obbligo per sfruttare il loro basso indice
glicemico. Naturalmente l’attività fisica non può mancare: basta il movimento
aerobico di bassa intensità, come la camminata o la corsa lenta (tenendo il
battito cardiaco sotto le 135 pulsazioni al minuto), ma prolungato nel tempo,
per dare un potente stimolo al metabolismo. E sono sufficienti 4-5 uscite di
un’ora alla settimana per ottenere i risultati migliori.
Farmaci scaduti: buttarli o usarli?
Nuovi
dati per fare chiarezza sull’utilizzo dei farmaci
oltre la data di scadenza. Li riporta la rivista
americana The Medical Letter on Drugs and
Therapeutics, nel numero uscito lo scorso 15
febbraio, fornendo un valido aiuto a medici e
farmacisti. Sono tante infatti le domande a cui i
professionisti del settore sono chiamati a
rispondere da cittadini e pazienti: i farmaci
scaduti sono tossici per l’organismo? In che modo
viene calcolata la data di scadenza? Come
influiscono le modalità di conservazione sulla
durata di alcuni prodotti? I farmaci in formulazione
liquida sono stabili quanto quelli solidi?
Dati alla mano, gli autori della rivista rispondono
alla prima domanda nel dichiarare che non esistono
il letteratura segnalazioni di tossicità nell’uomo
causata dall’utilizzo di farmaci scaduti attualmente
in commercio. Questo vale non solo per i prodotti
somministrati per via orale, ma anche per quelli
iniettati o applicati localmente.
Per quanto riguarda invece la data di scadenza,
questa viene determinata dal produttore in base alla
stabilità del farmaco conservato nel suo contenitore
originale sigillato. Questo non significa che, una
volta superata la data di scadenza, il farmaco
diventa instabile: semplicemente il farmaco, se
conservato nel suo contenitore chiuso, sarà ancora
stabile a quella data. Ma cosa accade dopo?
Dai dati del Department of Defense / FDA Shelf
Life Extension Program, che valuta la stabilità
dei prodotti medicinale dopo la data di scadenza, è
emerso che l’88% dei lotti di oltre 120 diversi
farmaci conservati nelle loro confezioni originali
ha mantenuto la stabilità per un periodo medio di
cinque anni e mezzo dopo la data di scadenza. Anche
i farmaci più “sensibili” compresi in questa
percentuale hanno comunque conservato la loro
stabilità per almeno un anno.
Cosa accade se mutano le condizioni di
conservazione? Anche se è vero talune condizioni di
calore e/o umidità elevati possono abbreviare la
durata di alcuni medicinali, uno studio pubblicato
nel 1997 dal team di G. Stark sul Pharmaceutical
Journal mostra che esistono numerose eccezioni.
Ad esempio alcuni farmaci a base di captopril,
cefoxitina sodica e teofillina conservati a 40°C e
umidità del 75% hanno mantenuto la stabilità per 1,5
– 9 anni dopo le rispettive date di scadenza.
Arriviamo alla risposta all’ultima domanda: in
genere le soluzioni e le sospensioni non sono
stabili come le formulazioni solide (le sospensioni
ad esempio, sono molto sensibili al congelamento).
Pertanto i farmaci in soluzione, specialmente quelli
iniettabili, non dovrebbero essere utilizzati se
appaiono torbidi, se hanno un’alterazione di colore
o se mostrano segni di precipitazione. L’adrenalina
iniettabile, in particolare, perde la sua potenza
molto rapidamente dopo la data di scadenza, mentre
per i farmaci oftalmici il fattore limitante è la
capacità del conservante presente al loro interno di
inibire nel tempo la crescita dei batteri.
The Medical Letter of Drugs and Therapeutics – No. 4, 15/02/2010
22 agosto 2010
Per
sorridere un pò...
Due anziani coniugi vanno dal dottore per un
controllo.
Questi visita prima il marito e poi gli dice: "Bene, Sig.
Rossi, lei e’ in perfetta forma per un uomo della sua eta’".
E l'uomo: "Certo, non bevo, non fumo, e il buon Dio veglia su di me".
"Che vuol dire?" fa il dottore.
Ed il vecchio: "Per esempio, ieri notte sono andato in bagno e il buon Dio mi ha
acceso la luce per impedire di cadere".
Il dottore non capisce, ma chiede all’uomo di uscire e di far entrare la moglie.
Questa entra e dopo la visita il dottore le dice: "Sig.ra Rossi, anche lei e’ in
perfetta forma per una della sua eta’".
E la donna: "Certo, non bevo, non fumo...".
Il dottore la interrompe: "E il buon Dio veglia su di lei, vero?".
La donna rimane confusa e chiede al dottore: "Ma che dice?".
Il dottore allora le spiega: "Suo marito mi ha detto la stessa cosa.
Che il buon Dio veglia su di lui.
Come ieri notte quando mentre era in bagno il buon Dio ha acceso la luce per
lui".
E la moglie: "Porca miseria, ha di nuovo urinato nel frigo!".
Un uomo va dal dottore per fare delle analisi e
questi gli dice di tornare l'indomani a digiuno.
L'indomani il tizio si dimentica di stare a digiuno e fa colazione con un
cappuccino ed un cornetto.
Poi si ricorda che il dottore si era raccomandato del digiuno, ma pensa: "Che ne
sa lui se ho mangiato.
Vado lo stesso".
Cosi' dal dottore: "Faccia le urine qua dentro e me le porti.
Il bagno e' la".
L'uomo va, urina e torna soddisfatto.
Il dottore analizza ad occhio nudo controluce il barattoletto, si fa serio e
dice: " Ma scusi, non mi faccia perdere tempo, mi ero raccomandato tanto.
Invece lei ha preso un cappuccino ed un cornetto.
Torni domani, ma stavolta proprio digiuno !".
Il giorno dopo l'uomo si concentra, si veste, si prepara, e mentre esce si
sbaglia e beve un caffe' senza zucchero.
Poi ci pensa e: "Mio Dio! Non dovevo, ma vabe', e' solo liquido, anche senza
zucchero.
Non puo' accorgersene".
Torna dal dottore, riempie il barattolino, lo consegna e il dottore: " Aaaahh!
Ci risiamo! Non vuole capire! Lei questa mattina ha preso un caffe' senza
zucchero.
Basta! Torni domani!".
Nuova mattina.
L'uomo si sveglia, si prepara in fretta, uscendo vede un cracker e se lo mangia.
Poi pensa: "No! Non posso fare questa figura.
Ora ci penso io !".
Sveglia la figlia di 15 anni, la fa urinare in un barattolino, poi guarda e
pensa che e' troppo limpida, cosi' scende in garage, prende una goccia d'olio
dal motore della macchina, lo mette nella pipi', agita, la guarda e dice:
"Perfetta!".
Si reca dal dottore, gli consegna il barattolino, tutto soddisfatto e
sorridente, e si mette da una parte ad aspettare la risposta.
Il dottore comincia a guardare, si avvicina, agita un po' il liquame, poi si
avvicina all'uomo e dice: "Io non so cosa ha da ridere uno come lei ... con una
figlia di 15 anni incinta e la macchina con il motore oramai fuso!".
"Dottore, dottore, vedo doppio!".
"Si distenda sul lettino".
"Su quale dei due?".
"Dottore, dottore, ho bisogno di un paio di
occhiali!".
"Certo, sicuro, questa e' una banca!"
"Dottore, negli ultimi mesi sono ingrassata 70
Kg".
"Non si preoccupi, apra la bocca e dica: 'muuuuuh'".
Dall'oculista: "Dottore, faccio molta fatica
ad andare di corpo!". "E io che c'entro?".
"Mah, vede, ogni volta che spingo mi lacrimano gli occhi!".
Un dottore al suo paziente
obeso: "Se lei fa 10 km al giorno per un anno arrivera al suo peso forma".
Un anno dopo il paziente telefona al dottore: "Dottore,
ho perso il peso, ma ho un problema". "E qual e' il problema?". "Sono a
3650 Km da casa!".
"Dottore, dottore, ho ingerito 1
litro di benzina, cosa posso fare"??? E il dottore ":Ah, se va piano anche
20km"!!
"Dottore, quest'oggi ho starnutito
quasi venti volte, che mi dice?". "Salute!"
Un tizio va dal medico per sentire un
suo parere: "Dottore, ho meno di 40 anni e quando mi guardo allo specchio vedo
un uomo calvo dal colorito giallastro, con gli occhi crisposi e i denti guasti.
Che cosa ne pensa?". E il medico: "Io non lo so, ma quello che vi posso dire e'
che la vostra vista e' perfetta".
20 agosto 2010
Vedi Amalfi e forse muori
da " la stampa " di Torino
ANTONIO
SCURATI
La costiera amalfitana, patrimonio dell’umanità per l’Unesco,
pare voler ammettere solo un’umanità vacanziera e gaudente, non un’umanità
autentica e quindi dolente. In queste magnifiche terre ci puoi trascorrere una
settimana di vacanza ma non ci puoi invecchiare, ci puoi contemplare il
paesaggio ma non ti ci puoi ammalare, ci puoi ammirare le vestigia del passato
ma non vivere (bene) nel presente. Inebriati pure della superba vista dalla
terrazza di Villa Cimbrone a Ravello ma non ti sognare di farti venire un
infarto o di incappare in un incidente stradale. Saresti spacciato.
L’attuale proposta di Piano Sanitario Regionale prevede, infatti, per la Costa
d’Amalfi, la sostituzione dell’ospedale con una struttura non ospedaliera. In
buona sostanza significherebbe: niente più pronto soccorso, niente più
rianimazione, cardiologia, chirurgia d’urgenza. In termini crudi e reali
significa che una persona colta da accidente (infarto, ictus, incidente stradale
ecc.) ad Amalfi, ad Atrani o a Ravello, avrebbe ottime probabilità di morire per
strada, sulla strada lunga e tortuosa per Salerno, esalando il suo ultimo
respiro in un ingorgo di torpedoni turistici, come è già successo molte volte in
passato (si ricorda, fra l’altro, Salvatore Quasimodo, stroncato da infarto ad
Amalfi).
Se consideriamo che l’attuale presidio ospedaliero di Castiglione minacciato di
soppressione - il meno dispendioso dell’intera Campania in rapporto al numero
degli abitanti -, oltre ai circa 10.000 accessi di solo pronto soccorso l’anno,
effettua almeno 50 interventi «salvavita» di rianimazione, si può facilmente
calcolare che oggi più di due persone al mese vi vengano strappate alla morte.
Insomma, da queste parti il piano di tagli della Regione Campania costerebbe
almeno un paio di morti al mese.
Ma c’è di più. Qui c’è in gioco una questione di civiltà: alla salvaguardia
dell’ospedale di Castiglione sono appese le residue speranze riguardo al futuro
della modernità (ammesso che ne abbia uno) in questa regione d’Italia e, forse,
in tutto il suo Meridione.
L’attuale piccola struttura ospedaliera sorge sul territorio di un Comune,
quello di Ravello, giustamente celebre nel mondo per la sua incomparabile
bellezza paesaggistica e per la sua secolare storia artistica e civile. È, fra
l’altro, un territorio in un certo senso ricco. Un «senso» che rischia di
produrre significati aberranti. Negli ultimi anni, soltanto a Ravello sono sorti
(o risorti) tre alberghi a cinque stelle lusso (oltre a quelli già esistenti).
Se allarghiamo lo sguardo, incontriamo subito numerose altre contraddizioni
brucianti. La Campania, ad esempio, è la regione italiana che ha il più alto
numero di ristoranti «stellati», la maggior parte dei quali concentrati proprio
negli ottanta chilometri di costa che vanno da Vietri a Sorrento.
Infine, si consideri questo: nel momento in cui scrivo, in molte delle spiagge
della «divina costiera», poste sotto il patrocinio dell’Unesco, vige un divieto
di balneazione. I rilievi del mese di luglio hanno riscontrato livelli di
colibatteri dieci volte superiori alla soglia massima consentita. La causa è
molto semplice e antica quanto una piaga atavica: gli esseri umani defecano.
Ignorando questa circostanza, quasi tutti gli splendidi borghi della Costa
d’Amalfi, a dispetto di ogni presunta vocazione turistica, non si sono mai
dotati di un depuratore.
La conclusione, insomma, potrebbe esser sinistra. La Costa d’Amalfi rischia di
candidarsi a triste paradigma del ritorno a un modello sociale premoderno, in
cui il prestigio non produce sviluppo, in cui la ricchezza (di pochi) rimane
disgiunta dal benessere (di molti), in cui un metro più in qua degusti delizie
raffinatissime in una magione a cinque stelle a bordo di una infinity pool e un
metro più in là muori come un cane colto da infarto in mezzo alla strada. Una
spirale regressiva ben sposata ad alcune innovative tendenze del marketing
avanzato che puntano tutto sull’effetto cartolina. Si tratta di inquadrare bene
il panorama mozzafiato ignorando il contorno di abusivismo edilizio, di ammirare
in lontananza un mare in cui non ci si può bagnare, di degustare gli spaghetti
al limone nella saletta riservata di un ristorante gourmet dimenticando i
limoneti abbandonati.
Una deriva del genere è inaccettabile. Lo è a maggior ragione perché la
splendida, e per tanti aspetti privilegiata, Costa d’Amalfi rappresenta, per una
regione luttuosa e dissestata come la Campania, un’ipotesi possibile di sviluppo
virtuoso, quasi un sogno di felicità, quasi un barlume di speranza nel lieto
fine di una travagliata modernità.
Quella deriva è inaccettabile proprio perché, a fronte di tutti i vizi e i
rischi descritti, i segni di un possibile destino esemplare per queste terre
antiche e, al tempo stesso, futuribili non mancano. Pensiamo proprio
all’esperimento Ravello, al grande festival che vi si tiene durante tutta
l’estate e alla recente costruzione del magnifico auditorium progettato da Oscar
Niemeyer. Ma non può esserci un modello di civiltà moderna senza ospedale, non
c’è lieto fine senza chirurgia d’urgenza. Tutti noi che amiamo queste terre e,
soprattutto, la speranza che vive in loro, ci auguriamo che il nuovo governatore
della Campania lo capisca.
Gli occhiali da sole
da
Con l’allungarsi delle giornate, il sole splende per
più ore al giorno e con più intensità: si fa più pressante
l’esigenza dell’acquisto di un nuovo paio di occhiali da
sole. Gli italiani lo hanno reso un accessorio di moda, da
abbinare al vestito di turno, ma gli occhiali da sole sono
soprattutto un prezioso alleato nella salvaguardia della salute dei
nostri occhi. Nei negozi di ottica c’è solo l’imbarazzo della
scelta: colore, montatura e forma per tutti i gusti e per tutte le
esigenze.
È importante che gli occhiali da sole non siano acquistati con
leggerezza, come se fossero solo degli accessori di moda, ma
seguendo delle regole ben precise. Innanzitutto, assolutamente
proibito acquistare gli occhiali da sole a
bassissimo costo sulle bancarelle improvvisate. Si tratta
normalmente di lenti fabbricate con materiali scadenti che non
svolgono la funzione principale: quella di proteggere i nostri occhi
dai raggi ultravioletti. Per andare sul sicuro, acquistateli sempre
in un negozio di ottica, fatevi consigliare sul
colore, soprattutto se avete qualche difetto di vista, ed
assicuratevi che sulle aste vi sia il marchio CEE
indelebile e che nella confezione non manchi la garanzia. Evitate,
inoltre, di indossarli nei luoghi al chiuso: gli occhiali da sole
sono fatti per l’aria aperta e per il sole, appunto; nei
luoghi chiusi fanno sforzare la vista, danneggiandola.
Il colore delle lenti, a differenza di quanto si
crede, è importante per chi ha qualche difetto di vista. Se si è
miopi, ad esempio, è preferibile scegliere un
colore che favorisca la messa a fuoco. Le lenti marroni sono
l’ideale per queste persone, anche perché bloccano i raggi
ultravioletti alla perfezione. Purtroppo, non riescono però a
bloccare la luce forte come quella che si trova in alta montagna.
Gli ipermetropi, invece, dovrebbe prediligere un
colore freddo, quale il verde oppure il blu per la loro capacità di
rendere “più vicini” gli oggetti. Tra i due colori, comunque, è
preferibile quello verde, che ha anche il pregio di essere un colore
riposante. Gli astigmatici, infine, vanno distinti
in miopici ed ipermetropici. Per gli astigmatici miopici valgono le
considerazioni fatte per i miopi: colore preferibile è il marrone.
Per gli astigmatici ipermetropici, il colore ideale è ancora il
verde.
La montatura
Anche la montatura è importante e non solo per la moda. Ad esempio,
chi scia dovrebbe preferire una montatura avvolgente
perché la protezione possa essere sicura e totale. Sconsigliate a
chiunque, invece, le montature troppo piccole, che
lasciano comunque passare i raggi ultravioletti, in quanto non in
grado di coprire una zona abbastanza vasta. Se vi danno fastidio
pesi sul naso, scegliete la montatura in lega di titanio
o acetato di cellulosa, leggerissime. Preferite
lenti in cristallo se siete molto meticolosi ed
attenti; non si graffiano mai, ma sono più pesanti e si possono
facilmente rompere; in alternativa, le lenti in resina
sono leggerissime, ma si graffiano facilmente.
Le alternative alla tradizione
Esistono delle lenti dette sovrapponibili e sono
semplicemente due lenti, solitamente di plastica o resina, che
vengono applicate sopra le lenti e la montatura degli occhiali da
vista. Vengono consigliate normalmente per chi porta gli occhiali da
vista fissi e vuole evitare un paio di occhiali da sole graduati. Lo
svantaggio è che il campo visivo potrebbe essere ridotto perché gli
occhi dovrebbero attraversare ben due superfici. Le lenti
fotocromatiche, invece, sono quelle che si scuriscono al
sole e ritornano chiare nei luoghi chiusi. Non hanno alcuna
controindicazione. Esistono poi anche delle lenti a
contatto “da sole”, che hanno in sé un filtro capace di
bloccare la maggior parte dei raggi ultravioletti.
E per i bimbi…
I bambini, molto più degli adulti, hanno bisogno di protezione per
gli occhi. Soprattutto quando trascorrono molto tempo all’aria
aperta, al mare o in montagna. L’importante è scegliere degli
occhiali adatti ad un bambino, colorati, molto leggeri, in plastica
o gomma, costituiti da materiale anallergico e privi di sostanze
tossiche. Attenzione a come calzano: non devono stringere il viso e
devono poggiare bene su orecchi e naso, senza “ballare”. Sceglieteli
in colori scuri, quali il marrone, il grigio o il verde, con lenti
infrangibili.
Ci sono argomenti imbarazzanti da affrontare anche con
un medico. Tipo come e quanto lo fate, se siete regolari di corpo o se ogni
tanto fumate delle "sigarette che fanno ridere". Meglio confessare tutto
Quando vi fa male il gomito, siete assalite dai
brividi dell'influenza o vi spunta una strana
macchia sulla gamba, andarci e raccontargli i vostri
malanni non è un problema, anzi spesso si trasforma in un sollievo. Ma ci
sono occasioni nelle quali sedersi davanti a un dottore e doversi
"confessare" è
fonte di gravi imbarazzi, se non un vero tabù. Ecco le
più comuni, ma soprattutto perché non dovreste mai e poi mai tacere di
fronte a un medico.
Dieta e attività fisica
Al mondo esistono i
fanatici delle palestre , i "trottatori" da pista
ciclabile e gli inflessibili
calcolatori delle calorie (sanno quante ne hanno nel
piatto e quante ne possono mandare giù senza ingrassare). Ma la maggior
parte delle persone non ama troppo le rinunce a tavola e tanto meno dover
correre a perdifiato per compensare gli stravizi. Se
siete tra loro, ammettetelo: sarà più facile per il dottore trovare un modo
per impedirvi di prendere troppo peso e peggiorare la vostra salute.
Alcol, fumo e droghe
Le prediche non fanno mai piacere, soprattutto se non è neppure vostra madre
a farvele. Ma per
smetterla di avvelenarsi un consiglio professionale è
spesso decisivo. Senza contare che i dottori sono tenuti al segreto
professionale.
Funzioni corporali
Quanta ne fate, quanto spesso, di che aspetto e consistenza, è vero, è un
segreto che dovrebbe rimanere tra voi e il wc. Ma molte volte è proprio da "dove
tutto finisce" che comincia la cura...
Cure alternative
Avete paura che parlando di quella tisana miracolosa della vicina, di quella
cura del santone indiano o dell'impacco scoperto su Internet, vi ridano
dietro? Pensate che forse, se non ne fate parola con chi vi cura, dopo non
ci sarà
tanto da ridere.
Depressione e ansia
Tutti ogni tanto diventano
tristi e preoccupati. Ma se capita troppo spesso, forse
c'è qualcosa sotto. Meglio prendere le contromisure per tempo: non sempre
consistono in psicofarmaci e "strizzacervelli".
Storia
clinica
Non vi va di raccontare
le patologie che hanno colpito la vostra famiglia o dei
problemi che avete dovuto affrontare in passato? Purtroppo una cura efficace
non può prescindere da queste informazioni.
Abitudini sessuali
Forse solo raccontare
quel che succede sotto le vostre coperte è peggio che
parlare di quello che vi capita in bagno. Ma se avete (avuto) qualche
malattia a trasmissione sessuale, cambiate partner con la frequenza
dell'intimo o vi sono capitate gravidanze indesiderate, meglio non tacere.
Medicinali
Confessate subito se state
prendendo qualcosa, quanto spesso e in che dosi:
l'imbarazzo per qualche patologia "delicata" non vale certo il rischio di
pericolosi mix.
Ignorare le prescrizioni
Non avete avuto la voglia o la forza di seguire le prescrizioni?
Ditelo a chi ve le ha date, così saprà come compensare le vostre mancanze o
darvi una cura più "fattibile" la prossima volta.
Chiedere un altro consulto
Nessun medico (o quasi) pensa di essere l'ultima autorità nel suo campo. Se
volete sapere cosa pensa del vostro caso un altro dottore, diteglielo: sapra
consigliarvi uno specialista e scambiare con questo
informazioni e idee per aiutarvi a guarire.
Molti
vanno al mare, ma pochi nuotano. Fanno bagni sporadici e veloci.
Amano il mare per altro: prendere il sole, diventare abbronzati,
sfoggiare il costume, andare la sera in discoteca.
Hanno, in genere, tre modi di fare il bagno: o un tuffo e via, o
stazionano immersi fino al collo come ippopotami, o fanno una
decina di bracciate al massimo e subito implodono, palloncini
sgonfi.
Alcuni invece, al mare, nuotano. Pochi. Rari nantes. Forse vanno
al mare proprio per nuotare... Li riconosci dagli occhialini, e
perché entrano in mare silenziosi e felpati. Senza tuffi, senza
clamori. Scivolano nell’acqua, e cominciano un lavoro lento e
costante e ti sembra che possano non smettere mai più:
trasmettono un certo senso di pacata eternità. Tu li guardi,
dici adesso si stancano, e invece no, continuano. Alla fine ti
stufi di seguirli, ti dimentichi di loro e quando, dopo un tempo
inenarrabile, ti cade l’occhio all’orizzonte li vedi ancora lì
che nuotano, uguali. Sono gente particolare. Li chiamerei i
«nuotatori di mare». Molto diversi dai nuotatori di piscina,
tutto un altro mondo. Intanto, vanno sempre avanti, o in
verticale, dritti verso l’orizzonte, o orizzontali lungo costa:
i due modi classici di percorrere il mare, in lungo o in largo.
È bellissimo, per chi nuota, anche vedere gli altri nuotare. È
una specie di piacere trasferito. Ci si immedesima nella
bracciata altrui, si gusta, nell’altro, l’affondo del braccio,
il ritmo costante del respiro, quel volgersi laterale del viso a
prender l’aria, gentile, esatto, perfettamente parallelo al pelo
dell’acqua. Esiste secondo me una specie di fratellanza tra
nuotatori, un sapere condiviso, una complicità mai detta. Non ci
si parla mai, infatti, tra gente che nuota. Al massimo ci si
sfiora. Ma raramente si raggiunge intesa più perfetta. Credo che
si abbia la stessa idea della vita: ad esempio, non arrivare da
nessuna parte e non dimostrare niente a nessuno, quindi non
andar veloci e men che mai gareggiare: si nuota e basta. Si sta
molto in compagnia di se stessi, si portano i pensieri a
respirare tra le onde, e a galleggiare un po’.
I nuotatori di mare sanno che il bello è nuotare a lungo,
passare un tempo smisurato, che perda addirittura la sua
misurabilità. Sanno che nuotare è un’esperienza temporale, più
che spaziale: che non contano il luogo e il chilometraggio, ma
solo, come direbbe Ungaretti, il «sentimento del tempo», il
lento scorrere dell’acqua su di sè.
Medicinali in valigia
(da Pagine Mediche)
Finalmente
siamo in piena estate e le vacanze, per chi può, sono prossime: è
tempo di “staccare la spina” e di cominciare a preparare le valigie.
Nell’eccitazione del momento però, oltre a pensare a costumi, vestiti,
scarpe, magliette, camicie e quanto altro possa servirci, cerchiamo di non
dimenticare di includere nel nostro bagaglio a mano quei medicinali
che generalmente si spera sempre che non debbano servire, ma che è utile portare
con sé, se non altro per essere preparati a far fronte alle piccole ed
impreviste emergenze.
Nella generalizzazione ovviamente non sono incluse le persone che soffrono di
malattie croniche, per le quali è bene portare una scorta, ben
congrua in rapporto al numero dei giorni, dei farmaci che devono essere
assunti abitualmente; in vista di soggiorni all’estero poi, si consiglia
di munirsi anche di prescrizione del medico curante, nella quale, oltre
al nome commerciale del medicinale siano specificati anche il principio
attivo, la quantità e la forma farmaceutica di quel prodotto
che, in caso di emergenza, perché non venga mai meno la copertura, possa essere
validamente sostituito da un preparato equivalente in uso nel paese di
destinazione.
In rapporto poi alla nazione in cui si è diretti, già qualche giorno
prima della partenza, in funzione di prevenzione, sarebbe consigliabile
preparare l’intestino
ai cambiamenti di ordine climatico ed alimentare, mediante specifici prodotti
riequilibratori della flora intestinale per aiutare l’attività
immunitaria verso le
infezioni intestinali e ridurre la crescita di germi
patogeni; di tali poi potrà essere utile avere un po’ di scorta a
portata di mano in vacanza per uso quotidiano sia per prevenire sia per curare
eventualmente la fastidiosissima quanto frequente “diarrea
del viaggiatore”.
Tanto premesso tuttavia, è bene aggiungere che ogni forma preventiva non si
attua ricorrendo soltanto a medicinali ma curando l’igiene personale e
dei cibi e nel contempo rispettando alcune regole fondamentali, quali:
Lavarsi bene le mani più volte al giorno;
Bere unicamente acqua e bevande imbottigliate e sigillate;
Evitare assolutamente l’uso di cubetti di ghiaccio;
Evitare altresì verdure crude, piatti a base di carne o pesce poco
cotti, uova crude, maionese, creme e gelati, latte e derivati.
La scelta degli altri farmaci da portare in viaggio dipende in gran parte
dalla durata del viaggio, dal paese di destinazione, dal tipo
di alloggio: in via di massima tuttavia è consigliabile tenere in bagaglio
quei medicinali che normalmente teniamo nell’armadietto di casa:
In caso di mete tropicali: i farmaci antimalarici per la
profilassi
In rapporto a dove si va: sostanze per potabilizzare l’acqua;
Un Kit da pronto soccorso comprendente qualche cerotto,
disinfettante, l’occorrente per una medicazione, qualche siringa sterile;
Dei preservativi.
Può
essere utile chiedere al farmacista notizie sulle modalità e
temperatura di conservazione dei farmaci e controllare la data di
scadenza dei farmaci da portare, si ribadisce, nel bagaglio a mano per
evitare di riaverli in ritardo o peggio di perderli in caso di smarrimento delle
valigie.
Nei viaggi organizzati o comunque in gruppi è bene chiedere chiaramente se
anche fra i partecipanti ci sia la presenza di uno o più medici e la
disponibilità dello o degli stessi.
Per ogni necessità comunque si riportano di seguito i Numeri Utili al
Viaggiatore:
Viaggiare Sicuri dall’Italia e dall’Estero: 0039 06 491115
Ministero degli Affari Esteri (centralino telefonico): 0039 06 36911
Center for Disease
Control and Prevention (Centro Controllo e Prevenzione Malattie):
800232 4636
World Healt Organization (Organizzazione Mondiale della Sanità): 0041
22 7912111.
Per quanto riguarda l’Assistenza Sanitaria in Italia, le prestazioni
sanitarie sono oggi coperte dalla Tessera Europea di Assicurazione Malattia
(TEAM), emessa e distribuita a tutti gli iscritti al SSN dal Ministero
dell’Economia e delle Finanze.
La
TEAM inoltre, o il Certificato Sostitutivo Provvisorio, garantiscono al
cittadino che si reca all’Estero per un soggiorno temporaneo, di ricevere dallo
stato dell’Unione Europea le cure definite “medicalmente necessarie”.
Tutto quanto abbiamo detto è inteso ovviamente al positivo, ad organizzarci
cioè per poter vivere al meglio l’esperienza di un viaggio, di una vacanza che
resta un momento lieto di scoperta, di conoscenza e di evasione dal proprio
ambiente, da affrontare sempre con entusiasmo, seppur talvolta con qualche
acciacco riconducibile all’età o comunque allo stato di salute dei singoli.
E allora?
Che altro aggiungere se non un cordiale augurio di Buon viaggio e buone vacanze a tutti: peccato che l’uno e le altre durino
sempre poco, anche se le aspettiamo per un anno intero!
da " Salute
" Altroconsumo
Melanoma: occhio ai nei
Per prevenire uno dei tumori della pelle più aggressivi è
essenziale tenere sotto controllo i nei del nostro corpo,
soprattutto se ne abbiamo tanti comuni oppure se ce ne sono di
atipici (di questi ultimi ne basta anche uno solo per aumentare
il rischio di una volta e mezzo). Il numero conta: chi ha più di
cento nei "normali" è sette volte più a rischio di chi ne ha una
decina. Il melanoma comincia spesso da un neo già esistente.
Melanoma: occhio ai nei
Scovare il "brutto anatroccolo"
Come scoprire se abbiamo un neo a rischio? I nei "sospetti"
hanno in genere un bordo irregolare, sono asimmetrici, il colore
non è omogeneo e hanno un diametro superiore ai 6 mm.
La prevenzione è l'unica cura
Per giungere alla diagnosi precoce del melanoma che, ad oggi, è
l'unica vera possibilità di "cura" bisogna tenere sotto
controllo i nei e proteggersi dai raggi del sole. I consigli:
se hai la pelle e gli occhi chiari, capelli biondi o
rossi e soprattutto se hai molte lentiggini, evita di
esporti al sole nelle ore in cui la luce è più intensa e
proteggiti con creme contenenti adeguati indici di
protezione solare;
evita le lampade abbronzanti;
se hai figli piccoli, non esporli al sole nelle ore più
calde, proteggili sempre con creme dall'adeguato indice
protettivo ed evita le scottature;
se hai molti nei e non sei mai andato da un dermatologo,
varca la sua soglia almeno una volta;
se sai già di avere nei atipici o in famiglia ci sono
stati casi di melanoma, meglio sottoporti a visite
periodiche dal dermatologo;
controlla periodicamente i tuoi nei, sia quelli comuni,
sia quelli atipici, davanti allo specchio. Vai a guardare
anche nelle zone più nascoste: cuoio capelluto, orecchie,
seno, ascelle, unghie, piedi nella loro interezza (collo,
pianta e dita comprese). Meglio farsi aiutare da qualcuno
per ispezionare queste aree.
se conosci l'inglese e vuoi tenerti informato
sull'evoluzione della ricerca sul melanoma puoi consultare
il sito del progetto
Molecular Map Melanoma Project, un database
internazionale che raccoglie e rende pubblici i dati
scientifici sulla malattia e le notizie aggiornate sulla
diagnosi e la terapia.
Arriva l'afa, decalogo medici di famiglia per combatterla
Roma, 1 lug. (Adnkronos Salute) -
Mangiare molta frutta, bere molta acqua ed evitare gli alcolici. E ancora,
vestirsi leggeri e usare il condizionatore con moderazione. Sono alcuni dei
consigli raccolti in un decalogo 'anti-caldo' messo a punto dalla
Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) del Veneto e diffuso
oggi. "Per combattere il caldo - spiega il segretario generale Fimmg Veneto,
Lorenzo Adami - è bene puntare su rimedi naturali e non insistere troppo su
quelli artificiali. Ad esempio, non esagerare con l'aria condizionata ma
alimentarsi e dissetarsi in maniera corretta". Ecco di seguito il decalogo
anti-caldo:1) Evitare di uscire in orari di punta (dalle 11 alle 16); 2)
Mangiare molta frutta e verdura; 3) Bere molta acqua, almeno 2 litri al
giorno. E ancora: 4) Moderare il consumo di carne e grassi; 5) Evitare
assolutamente gli alcolici; 6) Usare il condizionatore con moderazione
utilizzando soprattutto il deumidificatore;7) Vestirsi con indumenti larghi
e di cotone, evitare prodotti sintetici; 8) Non fare attività sportive
intense ;9) Ventilare i locali abitativi;10) Evitare l'esposizione diretta
al sole.
da Paginemediche
Mozzarelle blu contaminate da un batterio negli
stabilimenti di produzione tedeschi
Tonnellate di mozzarelle sequestrate dai Nas
in tutta Italia e ritirate dal mercato perché non appena
entrano in contatto con l’ossigeno
diventano blu, un giovane padovano colpito da un’infiammazione
a labbra e gengive dopo aver mangiato un pezzo di
mozzarella, poi diventata blu (l'Istituto
zooprofilattico di Legnaro dovrà confermare se c’è un
nesso tra i due fatti).
E’ l’ennesimo caso di truffa alimentare che
sta tenendo banco sui media.
Le mozzarelle provengono dallo stabilimento
tedesco Milchwerk Jager Gmbh & Co che le produce per
conto di marchi distribuiti soprattutto nei discount
italiani.
Poca attenzione all’igiene, scarsa qualità del
prodotto e soprattutto contaminazione da pseudomonas
fluorescens, un batterio non pericolosissimo ma
comunque tossico che si sviluppa in situazioni igieniche
carenti e che è responsabile del colore azzurro delle
mozzarelle.
La prima segnalazione delle mozzarelle blu risale
allo scorso 9 giugno. Da allora, ha dichiarato in una
nota ufficiale il portavoce della Commissione Europea,
Frederique Vincent, sono stati numerosi i sequestri
in tutta Italia, e anche all’estero.
I sequestri riguardano cinque marche di
mozzarelle, resi noti dal Ministro della Salute
Ferruccio Fazio - Land, Malga Paradiso, Lovilio, le
Fattorie Torresina e Monteverdi - venduti nei
discount delle catene Lidl, Eurospin e MDdiscount.
Il caso ha riaperto il dibattito circa la
necessità di tutelare i prodotti DOC italiani e il
marchio Made in Italy.
La Coldiretti, ad esempio, ricorda che sarebbe
importante avviare procedure legislative per vietare
l’utilizzo di diciture ingannevoli - come “prosciutto
di montagna” o “formaggio di fattoria” - su
prodotti che non hanno nulla di genuino, ma anche per
tutelare il latte italiano e i suoi derivati
obbligando ad un’etichettatura all’originedel
prodotto in modo da evitare illusori made in Italy
per latticini che all’origine vengono prodotti
all’estero con latte non italiano e di scarsa qualità.
A ricordare quanto le mozzarelle DOP italiane
siano sicure e di grande qualità ci pensa Luigi
Chianese, presidente del Consorzio tutela mozzarella
bufala campana DOP, che sottolinea che le mozzarelle
sequestrate sono prodotte con latte
vaccino e non di bufala e che non sono affatto
mozzarelle DOP, ma un prodotto a basso costo e di
scarsissima qualità.
L’ADUC (Associazione per i diritti degli utenti e
consumatori), invece, sottolinea come a scoprire la
mozzarella blu sia stata una consumatrice e non gli
organi preposti al controllo.
Una circostanza che costringe i consumatori a
chiedersi quale altro prodotto portino sulle loro tavole
che non dovrebbero nemmeno trovare in commercio. Nel
frattempo il Ministro della Salute Fazio, insieme al
ministro per le Politiche Agricole, Giancarlo Galan, ha
convocato un tavolo tecnico per affrontare le
problematiche legate alla tracciabilità della filiera e
all'etichettatura degli alimenti.
Obiettivo: tutelare il made in Italy e la salute
dei consumatori.
Per
sorridere un pò.......
Un vecchietto entra in farmacia e chiede:"
Vorrei una confezione di acido acetilsalicilico.Sà quel prodotto
antipiretico e analgesico che contiene anche sodio carbonato ".E il farmacista:
" Vuol dire l'Aspirina ? ". Ah, sì! Proprio quella. Mannaggia non mi ricordo mai
come si chiama".
Un farmacista genovese corre trafelato a
casa dell'ultimo cliente:<< Mi scusi,ma la commessa si è sbagliata
ed al posto dell'aspirina le ha incartato la stricnina...>>.Ed il malato
, ignaro: << Ma c'è differenza ? >> .
<< Sì,2 euro e 15 centesimi...>>.
I consigli del tuo medico
Estate: la pelle all’aria
aperta
Con l’arrivo della stagione
estiva in occasione delle vacanze e durante il tempo libero si tende a
trascorrere il maggior tempo possibile al sole e all’aria aperta.
Nell’ambiente naturale estivo
il clima, il sole, la vegetazione e gli insetti possono diventare pericolosi
soprattutto per la pelle che viene maggiormente esposta all’aria aperta.
Per quanto riguarda il sole:
è bene non esporsi
al sole per tempi troppo lunghi e non trascurare il bisogno di acqua
bevendone almeno 2 litri al giorno
bambini, donne in
gravidanza e anziani vanno tenuti al riparo e all’ombra ed esposti al
sole solo nelle ore meno calde del primo mattino e del tardo
pomeriggio senza dimenticare di tenere il capo coperto e di proteggere
la pelle con prodotti adeguati specie quando ci si espone al sole per la
prima volta; tali prodotti per le persone con pelle chiara e delicata
vanno scelti con l’aiuto del farmacista o del medico; vanno evitati i
prodotti che promettono un’abbronzatura troppo rapida
gli indumenti
chiari e leggeri favoriscono la traspirazione e quindi è bene non
coprirsi troppo, ma neppure troppo poco.
Ricordando che alcune famiglie
di zanzare o altri insetti pungenti possono avere un volo silenzioso e pungono
preferibilmente tra il tramonto e l’alba è possibile proteggersi adeguatamente
ed efficacemente dalle punture d’insetto attuando le seguenti
precauzioni:
nelle ore serali e
nelle prime ore del mattino, indossare abiti che coprano la maggior
parte del corpo (pantaloni lunghi, camicie a manica lunga) e che siano
sufficientemente spessi e leggeri al tempo stesso, meglio se di puro
cotone
indossare abiti chiari
in quanto le zanzare sono attirate dai colori scuri
evitare profumi e dopobarba: tali prodotti attirano le zanzare
applicare repellenti per insetti sulla cute esposta (da sconsigliarsi
sotto i 2 anni, in gravidanza e durante l’allattamento), evitando le
mucose e le eventuali lesioni già presenti sulla pelle
utilizzare prodotti consigliati dal farmacista o dal proprio medico e
riapplicare sulla pelle scoperta dagli abiti ogni 4-8 ore tenendo conto
che la sudorazione ne riduce l’efficacia
ricordare che l’efficacia dei prodotti a base di estratti vegetali o
essenze floreali non è sufficientemente documentata
prima di coricarsi, nebulizzare nell’ambiente un insetticida
direttamente oppure utilizzando gli appositi diffusori elettrici con
piastrine o le serpentine da bruciare
se ci si trova in paesi tropicali dove le zanzare sono portatrici di
gravi malattie (malaria) verificare che le zanzariere alle finestre e
intorno ai letti siano integre e ben posizionate
non grattare mai le lesioni o punture d’insetto, ma in caso di forte
prurito fare ricorso a creme non grasse ed oli lenitivi o a preparati
dermatologici specifici in forma di schiuma o di gel che sono anche
rinfrescanti.
Sai cosa rischi quando fai l'amore?
Le malattie sessualmente trasmissibili sono poco conosciute,
sono più di quel che si pensa e sono fastidiosissime. A volte letali. Ecco
una piccola guida per imparare a prendersi cura del proprio corpo, anche nei
momenti di massima trasgressione
«È stato un momento di passione, ci
siamo lasciati andare» cominciano quasi tutti così i racconti di chi
sotto le lenzuola si è beccato qualche brutta malattia. Perché
quando si fa l'amore
senza
la protezione del preservativo,
non si rischiano soltanto gravidanze indesiderate. Si chiamano
malattie veneree (o sessualmente trasmissibili) e il nome viene da
Venere, dea dell'amore. Tuttavia queste infezioni non hanno nulla,
ma proprio nulla di romantico. Sono fastidiose, imbarazzanti e a
volteletali.
Come nel caso del ben noto (almeno si spera)virus
Hiv.
Come ci si protegge? Con il preservativo. Imprescindibile se si ha
un minimo a cuore la propria salute (e quella del partner).
sono a rischio perciò se prendetela
pillolae
avete più di un partner, sappiate che potreste andare incontro a
qualche guaio. Idem se prendete la pillola e il vostro partner non è
proprioun
campione di fedeltà.
Un altro modo per proteggersi è - banalmente - informarsi. Sesaicosa
rischi, forse, impari a proteggerti. E allora ecco una piccola guida
alle malattie veneree. Che tutti dovrebbero tenere a mente.
Soprattutto quelle che si dicono tra sé e sé: «A
menon
capiterà mai».
Clamidia
Il nemico silenzioso. È un virus e può causare perdite, bruciori quando
si fa pipì, dolori al basso ventre o schiena, febbre.
Oppure
può rimanere silente per anni, dando luogo però ainfezionisilenti
che possono portare, sia nell'uomo che nella donna, all'infertilità.
Herpes
Auguratevi di non prenderlo mai o auguratelo al vostropeggior
nemico.
Dall'Herpes Virus (HSV-2), una volta infettati, non ci si libera per
il resto della vita. Ci si può curare con terapie lenitive, ma non
c'è soluzione definitiva. I sintomi sono tanti e si ripetono
ciclicamente: lesioni multiple e dolenti sulla cute dei genitali,
febbre, mal di testa, dolori articolari, perdite intime, gonfiori
genitali e - raramente - meningite.
Gonorrea o scolo
È altamente diffusa in tutto il mondo e i casi in Italia aumentano
in maniera preoccupante. Si tratta di un infezione causata da un
batterio. I sinotmi, al solito, non sono gradevoli: prurito, perditeintime,
bruciori a urinare, genitali gonfi e doloranti, dolori e - raramente
- sanguinamenti. Se non ci si cura il batterio si diffonde causando
diverse complicazioni a varie parti del corpo: pelle, cuore, occhi,
vescica fino a causare sterilità e artriti.
Sifilide
Anche qui il colpevole è un batterio. Ci sono diverse fasi. Si
inizia con un piccolo brufoletto che compare solitamente dove il
batterio è penetrato nel corpo (genitali, bocca...). Poi il nodulino
si trasforma in ulcera. Compaiono macchie sulla pelle, i linfonodi
si ingrossano e possono cadere peli e unghie, inseme a sintomi
tipici da influenza. I danni saranno notevoli: agli organi interni,
al cervello, ai nervi, agli occhi, al cuore, ai vasi sanguigni, al
fegato, alle ossa e alle articolazioni. Si cura con la Penicillina e
si guarisce.
Epatiti
Di tipo A, B e C. Epatite A: spesso asintomatica, a volte compaiono
affaticamento, febbre, nausea o vomito, feci chiare, una colorazione
gialla degli occhi e della pelle chiamata “Ittero”, urina color
scuro, dolore al fianco destro che si può diffondere alla schiena.
Epatite B: sintomi simili all'epatite A, in casi rari ha un decorso
detto "fulminante" e in pochissimi giorni si va incontro al coma e
alla morte (praticamente un caso su mille). Epatite C: il 70% delle
persone contagiate da questo virus non ha sintomi; quando compaiono,
sono gli stessi della epatite A o B. La cronicizzazione della B o C
può portare a cirrosi epaticao cancro al fegato.
Candida o Candidosi
Anche qui, un nome poetico per un'infezione per nulla gradevole. Si
tratta di una micosi (funghi). Ecco i sintomi: prurito, bruciore,
infiammazione, perdite maleodoranti,gonfiore
addominale,
rallentamento della digestione, disturbi intestinali (stipsi o
diarrea), cattivo assorbimento delle sostanze nutritive e, a lungo
andare, stato di malnutrizione. Va detto che si può contrarre la
candidosi in tanti modi, non solo per trasmissione sessuale.
E questo è solo un piccolo elenco. Abbiamo tralasciato condilomi,
donovanosi, linfogranulomi venerei, pediculosi, papilloma virus,
scabbia, tricomoniasi, ulcera molle (potete trovare maggiori
informazioni sul sitoIntelligenza
sessuale trasmissimibile).
E naturalmente non abbiamo menzionato il virus dell'Hiv. Perché si
spera chealmeno
sull'Aidsgli
italiani siano sufficientemente preparati (in caso contrarioleggete
qua).
Avete qualcuno di questi sintomi? Avete avuto un rapporto non
protetto? Non vi sentite bene? Consultate un medico specializzato in
malattie sessualmente trasmissibili. Come trovarlo ve lo spieghiamo
noi. L'associazione sopra citata, IST, ha realizzato un database di
semplicissima consultazione che in soli tre clic consente di
individuare il centro di diagnosi e cura più vicino.Eccolo.
Proteggetevi, da ora in poi.
Per sorridere un pò ......
Assistito: " dottore,dottore, soffro
di continue amnesie".
Medico: " le spiace pagarmi la visita in
anticipo? "
°°°°°°°
Un malato di cancro dal dottore:"Quanto mi
rimane da vivere?Un anno?." Meno ". " Un mese ? "." Meno ". " Un giorno ?".
"Meno". Esce sconsolato vede passare un carro funebre e grida:
"Taxi!!"
Bevande gassate accelerano invecchiamento
Roma, 28 apr. (Adnkronos
Salute) - Troppe bollicine
uguale rughe. La passione per le
bibite gassate può accelerare il
processo di invecchiamento, per
la presenza di acido fosforico,
l'ingrediente che regala alla
maggior parte dei soft drink il
loro gusto particolare. A
mettere in guardia gli amanti
del pizzicore sulla lingua sono
i ricercatori dell'università di
Harvard (Usa), in uno studio
pubblicato su Faseb. I test
condotti sui topi mostrano che
l'acido fosforico, presente
anche nelle carni processate e
nei dolci, fa 'avvizzire' pelle
e muscoli e può anche
danneggiare cuore e reni. I
risultati evidenziano, secondo
l'equipe, le conseguenze
potenziali di dosi elevate della
sostanza 'incriminata'. Non è il
primo studio che solleva dubbi
sulla sicurezza di cole e succhi
gustati da miliardi di persone
ogni giorno. Il consumo di soft
drink, infatti, è stato
associato a indebolimento delle
ossa, tumore del pancreas,
debolezza muscolare e paralisi:
per aumentare il rischio
basterebbe berne due a
settimana. I ricercatori,
coordinati da Shawkat Razzaque,
hanno testato gli effetti
dell'acido fosforico in tre
gruppi di roditori. Al primo,
modificato geneticamente, è
stato aggiunto il gene klotho,
in modo che avessero livelli di
acido fosforico più alti del
normale. Sono vissuti fra le 8 e
le 15 settimane, facendo i conti
con numerosi problemi di salute
legati all'invecchiamento
precoce. Il secondo gruppo,
privo del gene in questione e
dunque con livelli normali della
sostanza, è tranquillamento
arrivato alle 20 settimane di
vita. L'ultimo gruppo di cavie
ha seguito una dieta ricca di
acido fosforico: i topi sono
morti tutti entro le 15
settimane, come quelli del primo
gruppo. A dimostrazione degli
effetti tossici, sostengono i
ricercatori, del minerale. Lo
studio non è ovviamente piaciuto
ai produttori di bevande
gassate. "Solo il 3% di fosforo
assunto con la dieta, proviene
dai soft drink", ha obiettato
Richard Lanning,
dell'associazione britannica del
settore.
5 regole per il
lavaggio perfetto dei denti
Per lavarsi i
denti in modo corretto
basta seguire 5 semplici
regole:
1- Lo spazzolino
deve avere il manico ricoperto
di gomma (per evitare che
scivoli di mano quando è
bagnato), le setole arrotondate
e il più corte possibile (si flettono di meno).
2 - Va usato con poco dentifricio (meno
di 0,5 cm) e mai bagnato
prima di metterlo in
bocca.
3 - La spazzolatura dei denti deve svolgersi in due
fasi. Prima in senso circolare solo sul dente e poi dalle
gengive allo smalto. E deve durare almeno 2 minuti.
4 - I denti vanno lavati tre volte al
giorno, mattina, sera e
dopo pranzo. Ma non subito dopo mangiato: bisogna dare il tempo alla saliva di abbattere
l'acidità della bocca,
aumentata dopo
l'assunzione di cibo..
L'ideale è lavarsi tra mezz'ora e un'ora dopo il pasto.
5 - Usare due volte al giorno il
filo interdentale, tenendolo avvolto
agli indici e infilandolo teso tra i denti, senza premere
sulle gengive.
da PagineMediche.it newsletter del 9 aprile
2010
Italiani si lavano troppo, è allarme
dermatiti
Gli italiani si lavano troppo.
L'eccesso di saponi e bagnoschiuma, col loro effetto abrasivo e disseccante,
porta a un boom di dermatiti, eczemi, spaccature della pelle (soprattutto delle
mani) che ormai rappresentano un vero allarme.
Lo sottolinea il prof. Antonio Garcovich, dermatologo al Policlinico Gemelli di
Roma, che ricorda come "le dermatiti sono sempre più frequenti negli italiani, e
ormai sono la più frequente causa di inabilità lavorativa".
Colpa del nostro amore smodato per il sapone: "Non dobbiamo lavarci le mani ogni
cinque minuti - avverte Garcovich - basta all'inizio e alla fine della
giornata".
"Il sapone irrita la pelle, altera l'equilibrio epidermico distruggendo i lipidi
e favorisce la secchezza delle mani causando spaccature, ragadi, squame. Una
dermatite può cronicizzarsi, e che è molto fastidiosa".
Un problema che riguarda principalmente le casalinghe e in generale chi fa
lavori domestici, sempre a contatto con saponi e detersivi, ma che non risparmia
i "normali" cittadini.
"Agli italiani piace il sapone, meglio se con tanta schiuma - avverte il
dermatologo - ma non è vero che più c'è schiuma più ci si lava. La schiuma
distrugge i lipidi in superficie e altera l'equilibrio della pelle, spesso in
modo irreversibile".
Meglio usare "bagni oleati, oli vegetali, detergenti speciali che puliscono per
affinità.E poi va bene anche lavarsi solo con acqua, bisogna usare il sapone
meno spesso".
Il boom di dermatiti, non a caso, riguarda la mano dominante, "quella che usiamo
più spesso e che viene più a contatto con sostanze abrasive".
Per questo quando si lava i piatti è meglio usare "guanti di cotone all'interno,
non di gomma o lattice che favoriscono la secchezza della pelle. E bisogna
intervenire subito in caso di irritazione, usando creme contenenti ceramidi, che
ripristinano la barriera epidermica".
ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA'
03/02/2010
Fumo: maglia rosa alla Campania che si conferma la regione
italiana dove si fuma meno e quella con la percentuale piu'
alta di giovani
La Campania e' la regione "piu' giovane di Italia" e quella in
cui la percentuale di fumatori e' piu' bassa della media
nazionale.
Dai dati demografici prodotti dall'ISTAT
relativi al
2009, infatti, si evince che il 16,7% della popolazione regionale
e' formata dagli under 15 (Italia 14%; Napoli e provincia 17,7%),
nella fascia 15-24 anni abbiamo il 13,1% dei residenti (Italia
10,2%, Napoli e provincia 14,4%).
Gli over 65 campani sono appena
il 16% (Napoli e provincia 14,4%) a fronte dell'oltre 20% in
Italia. Per la prima volta dal 1993 la percentuale di fumatori in
Campania osservata nel 2009 e' inferiore alla media nazionale.
Leggendo infatti i dati ISTAT (che fanno riferimento a oltre 60
mila interviste faccia a faccia a persone con eta' superiore ai
14 anni), osserviamo che nel 2009 abbiamo in Campania il 22,8% di
fumatori (Italia 23%).
Confortanti anche i dati regionali
relativi agli ex fumatori e ai non fumatori: in Campania sono il
19,9% gli ex fumatori, mentre in Italia sono il 22,5%. I non
fumatori in Campania nel 2009 sono il 55,6% mentre in Italia il
52,4%.
Usando i dati ESPAD, osserviamo che nel 2008
il 60,8%
delle ragazze campane di 15-19 anni dichiara di aver fumato
almeno una sigaretta nella vita, meno della media Italiana che e'
del 67,2%, mentre la percentuale dei ragazzi e' del 56,2 in
Campania e del 62,8% in Italia.
Sempre nello stesso anno la
percentuale di giovani che riferisce di fumare fino a 10
sigarette al giorno in Campania e' del 16,6% , mentre in Italia
21,0%, ma a Napoli la percentuale e' del 14,0%. Nel gli ultimi 12
mesi del 2008 il 21% dei giovani italiani, nella classe d'eta'
tra i 15 e i 19 anni ha fumato da 1 a 10 sigarette al giorno
mentre in Campania il dato scende al 16,4% e arriva al 14,1% a
Napoli. Comparabile, tra la popolazione dei fumatori, il numero
medio giornaliero di sigarette consumate (in Italia: 13,36 nel
2007; in Campania 14,31 nel 2007), cosi' come la percentuale di
coloro che ne fumano oltre 20 al giorno il 7% nel 2007, in
Campania il 7,8% nel 2007).
I dati italiani relativi alle vendite
dei tabacchi ci dicono che il trend e' in calo.
Tale dato va
comunque analizzato: se infatti nel solo 2009 osserviamo un calo
delle vendite delle sigarette del 2,2%, ed un trend nel periodo
2004-2009 di circa meno 9 punti percentuale, dall'altro dobbiamo
registrare, nello stesso periodo, un forte aumento nello smercio
dei trinciati (tabacco sfuso utile per fare le sigarette "on your
own" che costituiscono circa l'1,7% del mercato del tabacco) che
sono piu' che raddoppiati (+139%; +26% nel solo 2009) e quindi
incrementi, ma decisamente meno forti, anche nelle vendite di
sigaretti (+39%) e sigari (+13,5%).
Le stime relative ai traffici
illeciti purtroppo ci confermano un nuovo ritorno del problema:
dai dati emersi dalla Guardia di Finanza, osserviamo infatti
negli ultimi anni un aumento del fenomeno contraffazione e
contrabbando.
Oltre 8.000 chilogrammi di sigarette sono
stati
sequestrati dai finanzieri del Gruppo di Aversa tra giugno e
settembre 2009, 7.000 quelli recuperati dagli uomini del Comando
Provinciale di Caserta nei primi sette mesi dello scorso anno. A
livello nazionale sono stati effettuati nel 2009 sequestri per
oltre 256 tonnellate di tabacchi di cui circa 28 contraffatti. Si
stima un danno all'erario per il solo 2009 di circa 27 milioni di
euro.
Da una intervista rilasciata a dicembre 2009
dal Generale
della Guardia di Finanza Ricolfi, incentrata sulla illegalita'
campana del tabacco, vengono individuati in Polonia, Romania,
Ungheria ed Ucraina i paesi di provenienza di sigarette vendute
di contrabbando (con un prezzo sul mercato nostrano stimato di
circa 30 euro a stecca a fronte dei 6-10 euro pagati alla fonte),
mentre la Cina e' la padrona per il mercato relativo alla
contraffazione.
Bere 8 bicchieri d'acqua al giorno aiuta a combattere la
stipsi? Tagliare i capelli aiuta farli ricresce più forti e più in
fretta? Tutta la verità su alcuni dei più famosi luoghi comuni
Per alcuni sono luoghi comuni, per altri
solo leggende metropolitane. In comune hanno il fatto di essere
entrambi duri a morire. Così duri da morire da tramandarsi per
generazioni e generazioni. Fino al punto da essere considerate
un po' da tutti verità indissolubili. C'è chi ci crede per
sentito dire, chi per retaggio culturale. Di seguito alcuni dei
miti in tema di salute, che la scienza ha
cercato di sfatare.
Tagliare i capelli aiuta a farli crescere più forti e
più in fretta? E ancora. Rasarseli a zero ne favorisce la
ricrescita? No. Questo mito è stato smentito da uno studio medico.
Il fatto che un pelo sembri crescere più robusto è da imputare
solo al fatto che è più scuro rispetto a quello reciso, perché
non ancora esposto alla luce. Neanche tagliarseli col rasoio
restituirebbe una
chioma folta. La spiegazione? La punta del
capello è la parte più sottile. La percezione è però quella di
una chioma più folta, anche se il numero dei capelli rimane
invariato.
Bere otto bicchieri d'acqua al giorno aiuta a idratare
l'organismo e a combattere la stipsi? No. Secondo gli studiosi questa convinzione nons arebbe
supportata da alcuna evidenza scientifica. Per tenere il fisico
ben idratato basta infatti bere normalmente e non farsi mancare
frutta e verdura.
Per pulirsi l'orecchio è necessario usare esclusivamente
gli appositi "bastoncini"? No. Così facendo si rischia di spingere il cerume
all'interno dell'orecchio e di compattarlo ancora di più.
Rischio che aumenta se si utilizza questa procedura con i
bambini. In questo caso il pericolo è di danneggiare anche la
loro membrana timpanica. Come fare allora a tener epulito il
canale auricolare? Basta utilizzare appositi prodotti o l'otorinoringoiatra.
E i "bastoncini"? Possono essere usati per pulirsi l'ombelico.
Fare la sauna aiuta a dimagrire?
No. E il perché è presto detto. Il calo momentaneo di peso è
dovuto soprattutto alla perdita di liquidi attraverso il sudore.
Liquidi che però subito vengono reintegrati. Sottoporsi a una
seduta di sauna ha però sicuramente diversi benefici: rilassa,
aiuta l'organismo a eliminare le tossine e favorisce
l'espulsione dell'acido lattico, sostanza che il fisico produce dopo
uno sforzo.
Il sesso del nascituto si capisce dalla forma del
pancione?
No. Una credenza popolare vuole che se è alto è femmina, se è
basso e sporgente è un maschio. Niente di più falso. Le
probabilità di azzeccare il sesso del nascituro solo osservando
la pancia della gestante non supera il 50 per cento delle
probabilità.
Mangiare di notte fa ingrassare? No. A dirlo, una ricerca condotta dall'Oregon Health &
Science University secondo cui nutrirsi durante le ore notturne
non provoca alcun aumento di peso. In poche parole, una caloria
è una caloria a qualsiasi ora della giornata.
Bere quando si è sudati fa male?
No. Alzi la mano chi, da piccolo, non è stato messo, almeno una
volta, in guardia dalla mamma o dalla nonna sul pericolo di bere
quando si è
sudati. Niente di più sbagliato.
L'insopprimibile sete che si avverte dopo aver fatto attività
fisica è infatti l'unico richiamo cui dispone l'organismo per
avvertirci che siamo più o meno disidratati, non dar retta a
questo richiamo può essere molto rischioso per la salute.
Marcella Gaudina
Da Paginemediche.it
Diete: non esistono le 'miracolose'
ma mangiare meno
"Le diete miracolose non esistono.
L'unico modo per dimagrire è mangiare di meno".
Lo affermano gli esperti della British
Dietetic Association (BDA). Dopo gli stravizi di Natale
e Capodanno, molte persone si ritrovano con qualche
chilo in più e si lasciano attrarre da regimi dietetici
che promettono di bruciare i grassi e far perdere peso
rapidamente.
La British Dietetic Association mette
in guardia i consumatori: attenzione alle diete di moda
ma senza alcun fondamento scientifico e spesso poco
salutari, che promettono risultati miracolosi.
L'unico modo per perdere peso è
ridurre le calorie e svolgere attività fisica.
"Purtroppo non c'è altro modo per
dimagrire e mantenere il peso raggiunto: mangiare in
modo sano, muoversi e in generale cambiare le proprie
abitudini", afferma Rachel Cooke, dietologa del St
Martins' Hospital di Bath e portavoce della BDA.
Proprio perchè in questo periodo
tornano alla ribalta una serie di diete più o meno "alla
moda", la BDA ha pensato di pubblicare una lista di
"diete da evitare nel nuovo anno", tra cui quelle del
gruppo sanguigno, del minestrone di cavolo, della
banana, dello sciroppo di acero o del guerriero.
Si tratta di regimi spesso basati su "pseudo
scienza", dice la BDA, che possono anche causare gravi
deficit nutrizionali, se seguiti a lungo.
"Tanto per cominciare, nessun cibo
brucia i grassi, solo l'attività fisica può riuscirci",
nota la BDA. Bando anche ai severi programmi
disintossicanti: la BDA assicura che il corpo umano è in
grado di disintossicarsi da solo.
"Il fegato lavora ogni giorno per
liberare l'organismo
dalle
tossine, non è necessario eliminare dei cibi o
vivere solo di frutta, verdura e acqua", afferma
l'associazione britannica.
"Dopo gli eccessi di Natale, basta
tornare a un regime sano, riducendo le calorie e
mangiando più frutta e verdura. Anche così si perde
peso", assicura la BDA.
In particolare, l'associazione dei
professionisti britannici della
nutrizione attacca due diete molto famose.
La prima è la Atkins, "che contraddice
completamente tutti i messaggi sul mangiar sano che
cerchiamo di dare ai nostri pazienti"; la seconda è la
dieta a zona, anche questa non in linea con le
raccomandazioni degli esperti.
La versione più rigida della Atkins
privilegia grassi e
proteine, portando a un eccessivo consumo di grassi
saturi, ed elimina pane, patate, pasta, riso e cereali,
ammettendo solo piccole porzioni di frutta e verdura,
mentre questi alimenti dovrebbero costituire la gran
parte dell'apporto calorico della giornata.
Il gruppo che promuove questa dieta ha
respinto tuttavia le critiche della BDA sostendo che la
nuova Atkins è del tutto sana e implica solo una
riduzione dei
carboidrati e degli
zuccheri semplici, incoraggiando il consumo di
proteine magre,
fibre, frutta e verdura.
Anche i promotori della dieta a zona
hanno risposto alle critiche della BDA facendo notare
che il loro programma alimentare segue le nuove
indicazioni per combattere
diabete e
obesità.
Ma la BDA è ferma nelle sue
conclusioni: non esiste un regime miracoloso. Mangiate
di meno e dimagrirete.
dalla Rivista " Altroconsumo "
I collutori whitening
non sbiancano i denti
Se
avete intenzione di acquistare o avete già acquistato dei collutori per
sbiancare i denti, seguendo le promesse strombazzate dalla pubblicità,
potreste avere la sorpresa di scoprire che non funzionano. È quanto affermato dalla rivista Altroconsumo che ha analizzato
tre collutori di marca per valutarne l'efficacia nello sbiancare i
denti.
I tre collutori oggetto dell'analisi sono Listerine Natural White
Protection, Colgate Plax Whitening e Mentadent White Now. Secondo gli
esperti di Altroconsumo, questi
prodotti non sbiancano i denti, ma li lasciano esattamente come prima
del oro uso, cioè bianchi, gialli o grigi. Tuttavia il loro
utilizzo preverrebbe il depositino sullo smalto di sostanze che li
possono fare ingiallire o cambiare colore.
In particolare, Listerine Natural White Protection recita nell'etichetta
che "mantiene il bianco naturale dei denti", mentre Mentadent White Snow
promette arbitrariamente "denti immediatamente più bianchi ogni volta
che vuoi" e, infine, Colgate Plax Whitening promette di agire "contro le
macchie dei denti".
Per offrire questi servigi sia Listerine, Mentadent che Colgate
contengono una sostanza che inibisce la
formazione della placca e del tartaro, detta zinc chloride.
Colgate, in più, contiene sostanza come polysorbate 20 tetrasodium
pyrophosphate, PVM/MA copolymer che proteggono i denti dalle macchie
avvolgendoli con un film.
In sostanza, conclude Altroconsumo, i
collutori presi in esame prevengono le macchie, ma non sbiancano i denti
già ingialliti e opachi che il tempo inesorabilmente rende tali.
Un processo, questo, che avviene anche con una corretta igiene orale.
(lm&sdp)
Da "La Stampa di Torino " del 31/12/2009
Il pranzo di Capodanno (di Lietta Tornabuoni)
Il pranzo di Capodanno, a casa di mio nonno, dal
1947 era sempre lo stesso: cappelletti in brodo, cotechino con lenticchie,
panettone e mandarini. A volte qualche scheggia di torrone, ma non spesso. Nel
pomeriggio i bambini andavano con la mamma a teatro a vedere «Natale in casa
Cupiello» dei De Filippo: non si stancavano mai di ascoltarlo né di impararne a
memoria le battute. Oppure i bambini andavano al cinema da soli, al primo
spettacolo. La cena era leggerissima. Andavano a letto con l’idea felice di aver
passato una giornata bellissima.
Non divertente: bella. Insieme con le proteste per il freddo, le piogge, i
viaggi, si sentono descrivere adesso banchetti stravaganti, pesanti, abbondanti:
due tipi di carne con contorno dopo la pasta imbottita al forno e la pausa del
pesce mescolato all’insalata russa condita alla maionese, pollo arrosto farcito
di carne macinata piccante, tre tipi di dolci; oppure couscous, quattro varietà
di pasta fresca, tacchino arrosto farcito, gelati e sorbetti. Anche il cibo
possibilmente dev’essere sorprendente, variato, insomma divertente: come se la
tradizione ingenerata dalla ripetizione non esistesse affatto, come se il
divertimento fosse l’unica sensazione capace di rendere accettabile una festa.
Ma Capodanno può essere pure sereno, dolce, chiassoso, tranquillo, ansioso,
commovente, bello, senza essere particolarmente divertente.
Il divertimento (distacco da pensieri gravi o malinconici, il divergere dagli
affanni consueti) è diventato un’esigenza ossessiva che dovrebbe caratterizzare
libri, film, programmi televisivi, musica, incontri, momenti di pausa. Come se
non esistesse altro. È un atteggiamento che si capisce benissimo, data la vita
che quasi tutti facciamo: però maniacale. Restringe il mondo di sentimenti ed
emozioni, impedisce di sentirsi soddisfatti perché il divertimento non basta mai
e la troppa voglia di divertimento impedisce di divertirsi.